En tres y dos è una pellicola scritta da Rolando Díaz con la collaborazione di Eliseo Alberto Diego per indagare la psicologia di un giocatore di baseball quando deve affrontare il ritiro dallo sport professionistico e i problemi all’interno della sua famiglia.
Il lavoro avrebbe potuto avere un maggior scavo psicologico, minori parti documentaristiche e un montaggio più serrato, ma resta un prodotto sufficiente che affronta senza troppa retorica un argomento popolare come il baseball. Le squadre degli Industriales dell’Avana e il Villa Clara hanno partecipato alla realizzazione del film, girato in gran parte nello Stadio Latinoamericano dell’Avana. Nel film recitano personaggi della vita reale come Pedrito de Los Van Van, il cantante Tito Gomez (Vereda tropical), ci sono interviste ad Alberto Juantorena, Teofilo Stevenson e Kid Chocolate, grandi campioni del passato che come tutti hanno dovuto lasciare. La pellicola è ricca di filmati d’epoca prelevati dal mondo del pugilato e da vecchie gare di atletica leggera. Ricordiamo anche sequenze girate nei cabaret avaneri con buoni inserti di musica dal vivo. Molti giocatori di baseball, commentatori sportivi e telecronisti recitano la parte di loro stessi in un lavoro che resta a metà strada tra la fiction e il documentario. Non è facile realizzare un film di argomento sportivo, il regista è bravo nel rendere credibili le partite, le trasferte della squadra e le sequenze di allenamento. Interessante anche il tifo da stadio che secondo la tradizione cubana comprende musica, trombe e danza per sottolineare le azioni migliori. Ottima la colonna sonora a base di sinfonie di Antonio Vivaldi, di canzoni di Tito Gomez e di Juan Formell de Los Van Van.
Il film è costruito con la tecnica del flashback. Mario Lopez García è alla sua ultima gara, siede in panchina, viene premiato da giornalisti e commentatori sportivi, applaudito dal pubblico, ricordato dai compagni. L’allenatore non vuole farlo giocare, preferisce che il pubblico lo ricordi come il campione che era stato, visto che ormai è stato deciso il suo abbandono. Mario non è d’accordo e – mentre lo premiano e risponde a interviste – ricorda episodi del recente passato che l’hanno portato al giorno dell’abbandono. Rivive l’amicizia con un vecchio pugile di successo adesso massaggiatore della squadra, i problemi con il figlio e con la moglie, le ultime partite, le liti con i compagni e i colloqui con allenatore e dirigenti per convincerlo a mollare. La moglie era andata a Praga per laurearsi, lui aveva persino dimenticato di recarsi al concerto del figlio violinista perché aveva trascorso la giornata con il vecchio amico ex pugile a ubriacarsi e a ricordare i tempi dei successi. La parte migliore della pellicola sono i brevi quadretti dove si esplicano i rapporti umani, l’amicizia maschile e il cameratismo tra sportivi. Non male anche il rapporto padre – figlio e la descrizione di un amore familiare che si materializza nella partecipazione di tutti all’ultima gara del padre. Il regista rende bene anche il rapporto allenatore – giocatore, mostra l’affetto mascolino tra i due uomini e la difficoltà reciproca nel comunicare e accettare una decisione inevitabile. Ottimo il finale. Mario entra in campo e il suo apporto potrebbe essere decisivo per la vittoria finale, ma il regista evita di cadere nella retorica. Il suo quasi fuori campo viene neutralizzati dagli avversari, Mario resta in lacrime al centro del diamante, l’allenatore lo consola e il pubblico applaude lo stesso rendendo omaggio al campione del passato. Uno sguardo d’intesa tra Mario e i familiari in tribuna trasforma le lacrime in una sorta di sorriso. Tutto sommato un buon lavoro che trasmette valori didatticamente utili con riferimento al mondo dello sport.
Regia: Rolando Díaz. Durata: 102’. Produzione: ICAIC (Cuba). Soggetto e Sceneggiatura: Eliseo Alberto Diego e Rolando Díaz. Fotografia: Guillermo Centeno. Montaggio: Jorge Arbello. Suono: Ricardo Istueta. Musica: José Maria Vitier. Interpreti: Samuel Claxton, Mario Balmaseda, Alejandro Lugo, Irela Bravo, Luis Alberto García (hijo), Elvira Cervera. Premi: Miglior montaggio, Festival UNEAC (1986); Premio del Ministero della Cultura, Festival del Film Olimpico di Tunisi (1987).