Giulio Manfredonia, nipote di Luigi Comencini, lega il suo nome alle fortune di Antonio Albanese, prima come aiuto regista, poi come autore di È già ieri (2004) – remake efficace di Ricomincio da capo – infine gestendo il personaggio di Cetto La Qualunque in Qualunquemente (2011), Tutto tutto niente niente (2012), infine con il divertente e surreale Cetto c’è senzadubbiamente.
Tutto comincia da Qualunquemente. Un film nato da un personaggio televisivo di successo sostenuto da una campagna promozionale smaliziata, che convince il pubblico della possibile costituzione di un PDP (Partito do Pelo), visti i gazebo per raccolta firme, i siti Internet dedicati, i manifesti affissi nelle città più grandi. Grande lavoro di marketing che porta al cinema un mare di gente per vedere un film tutto sommato divertente ma abbastanza inutile. Albanese veste i panni di Cetto che, dopo aver fatto ritorno al paese con tanto di amante sudamericana al seguito, sale (come dice lui) in politica e si fa aiutare da un esperto di marketing pugliese come Rubini, che si fa chiamare Gerry e si finge milanese. La salita in politica, a ispirazione di simili discese in campo, è al solo scopo di difendere i propri interessi contro l’avanzata della gente onesta che rilascia ricevute fiscali, non compie abusi edilizi e paga persino le tasse. Cetto è la quintessenza dell’arroganza, la personificazione dell’ignoranza più gretta, la satira vivente dell’uomo comune, che in politica offre più pelo per tutti e mance elettorali a base di colpi da mille euro, condite di promesse impossibili. Il suo avversario (De Santis), persona per bene ma incapace di competere sul piano del carisma e della simpatia, è destinato alla sconfitta. Film amorale che non ricerca una morale, basti pensare alla parte in cui il padre manda in galera il figlio incensurato al posto suo, per farla franca. Qualunquemente vuol soltanto far ridere, a tratti ci riesce, perché le battute sono ficcanti e ispirate alla realtà, la mimica degli attori è giusta, il tono grottesco pure. Bene l’accoppiata Rubini – Albanese, guidati a dovere dal regista nei rispettivi ruoli comici – misurato il primo, eccessivo il secondo -, anche se il personal trainer quando proprio non ne può più abbandona il laurà laurà laurà milanese e sbotta con il pugliese trimone (ergo, stupido!). Ottima la colonna sonora della Banda Osiris, specie la sigla che scorre sui titoli di coda: Onda Calabra. Fotografia giallo ocra assurda, da fiction televisiva. Sceneggiatura che segue i canoni del personaggi di Cetto, a base di gag surreali e atteggiamenti provocatori. Il film produce alcuni sequel meno riusciti del primo, visto che siamo in presenza di un personaggio seriale. Opera che resterà nella storia come premio al marketing cinematografico.
Tutto tutto niente niente
Antonio Albanese insiste con la saga di Cetto, si fa dirigere da Giulio Manfredonia, come in Qualunquemente (20011), ma annega in un mare di banalità portando all’eccesso il già trito copione del primo film. Questa volta non si limita al mondo di Cetto La Qualunque, personaggio perfetto per una gag televisiva ma non adatto a sostenere un film, ma inserisce un vecchio personaggio come Frengo Stoppato (Ti sei fumato l’impossibile?) e una nuova macchietta da razzista secessionista (Rodolfo Favaretto). Raccontare la trama è una perdita di tempo, perché la pellicola è così insulsa a livello di soggetto e sceneggiatura da far rimpiangere i peggiori film interpretati da Franchi e Ingrassia, persino gli ultimi girati da Osvaldo Civirani. Incredibile come abbia toccato il fondo il cinema di genere italiano, se deve raschiare il barile delle macchiette televisive per portare al cinema un pubblico non più abituato a frequentare le sale. Antonio Albanese ha fatto cose interessanti come Un’anima divisa in due (1993) di Silvio Soldini, Uomo d’acqua dolce (1996, prima prova da regista), Giorni e nuvole (1997), ancora di Soldini, La fame e la sete (1997, ancora regista di se stesso) La seconda notte di nozze (2005) di Pupi Avati, per finire con il delicato e struggente Questione di cuore (2009) di Francesca Archibugi. Non possiamo accontentarci delle macchiette in salsa televisiva trasferite su grande schermo, che – tra l’altro – non fanno ridere, annoiano, sono prevedibili e lasciano l’amaro in bocca. Tutto tutto niente niente è un film privo di regia, dove una stanca macchina da presa segue le evoluzioni di tre personaggi eccessivi che ne combinano di tutti i colori dopo essere stati eletti in parlamento e aver ottenuto la libertà condizionata per meriti politici. Tra i tanti interpreti inutili segnaliamo un irritante Vito che non parla mai e si limita a fare il mimo e un inutile Paolo Villaggio, uomo di governo silenzioso e abbondante che forse con il suo mutismo esprime il disaccordo per essere stato chiamato a interpretare una pellicola così modesta. Antonio Albanese può fare di meglio. Giulio Manfredonia non lo sappiamo. Non sono queste le pellicole per apprezzare il talento di un regista.
Cetto c’è senzadubbiamente (2019)
Sgombriamo il campo da possibili equivoci: il film è tutt’altro che memorabile, si tratta di una farsa eccessiva e bislacca dove Albanese mette in primo piano il suo personaggio più volgare per fare comicità dissacrante sulla politica contemporanea. Nonostante tutto diverte, si ride dall’inizio alla fine, senza sosta, quando termina verrebbe voglia di rivederlo per apprezzare ancora le battute strampalate e rozze (ma efficaci!), le canzoncine demenziali, lo slang stravaccato del comico. La storia è un pretesto per mettere in piedi la farsa con tutti i suoi eccessi. Cetto si è trasferito in Germania dove si è sposato con una bionda esplosiva e continua i loschi traffici dei precedenti film, torna in Italia al capezzale di una zia morente per apprendere di essere l’erede Borbone al trono delle Due Sicilie. I monarchici italiani lo prendono sotto tutela e fanno di tutto perché venga eletto re (lui pretende delle Due Calabrie!, ché di Sicilia una basta e avanza …), ma il finale promette sorprese. Il film è un contenitore comico notevole: dal figlio Melo (stile Cinque Stelle) sempre connesso, sindaco di una cittadina modernizzata con wi-fi e piste ciclabili, alle selezioni per concubine di corte, fino al culmine del qualunquismo politico: Sono la cazzata giusta al momento giusto! L’ultimo capitolo della Trilogia du Pilu è il migliore tra gli episodi usciti, perché non ha tempi morti, è sceneggiato benissimo, non annoia lo spettatore, inanella trovate su trovate fino alla parola Fine. Pure oltre, perché le sequenza girate a Portoferraio sul Forte Stella (puro cinema) sono esilaranti e mostrano un Albanese – Napoleone esiliato all’Isola d’Elba. Guè Pequeno, nei panni di sé stesso, canta la sigla finale insieme ad Albanese, sotto forma di rap comico coinvolgente. Tutti ne parlano male, Il Fatto Quotidiano afferma che non si ride (maldisposti?), altri tirano in ballo il qualunquismo (essenza del personaggio!), ma a nostro parere Cetto c’è senzadubbiamente è un film onesto, che non prende in giro gli spettatori. Offre un’ora e mezza divertente, una farsa liberatoria, non aspira a calcare i fasti della commedia all’italiana e della commedia sofisticata. Mantiene quel che promette. Per il cinema comico italiano contemporaneo è già molto. Da vedere (ben disposti).
Le schede tecniche della Trilogia du Pilu
Qualunquemente (2011) – Regia: Giulio Manfredonia. Fotografia: Roberto Forza. Montaggio: Cecilia Zanuso. Musiche. Banda Osiris. Scenografia: Marco Belluzzi. Costumi: Roberto Chiocchi. Durata: 96’. Genere: Farsa satirica. Soggetto e Sceneggiatura: Antonio Albanese, Piero Guerrera. Produttore. Domneico Procacci. Casa di Produzione; Fandango, Rai Cinema, Technicolor SA. Distribuzione: 01 Distribution. Interpreti: Antonio Albanese (Cetto La Qualunque), Lorenza Indovina (Carmen La Qualunque), Davide Giordano (Melo La Qualunque), Salvatore Cantalupo (Giovanni Se Santis), Sergio Rubini (Gerardo Gerry Salerno), Pino Rignanese (Pino O’ Straniero), Antonio Gerardi (tenente Cavallaro), Veronica Da Silva (Cosa, la compagna sudamericana), Asia Ndiaye (figlia di Cosa), Alfonso Postiglione (ragioniere), Massimo Cagnina (Geometra), Luigi Maria Burruano (Imprenditore), Manfredi Saavedra (Biondo), massimo De Lorenzo (calogero), Maurizoio Comito (Comito), Antonio Fulfaro (Prete), Mario Cordova (falso invalido), Gianluca Cammisa (volontario).
Tutto tutto niente niente (2012) – Regia: Giulio Manfredonia. Soggetto e Sceneggiatura: Antonio Albanese, Piero Guerrera. Fotografia: Roberto Forza. Montaggio: Cecilia Zanuso, Roberto Martucci. Musiche: Paolo Buonvino. Scenografia. Marco Belluzzi. Produttore: Domenico Procacci per Fandango, con la collaborazione di Rai Cinema. Distribuzione: 01 Distribution. Durata: 87’. Genere: Farsa Satirica. Interpreti: Antonio Albanese (Cetto la Qualunque/ Rodolfo Favaretto/ Frengo Stoppato), Fabrizio Bentivoglio (sottosegretario), Luigi Maria Burruano (Carmine), Massimo Cagnina (geometra), Lunetta Savino (madre di Frengo), Maximilian Dirr (vescovo), Lorenza Indovina (Carmen La Qualunque), Alfonso Postiglione (ragioniere), Federico Torre (avvocato di Cetto), Paolo Villaggio (Presidente del Consiglio), Nicola Rignanese (Pino O’ Straniero), Clizia Fornasier (escort), Vito (muto), Davide Giordano (Melo La Qualunque), Fabrizio Romano (giornalista), Manuela Ungaro (Gianna Favaretto), Pierantonio Novarta (Fredo), Viviana Strambelli (Maria Assunta Maddalena), Alessandra Samo (zia di Frengo), Angelique Cavallari (Chantalle), Maria Rosaria russo (assistente sottosegretario), Teco Celio (vescovo), Roberto messini (teologo), Francesca Nerozzi (suor Daniela), Vittoria Schisano (donna trans).
Cetto c’è senzadubbiamente (2019)-Regia: Giulio Manfredonia. Sceneggiatura: Antonio Albanese, Piero Guerrera. Fotografia: Roberto Forza. Montaggio: Alessio Doglione. Musiche: Emanuele Bossi. Produttori: Lorenzo Gangarossa, Mario Gianani, Lorenzo Mieli, Domenico Procacci. Case di Produzione: Wildside, Fandango, Vision Distribution, Sky Italia, TIMvision. Distribuzione Italia. Vision Distribution. Durata: 93’. Genere: Farsa satirica. Interpreti: Antonio Albanese (Cetto La Qualunque), Nicola Rignanese (Pino O’ Straniero), Caterina Shulha (Petra), Aurora Quattrocchi (zia Annunziata), Gianfelice Imparato (conte Venanzio), Davide Giordano (Melo La Qualunque), Lorenza Indovina (Carmen La Qualunque), Massimo Cagnina (geometra), Mario Cordova (falso invaldio), Luigi Petrucci (alto prelato), Mario Patané (conoscente di Cetto), Marit Nissen (madre di Petra), Guè Pequeno (sé stesso), Matilde Piana (donna Lina), Alfredo Pea (religioso), Diego Verdegiglio (segretario). Eva Moore (Svetlana), Mauro Marino (Marchese di Cascais), Rossella Gardini (nobile anziana).