La visione di In viaggio con Jacqueline (La vache, titolo francese) di Mohamed Hamidi mi ha fatto venire voglia di rivedere La vacca e il prigioniero (1959) di Henri Verneuil, interpretato dal grande Fernandel, che avevo apprezzato per la prima volta sul finire degli anni Settanta, quando i film sul secondo conflitto mondiale passavano spesso sul piccolo schermo. Indubbio che il regista franco – algerino abbia tratto ispirazione da questo piccolo capolavoro di comicità, soprattutto per la parte in cui costruisce il rapporto tra l’uomo e l’animale. Henri Verneuil (1920 – 2002), un armeno turco in fuga a Marsiglia, diventa famoso in Francia come regista capace di spaziare tra i vari generi, passando senza soluzione di continuità dal western al gangster movie, senza dimenticare commedia, road-movie e bellico. Noto per aver diretto tre volte Fernandel (debutta grazie al noto attore con Le tableaux crevés) e quattro Jean Gabin, quasi tutti successi commerciali. I suoi film migliori sono gli intimisti e crepuscolari Mayrig (1991) e Quella strada chiamata paradiso (1992), veri ritratti poetici sul senso della vita e sull’importanza di conservare le proprie origini, inni alla famiglia e alla terra natale. La vacca e il prigioniero è una commedia bellica, un road movie comico, non la definirei farsa come spesso ha fatto la critica italiana, perché Fernandel recita senza eccessi e in tono misurato conferendo un carattere ben definito e realistico al suo personaggio. La storia narra le vicende grottesche di un prigioniero francese assegnato ai lavori agricoli in una fattoria tedesca che un bel giorno decide di scappare insieme alla vacca Margherita. Girato in un poetico bianco e nero, ben fotografato da Hubert, montato a ritmi compassati da Cuenet, il film coglie nel segno, realizzando uno spaccato credibile sul grande conflitto mondiale, alternando commedia e dramma. Molte immagini di repertorio documentano i bombardamenti sulle città, mentre sono ben ricostruite le fughe degli sfollati e la disperazione degli abitanti. Colonna sonora suadente di Paul Durand che accompagna i momenti più struggenti del viaggio del protagonista, interpretato dal grande Fernadel, capace di alternare registro comico e drammatico. Verneuil racconta la nostalgia per la terra natale – bisogna essere lontani per rimpiangerla – ma anche la fame, la voglia di libertà e di resistere ad angherie e soprusi, persino la solidarietà che i contadini tedeschi mostrano per i prigionieri francesi in fuga. La guerra è un dramma per tutti e si finisce per compiangere seduti al tavolino i dolori di una madre germanica che freme per il destino del figlio chiamato a combattere a Marsiglia. Molti momenti comici (Fernandel fa cadere i ciclisti con lo scherzo della gomma bucata), parti quasi romantiche e avventurose, ma su tutto ricordiamo il rapporto tra l’uomo e la vacca Margherita, animale di compagnia, sostentamento alimentare e persino confidente durante il viaggio. Doloroso e commovente il doppio addio tra uomo e animale, che continua a seguire il treno in corsa e a muggire. Finale da farsa con il prigioniero in fuga che, una volta raggiunta la Francia, per nascondersi da chi lo sta cercando sbaglia treno e torna in Germania, rendendo vani giorni di marcia e pericoli. Sarà liberato, come tutti, due anni dopo. Voce narrante di Fernandel, che parla per bocca di Carlo Romano, uno dei nostri migliori doppiatori di sempre. Un film che è invecchiato molto bene. Consigliato il recupero.
Regia: Henri Verneuil. Soggetto: Jacques Antoine. Sceneggiatura: Henri Jeanson, Jean manse, Henri Verneuil. Fotografia: Roger Hubert. Montaggio: James Cuenet. Musiche: Paul Durand. Produttori: Adry De Carbuccia, Roland Girard. Case di Produzione: Da. Ma. Cinematografica, LesFilms su Cyclope. Distribuzione: Dear Film. Interpreti: Fernandel (doppiato da Carlo Romano), Pierre-Louis, Ellen Schwiers, IngeborgSchoner, Heinrich Gretler, Richard Winckler, Bernard Musson, Maurice Nasil, René Havard, Albert Rémy, FranziskaKinz, Benno Hoffmann, TilKiwe.