L’8 febbraio 1888 nasce ad Alessandria d’Egitto Giuseppe Ungaretti da genitori lucchesi (di san Concordio di Lucca) emigrati al tempo dei lavori per il Canale di Suez. Nel 1912 si trasferisce a Parigi dove frequenta i maggiori artisti dell’avanguardia europea (Picasso, Stravinsky, Marinetti, Kandinsky, Apollinaire, Gertude Stein; a Parigi conosce Palazzeschi e Soffici). Allo scoppio della Grande Guerra, nel 1915, si arruola come soldato semplice in fanteria e combatte sul Carso e sul fronte francese. Il primo conflitto mondiale ispira a Ungaretti una profonda riflessione sull’effimera condizione umana e sul valore della fratellanza fra gli uomini.
Alla fine della guerra ritorna a Parigi. Ma nel 1921 si trasferisce a Roma. Nel 1936 viene chiamato a insegnare Lingua e Letteratura italiana all’Università di San Paolo in Brasile. Oltreoceano rimane fino all’anno 1942, anno in cui ebbe la cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea alla Sapienza di Roma. Un insegnamento che porta avanti al 1958, quando per raggiunti limiti di età sospende la docenza. Alla fine degli anni Sessanta, gli «anni d’oro» della Rai quando grandi registi propongono accuratissimi sceneggiati tratti da classici come I promessi sposi, David Copperfield e I fratelli Karamazov, Giuseppe Ungaretti introduce la lettura di alcuni versi omerici prima d’ogni sceneggiato dell’Odissea, diretto da Franco Rossi. Muore a Milano il 1° giugno 1970.
Giuseppe Ungaretti – come sottolinea Folco Portinari – è un protagonista assoluto non soltanto della poesia, ma della cultura del mondo. Perché Giuseppe Ungaretti ha sempre levato la sua voce nell’àmbito delle grandi questioni culturali. Inoltre, in lunghissimi anni di insegnamento ha formato una generazione intera di intellettuali, di poeti, di critici letterari.
La vita di Ungaretti è stata una vita punteggiata e segnata da sogno e dolore (la morte del figlio Antonietto a soli nove anni), da fantasie, vagheggiamenti ed illusioni. Con l’esperienza poetica ungarettiana la figura del poeta ottocentesca «genio e sregolatezza» viene definitivamente messa in soffitta. Eugenio Montale scrive che Ungaretti ci ha dato una lezione che ha un valore inestimabile.
Il suo biografo ed amico Leone Piccioni (Per conoscere Ungaretti) gli ha dedicato forse le parole più belle: Ungaretti riscopre «la nudità e la verità della parola, della parola nuda, spoglia, intensa in sé, … era la parola sacra che scopriva, la parola «segreta» perché segreta era la sua sacralità, la parola viva, germe della vita, principio della vita: era una parola tornata libera proprio perché ricondotta al senso suo primordiale ed eterno».