Andy Garcia e il cinema cubano in esilio

Articolo di Gordiano Lupi

Un cubano della diaspora come Andy Garcia è protagonista di due pellicole interessanti che raccontano il vero volto di Cuba a chi vuol conoscerla. Sono lavori che il regime castrista osteggia al punto che non sono facilmente reperibili, soprattutto in Italia dove ha vita facile una pubblicistica servile nei confronti di Castro.

The Arturo Sandoval Story (2001) di Joseph Sargent racconta la vita del trombettista cubano Arturo Sandoval, partendo dalla sua richiesta di asilo politico negli USA. Sandoval ripercorre a ritroso la vita cubana, l’amore per Marianela, il matrimonio, la famiglia, la grande passione per la musica. Sandoval è un innovatore della musica cubana, contamina la tradizione con il jazz e proprio per questo passa dei guai con il regime di Castro. Il partito non vuole che Sandoval suoni musica yankee, non apprezza contaminazioni filoamericane durante i concerti. L’unico difetto di un film notevole, a tratti quasi struggente e malinconico è un punto di vista molto schierato, ma la vicenda è narrata con dovizia di particolari. L’ambientazione avanera è finta, molte sono le ricostruzioni in studio e le sequenze esterne sono girate a Miami. Le parti dove si vede L’Avana sono filmati in bianco e nero inseriti ad arte, ma l’effetto non disturba. Fidel Castro non avrebbe mai dato il permesso di girare a Cuba un film come questo che incoraggia l’espatrio clandestino da parte dei cubani. La ricostruzione è curata, meglio non si poteva fare non avendo a disposizione la materia prima. Vediamo spesso piante come ceibas e banani, uomini vestiti di eleganti guayaberas, case variopinte e arredate alla moda cubana, strade dove si balla la rumba e il guaguancó.

Sandoval chiede asilo politico negli Stati Uniti dopo una turnè autorizzata e organizza pure la fuga della famiglia. Dizzy Gillespie, il suo idolo jazzistico conosciuto anni prima all’Avana, lo aiuta nell’impresa. Sandoval non era libero di suonare la musica che voleva, il governo vietava il jazz e gli impediva di esibirsi nei locali autorizzati. Per questo Arturo decide di fuggire. Marianela, la compagna di Sandoval, è una convincente Mía Maestro, Emilia è la cantante cubana Gloria Estefan, Dizzy Gillespie è Charles S. Dutton, Arturo Sandoval è Andy Garcia. In parti minori ci sono Tomas Milian e David Paymer. Tomas Milian (doppiato da Franco Zucca) è molto bravo a calarsi nei panni del burbero Sosa, il vecchio padre di Marianela. Nella prima sequenza lo vediamo diffidente verso il futuro genero che fa il musicista e lo accoglie dicendo che Felix Chapottín era un grande trombettista. Il padre di Marianela si affeziona al marito della figlia e condivide in silenzio la sua ribellione al regime comunista. Ottima la scena in cui padre e figlia si dicono addio e Tomas Milian recita una struggente ninna nanna cubana (“Duerme negrita que te voy a comprar nueva cunita…”). Tomas Milian è calvo, i pochi capelli sono bianchi, è pure ingrassato, però si cala bene nella parte del vecchio cubano e ci lascia una caratterizzazione notevole di un personaggio. Il film presenta una fedele ambientazione storica fatta di fughe di disperati dal porto di Mariel, disordini di piazza a Cuba repressi da Castro, ragazzi che di notte modificano cartelloni rivoluzionari e cubani che lanciano uova verso le case dei familiari di chi ha tradito la rivoluzione. A un certo punto si cita il processo al generale Ochoa, reduce dalla guerra di Angola e accusato di spaccio di droga, che si conclude con la condanna a morte dell’ex eroe nazionale. “Era diventato troppo popolare e in questo paese ci può essere solo Fidel”, conclude Arturo. Le musiche cubane del film sono dello stesso Sandoval e sono davvero notevoli, accompagnano le scene più toccanti in un crescendo di sonorità latine indimenticabili. In Italia il film è stato programmato nel 2004 sui circuiti televisivi di Sky Cinema, ma su grande schermo è passato inosservato.

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