La cultura e la storia del nostro Paese, il più bello del pianeta Terra, è stato attraversato e segnato da donne che realmente e magnificamente hanno fatto la Storia. Una di queste è Margherita Guarducci 1902-1999): una delle prime archeologhe della Missione Archeologica Italiana a Creta (dal 1910 si chiama Scuola Archeologica Italiana di Atene). L’epigrafista Margherita Guarducci è soprattutto una protagonista di momenti cruciali per l’intera comunità accademica internazionale del Novecento.
Si laurea nel 1924 presso l’Università degli studi di Bologna. Negli anni 1925-28 frequenta i corsi di perfezionamento della Scuola nazionale di archeologia, a Roma ma anche in Germania e ad Atene. Dal 1935 al 1950 pubblica l’opera del proprio maestro, l’archeologo Federico Halbherr, le Inscriptiones Creticæ, comprendente le iscrizioni in lingua greca e latina dell’isola di Creta, tra le quali c’è la grande Legge di Gortyna, il codice giuridico più grande che l’Antichità ci ha trasmesso.
Nel 1931 ottiene la cattedra di Epigrafia e Antichità Greche presso l’Università di Roma «La Sapienza», cattedra che mantiene fino al 1973.
La professoressa Margherita Guarducci è stata socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, della British Academy, della Pontificia Accademia Romana di archeologia, dell’Istituto archeologico germanico, di quello di Studi etruschi e dell’Accademia di lettere e belle arti di Napoli.
Nel 1952 riceve l’incarico da papa Pio XII di lavorare e di presiedere i lavori dell’area archeologia della necropoli vaticana sotto la basilica di S. Pietro. Un arduo lavoro nel quale ha portato alla luce e alla decifrazione dei graffiti cristiani nei quali rilevava, fra l’altro, l’esistenza di una «crittografia mistica» paleocristiana basata sul simbolismo alfabetico. I risultati di questi lavori sono contenuti in tre volumi dal titolo «I graffiti sotto la confessione di san Pietro in Vaticano» (1958).
Il nome della professoressa Guarducci è legato al ritrovamento e all’identificazione e all’attribuzione delle reliquie di san Pietro sotto la Basilica e della sua tomba. Nel 1965 pubblica le sue ricerche nel libro «Le reliquie di san Pietro sotto la confessione della basilica vaticana».
Inoltre, il nome della «coraggiosa studiosa di antichità classiche» (M. Bettini) è legato al «caso» della Fibula Praenestina, uno dei monumenti più preziosi delle antichità romane, la più antica testimonianza della lingua latina. In una «Memoria Lincea» degli anni Ottanta, l’epigrafista Guarducci dimostra che questo venerabile cimelio – una sorta di spilla da balia comunemente usato nell’antichità per fermare le vesti – conservato ed esposto al Museo preistorico ed etnografico «Luigi Pigorini», si trattava di un falso. Nella sua puntigliosa ricerca, la studiosa aveva proceduto ad una vera e propria indagine «poliziesca» (l’aggettivo è della professoressa Guarducci) sostenendo che oggetto antiquario sarebbe stato realizzato a Roma alla dell’Ottocento. Ma dopo quarant’anni dalla memoria archeologico-investigativa della professoressa Guarducci, un’altra eminente studiosa, la professoressa Annalisa Franchi De Bellis, glottologa dell’Università degli Studi di Urbino, rimette tutto in discussione.
La lunga attività didattica della professoressa Guarducci si palesa nei quattro pregevoli volumi di «Epigrafia greca» pubblicati a Roma dal 1967 al 1977.
La professoressa Margherita Guarducci nella parabola degli studi dell’Antichità classica è un esempio di grande fermezza e spessore ma soprattutto di grande generosità. Un esempio: nell’immediato dopoguerra accompagnava a tenere le lezioni di Storia greca all’Università «La Sapienza» l’illustre professore Gaetano De Sanctis, oramai cieco.
La storia e gli storici, la letteratura e i letterati non sono solo «una galleria di busti celebri» (P. M. Sipala) ma sono curiosi operatori di sapienza che cercano di recuperare e ridare ideali e valori.