La povertà, il riscatto sociale, la gloria e la caduta del mito vivente che, da oggi, diventa leggenda immortale. Potremmo riassumere così, con questo semplice pensiero, l’impatto sociale, culturale e sportivo, del più grande calciatore di tutti i tempi Diego Armando Maradona. Verosimilmente, anche più di O’Rey Pelè. Emblema del dualismo “genio e sregolatezza”, campione inarrivabile sul rettangolo verde e protagonista di una vita privata all’insegna degli eccessi e delle dipendenze, tra cocaina, farmaci, alcool e presunti legami con la camorra.
Tutto questo è stato Diego Armando Maradona: un talento naturale che ha segnato la storia del calcio e dato spettacolo sui campi di tutto il mondo, noto anche come El Pibe De Oro, El Dies, o semplicemente come Dieguito. Diego Armando Maradona è deceduto il 25 novembre, all’età di 60 anni, stroncato da un infarto. Nello stesso giorno, di annate differenti, in cui sono venuti a mancare George Best e Fidel Castro.
Il fuoriclasse argentino aveva già abbandonato il calcio a metà degli anni Novanta, ma l’altro ieri ci ha lasciato definitivamente anche il suo involucro.
Da due giorni, tutto il mondo dello sport, e non solo, ad ogni latitudine, piange e rende omaggio alla memoria di Diego Armando Maradona. Da ogni angolo del globo arriva il suggestivo, affettuoso e commosso cordoglio per la sua scomparsa. In Argentina, il governo ha indetto addirittura tre giorni di lutto nazionale.
D’altronde, nessun altro calciatore ha mai avuto il carisma agonistico di Maradona, né tantomeno il suo fervore attivista nei confronti del sistema e la sua generosità nello schierarsi dalla parte del popolo, dei più deboli, di tutti quelli emarginati dalle istituzioni. Maradona non è stato soltanto un calciatore, ma un’icona culturale planetaria paragonabile solo a Mohammed Alì, due rivoluzionari del Novecento per i quali è impossibile scindere l’uomo dallo sportivo, nel bene e nel male.
Al massimo del suo splendore, Diego Armando Maradona, dopo aver trascinato l’Argentina alla vittoria al mondiale dell’86 in Messico (edizione passata alla storia per i due gol fatti all’Inghilterra, il primo con il famoso tocco di mano, soprannominato la “Mano De Dios”, ed il secondo con un capolavoro di fantasia e creatività, eletto “il gol più bello del secolo”), alla quale aggiunse anche una colorazione politica, riuscì nella seconda impresa consecutiva, cioè regalare ben due scudetti ai napoletani, interrompendo così l’egemonia delle squadre più titolate del Nord. La vendetta del Sud contro il Nord, Maradona contro la Juve di Platini, l’Inter di Trapattoni ed il Milan di Berlusconi.
Nonostante questo, Diego non ha mai dichiarato di voler essere un buon esempio per gli altri; del resto, il buon esempio dovrebbe partire, innanzitutto, dal nucleo familiare, dalle scuole e dalle istituzioni politiche. Maradona era un essere umano come tutti noi, costretto a convivere con quelle due facce che accomunano le persone cosiddette normali. Un uomo logorato dai suoi tanti errori e da tutte le sue debolezze, che non ha mai nascosto e che, con il tempo, ha pagato con gli interessi, con la sua stessa vita.
In conclusione, Maradona è stato un artista al servizio del popolo, il sacro e profano nella stessa persona, un poeta del calcio, un tanghero col pallone, un Don Chisciotte dei nostri tempi, un genio pop della nostra epoca, idolatrato al limite della blasfemia ed elevato a fonte di ispirazione per forme d’arte come la letteratura, la pittura, la musica, l’editoria, la televisione e la cinematografia.
El Dies ha scritto pagine indimenticabili e disegnato parabole e traiettorie funamboliche uniche che rimarranno immortali nell’immaginario collettivo e che saranno legate per sempre alla passione viscerale di tutti i tifosi, indistintamente dal mero campanilismo, e alla visione romantica del gioco del calcio, o quantomeno al ricordo sentimentale e nostalgico di quelli che come il sottoscritto hanno vissuto appieno il periodo Maradona.