A poche ore di distanza dal Dantedì è davvero giunta l’ora di rimetterci in viaggio con il sommo poeta Dante Alighieri. Forse di più, è giunto il momento per dirla con i professori e critici Giulio Ferroni, Piero Boitani, Maria Corti, Carlo Bo, Giuseppe Petronio, Natalino Sapegno, Franca Angelini, Francesco De Sanctis et alii di compiere un viaggio di conoscenza, ricco di suggestioni ed emozioni. Un cammino attraverso il vivere che ci è offerto, sic et sempliciter, dall’opera letteraria italiana e universale. La Letteratura, dal latino littera, è la disciplina fondamentale che ci fa capire la storia e l’evoluzione non solo della nostra lingua ma della nostra civiltà e cultura. È la parabola del cammino dell’esistenza umana. Le opere letterarie parlano e ci raccontano la vita: l’Iliade, l’Odissea, l’Eneide, il Don Chisciotte, il Decameron, Guerra e pace, Il Gattopardo, la Comedia, le «rime sparse» di Petrarca, i sonetti di Shakespeare, il «canto dei canti» di Leopardi ecc. In tempi di incertezza e di solitudine, di confusione e di smarrimento ci sentiamo sempre più sperduti e spaventati. Cerchiamo di capire quel che sta accadendo in noi e attorno a noi. Come nani, allora, saliamo sulle spalle dei giganti. Ed ecco che, appena siamo in groppa, vengono a noi le parole del maestro Virgilio, di Seneca, di Agostino, di Dante, di Manzoni, di Leopardi, di Montale ecc.
Il professore e critico letterario Giuseppe Petronio nel suo famoso manuale Attività letteraria in Italia ricorda come la «Letteratura è un’esigenza naturale dell’uomo, a ogni sua età, in ogni condizione sociale, in ogni fase della sua storia. […] La Letteratura è anche il deposito delle immaginazioni dell’uomo […]». La Letteratura soddisfa – continua con acutezza lo storico della letteratura italiana – il bisogno essenziale delle emozioni, soddisfare ed educa il mondo sentimentale dell’uomo.
La Letteratura, insegna Francesco De Sanctis, è una potente lezione atta ad arricchire la nostra umanità. Il primo Ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia chiamato, nel 1856, ad insegnare Letteratura italiana al Politecnico di Zurigo premise al suo corso una lectio (Ai miei giovani ora nei Saggi critici) nella quale spiegava perché il Politecnico svizzero che doveva preparare ingegneri avesse saggiamente inserito un corso di studi letterari: «la Letteratura ha sede al di dentro di ogni persona. La letteratura è il culto della scienza, l’entusiasmo dell’arte, l’amore di ciò che è nobile, gentile, bello; e vi educa ad operare non solo per il vostro guadagno … ma per esercitare, per nobilitare la vostra intelligenza, per il troppo di tutte le idee generose. Prima di essere ingegneri voi siete uomini, … le umane lettere educano il vostro cuore e nobilitano il vostro carattere». Giulio Ferroni ci ricorda (nella Prima lezione di letteratura italiana e nella sua Storia della letteratura italiana) che l’esercizio e le parole della «Letteratura ci fanno divenire adulti». Sono le parole ci salvano. A poche ore dalla celebrazione del Dantedì ripassiamo Dante, ri-prendiamo le parole della Letteratura: un’àncora e una lezione di responsabilità e formazione (paideia, Bilbung) della nostra condizione di uomini atti a divenire adulti per seguire virtute e canoscenza. Dantedì non sia una mera celebrazione, una parata di letture ed altro ma un’occasione letteraria di prendere e leggere un testo atto ad alzarci alla contemplazione dell’«Amor che move il sole e le altre stelle» (Paradiso, XXXIII, v. 145).