Durante il corso di quest’anno la Letteratura italiana celebra il 700° anniversario della morte di un uomo, di un «poeta-giudice tra la terra e il cielo» (G. Tellini), l’autore della Commedia, il testo base della nostra lingua italiana.
La letteratura, così chiamata da lettera, che è il segno scritto della parola, può dirsi la «parola di un popolo, tramandata per mezzo della scrittura» (R. Fornaciari). Nella letteratura italiana il popolo italiano trova il suo «più ampio e ricco deposito della coscienza collettiva». «Attraverso la storia e le opera della nostra letteratura vediamo in atto il senso del nostro essere “divenuti”» (G. Ferroni) uomini che cercano nella conoscenza e nelle parole la salvezza, la bellezza e la felicità.
Questo primo articolo è l’inizio di un viaggio alla scoperta di come e cosa un autore come Dante Alighieri segna la vita e la missione educativa di chi per passione e vocazione lo insegna da anni ma soprattutto lo indica come un metodo di conoscenza edificante e salvifico.
Un modo per fronteggiare la «crisi» – ce lo insegna Curtius – è quello di attraversare l’intera letteratura occidentale dai Greci al Novecento. È nella Letteratura intesa come «parola ed esperienza di un popolo» una delle chiavi di volta per affrontare la e le crisi diventando adulti: fatti foste per seguir virtute e canoscenza.
Questo viaggio alla scoperta di come un’opera letteraria, la Commedia di Dante, segna, incide, e meravigli una vita inizia presentando ed intervistando un professore di Letteratura italiana che nell’esercizio della sua attività ri-chiama negli studenti l’essenza della vita, del respiro umano, delle libertà che tessono e rivestono un testo letterario.
La nostra prima guida in questo viaggio è il professore Gino Ruozzi, ordinario di Letteratura italiana nella Scuola di Lettere e Beni culturali dell’Università di Bologna, di cui è anche il Presidente.
Per chi scrive il professore Ruozzi è un docente-amico con cui, da qualche anno, assieme ad altri «amici di letteratura» scrutiamo l’essenza della vita che si fa scrittura nell’enfant prodige della nostra letteratura italiana degli anni Ottanta: Pier Vittorio Tondelli.
La nostra guida, appunto il professore Ruozzi, con la straordinaria generosità di ogni maestro, ci racconterà il suo personale incontro con l’«Autore-principe-giudice» della nostra Letteratura italiana ma soprattutto cosa e come le parole, le immagini, le musiche dell’opera letteraria dantesca hanno dato e danno sapore al naturale desiderio di conoscere e insegnare.
D.: Può raccontarci, professore, a quando risale il suo primo incontro con Dante? Come e cosa ricorda?
Lo ricordo in una Commedia illustrata dalle straordinarie immagini di Gustave Dorè. Ero alle elementari, l’avevo vista a casa di amici dei miei genitori e mi era rimasta in mente la forza potente di quelle rappresentazioni, accompagnata anche da un senso di timore e di soggezione, di misteriosa attrazione.
Poi è stato invece nel periodo delle scuole superiori che ne ho preso graduale consapevolezza, soprattutto nei personaggi e nei paesaggi infernali e anche in affermazioni lapidarie che mi sono in seguito sempre rimaste in mente. Una di queste, per esempio, è nel Paradiso (XIX, 79-81) ed è detta dall’Aquila divina, che si rivolge con autorità risolutoria a Dante – Ulisse, emblema della sete di conoscenza che caratterizza tutti gli umani: “Or tu chi se’, che vuo’ sedere a scranna, / per giudicar di lungi mille miglia / con la veduta corta d’una spanna?” Una lezione di umiltà e di realismo, che non toglie però nulla al nostro connaturato desiderio di conoscere e di conoscerci.
D.: Quale rima, terzina o frase dantesca ha guidato e guida il suo quotidiano lavoro di docente e studioso
Direi proprio l’esortazione di Ulisse nel ventiseiesimo canto dell’Inferno (119-120): “fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza”. Questo è il senso, l’obiettivo, la passione della nostra vita e naturalmente più nello specifico di chi si dedica allo studio e all’insegnamento. Questa affermazione di Dante – Ulisse è un punto di riferimento costante, una di quelle memorabili e indimenticabili, che ha segnato e arricchito la strada della mia esistenza e del mio lavoro.
D.: La figura di Dante come uomo e letterato è davvero piena e completa: un politico, un poeta e scrittore, un esule con prole al seguito, un condannato a morte sempre alla ricerca della giustizia. Cosa quest’uomo oggi può davvero insegnare? Ovvero quale segno nella vita dei giovani e dei meno giovani può porre?
Senza dubbio la forza e anche l’orgoglio della coerenza. Dante come persona non credo sia stato un uomo facile, ha senza dubbio avuto molte asperità di carattere e di idee: in questa sua umanità così umana, fatta anche di debolezze e di difetti, possiamo riconoscerci e sentirci compresi. Nello stesso tempo proprio il lato umano rende eccezionale e ancora più sorprendente e meravigliosa la sua opera letteraria. Dante ci invita quindi a essere noi stessi e nel medesimo tempo a superarci, a cercare ciò che ci sembra quasi impossibile, a valorizzare pienamente ogni nostro talento. Quindi la coscienza e la forza delle proprie idee, disponibile anche a cambiarle se necessario (le sue celebri “palinodie”), e la fiducia nelle immense capacità espressive dell’umanità, che egli incarna a uno dei massimi livelli universali.