Santiago Álvarez, il documentario rivoluzionario

Articolo di Gordiano Lupi

Santiago Álvarez nasce nel 1919 all’Avana, dove muore nel 1998. Non è facile trovare negli annali della storia del cinema un altro autore con una biografia e una filmografia così peculiare come Santiago Álvarez. Il regista di Ciclón, Now, L.B.J., Hanoi martes 13 e 79 primaveras, non realizza un solo metro di pellicola nella prima metà della sua vita, mentre nella seconda metà porta a termine oltre seicento opere, alcune di loro, per lo meno cinque, considerate veri e propri gioielli del documentario a livello mondiale. Basti citare Now (1965), sulla discriminazione razziale negli Stati Uniti, giudicato dagli specialisti un antesignano dell’attuale video clip.

Santiago Álvarez studia medicina per due anni, in seguito si dedica a sociologia e storia, quindi passa a filosofia e lettere; lavora come apprendista stampatore e linotipista (specializzandosi in stampa di pubblicazioni), ma è anche direttore di programmi radiofonici. È tra i fondatori della società culturale Nostro Tempo e dell’Istituto Cubano dell’Arte e dell’Industria Cinematografica, dove crea e dirige il Dipartimento dei Cortometraggi e il Notiziario ICAIC Latinoamericano. Nel 1960 Santiago Álvarez scopre il cinema e si occupa con crescente tenacia e bravura di “catturare le espressioni, il movimento e la palpitazione dell’esistenza che in ogni parte del mondo grida, si ribella e si esprime contro chi vuole reprimere gli aneliti di libertà” (Fonte www.cubacine.cu). Santiago è il creatore di un documentario rivoluzionario perché cerca di registrare con puntualità i momenti e i luoghi dove si verificano cambiamenti importanti, dove si percepiscono ribellioni e si cerca di intraprendere un cammino migliore per l’umanità. Visita oltre novanta paesi per fare il suo cinema documentario, che “non è un genere minore come si crede – dice il regista – ma un modo di porsi di fronte alla vita, di fronte all’ingiustizia, di fronte alla bellezza”. Corrispondente di guerra in Vietnam, Cambogia, Cile e Angola, ha l’opportunità di conoscere personalmente e di intervistare Fidel Castro, Che Guevara, Ho Chi Min, Salvador Allende e Agostinho Neto. Come il suo maestro Joris Ivens, concepisce ogni documentario come la formula, il mezzo, per scoprire qualcosa di nuovo, un laboratorio di movimenti, toni, forme, contrasti e ritmi. Santiago Álvarez resta tra i migliori cine – testimoni del mondo, insieme a Robert Flaherty, Dziga Vertov e Chris Marker, tra i più importanti realizzatori di un’arte che si pone l’obiettivo di spingere la macchina da presa a indagare la realtà circostante.

Il sito Internet ICAIC riporta questo giudizio: “Intuizione e grande fiuto giornalistico a parte, Santiago Álvarez è stato, per quattro decenni, il maggior cronista cubano, il realizzatore di caleidoscopici collage, il pittore attento, ironico o commosso, pronto a illustrare impressionanti murales, frammenti di vita, con le nervose pennellate della camera a mano e un montaggio serrato. Il Noticiero ICAIC Latinoamericano, del quale diresse oltre 400 edizioni, non solo divenne un esempio e fondò una scuola, ma scrisse la storia di un paese in Rivoluzione, come notiziario modello, fedele al senso dell’attualità e a una proverbiale capacità comunicativa. Fu un regista sincero e ispirato, vicino ai deboli, contro i potenti e gli ingiusti, a sostegno di ogni anelito ribelle per il miglioramento delle condizioni di vita. Santiago si preoccupò soltanto di scrivere a lettere di fuoco che il mondo doveva cambiare in favore degli oppressi”.

Il limite del regista è dato da una totale immedesimazione con la Rivoluzione Cubana, perché le sue pellicole – realizzate in maniera tecnicamente pregevole – sono spesso tacciabili di parzialità, servilismo verso il potere e agiografia spicciola.

Non è facile citare tutti i lavori di un grande artista del cinema documentario cubano. La sua importanza va ben oltre le ideologie e non si limita a una mera azione di propaganda. La sua opera si segnala come presenza attiva di giornalismo in occasione di eventi basilari come la guerra in Vietnam e l’invasione nel 1961 a Playa Girón (Baia di Porci) da parte di truppe mercenarie. Santiago Álvarez è tra i primi documentaristi che impiegano la colonna sonora come parte indissolubile dell’azione drammatica e cura il montaggio in modo particolareggiato ed essenziale. Difende l’importanza della sua attività giornalistica con queste parole: “Io informo sugli avvenimenti partendo dalle idee che mi sono fatto sugli eventi”. Per il suo lavoro come documentarista ottiene oltre ottanta primi premi in festival internazionali e concorsi nazionali. Viene nominato membro dell’Accademia Artistica della Repubblica Democratica Tedesca e maestro a vita della Scuola Internazionale di Cinema e TV di San Antonio de los Baños. Consulente del Ministro della Cultura di Cuba, Presidente della Federazione Nazionale dei Cineclub e fino al 1986 fa parte del’Assemblea Nazionale del Potere Popolare. Nominato Gran Brujo de los Andes e Cronista del Terzo Mondo. Da alcuni anni, in suo onore, a Santiago de Cuba si celebra il Festival Internazionale del Documentario Santiago Álvarez.

Vista la difficoltà a descrivere tutti i lavori di Santiago Álvarez ci limiteremo a commentare soltanto alcune opere che rivestono importanza significativa.

Escambray (1961) è il suo primo documentario, scritto insieme a Jorge Fraga, nel quale il regista ripercorre un episodio della lotta nella Sierra di Escambray contro i controrivoluzionari che si erano ribellati ai Barbudos con l’aiuto dei nordamericani.

Morte al invasor (1961) è un altro lavoro rivoluzionario scritto a quattro mani con Tomás Gutiérrez Alea che racconta l’attacco mercenario a Playa Giron, descritto come la prima sconfitta militare dell’imperialismo in America Latina, nell’aprile del 1961.

Ciclón (1963) descrive gli effetti calamitosi del ciclone Flora che nell’ottobre del 1963 distrusse le province di Oriente e Camagüey, lasciando dietro di sé numerose vittime e ingenti danni materiali. Il documentario racconta anche i lavori di soccorso e di evacuazione. 

Now (1965) è un importante documentario che con un innovativo montaggio di notizie e foto sulla lotta dei neri nordamericani si schiera contro la discriminazione razziale negli Stati Uniti.

Cerro pelado (1966) viene selezionato dalla critica come uno dei migliori documentari del’anno e vince numerosi premi. Le immagini mostrano la delegazione cubana che assiste alla decima edizione dei Giochi Sportivi Centroamericani e del Caribe a San Juan di Porto Rico, dalla nave Cerro Pelado, dove svolge gli allenamenti e difende il suo diritto a gareggiare. Alla fine si aggiudica il maggior numero di medaglie.

Golpeando en la selva (1967) è il racconto della lotta guerrigliera in Colombia, realizzato con interviste e foto scattate dal giornalista messicano Mario Menéndez. Si aggiudica un primo premio al Festival del Documentario in Venezuela.

Hanoi martes 16 (1967) è uno dei capolavori di Santiago Álvarez, che con una scrittura poetica e narrativa – inserendo come testi paragrafi di José Martí scritti nel 1889 – mostra come vive adesso e come viveva prima della vittoria comunista il popolo vietnamita. Il regista documenta i primi bombardamenti della città di Hanoi e descrive quella che definisce una lotta per la libertà.

Hasta la victoria siempre (1967) racconta in chiave agiografica alcuni passaggi della vita rivoluzionaria di Ernesto Che Guevara.

L.B.J. (1968) è un lavoro satirico ma anche una sintesi storico – didattica della violenza negli Stati Uniti, realizzata mostrando immagini di repertorio degli assassini di Martin Luther King, John e Robert Kennedy.

79 primaveras (1969) illustra vita e opere di Ho Chi Minh, racconta la lotta secolare del popolo vietnamita e mostra il dolore di fronte alla sua morte.

Despegue a las 18:00 (1969)narra lo sforzo intenso dei lavoratori della provincia di Oriente, durante la Giornata per ricordare Playa Girón, per risolvere i problemi economici del sottosviluppo.

El sueño del pongo (1970) è un brevissimo lavoro di fiction della durata di 8’ basato sul racconto omonimo dello scrittore peruviano Roberto Fernández Retamar, appartenente alla letteratura orale e raccolto da José María Arguedas. Si tratta del sogno di un servo indio che immagina il castigo che riceverà il suo padrone una volta che entrambi saranno morti.

Piedra sobre piedra (1970) è un documentario sul terremoto che il 31 maggio del 1970 sconvolse il Perú, ma serve anche a riflettere sulla miseria e sulle conseguenze di un disastro naturale.

¿Cómo, por qué y para qué se asesina un general? (1971) racconta un episodio della storia cilena secondo l’ottica del governo cubano. I gruppi della destra oltranzista cilena, appoggiati dalla Cia, cercando di impedire con l’assassinio del Generale Schneider, la salita alla presidenza di Salvador Allende.

De América soy hijo y a ella me debo (1972) è un lungo documentario di ben 195’ per raccontare il viaggio del Comandante Fidel Castro Ruz in Cile, nel novembre del 1971. Il lavoro riflette una visione storica dell’esplosione imperialista in America Latina secondo l’ideologia del governo cubano.

Y el cielo fue tomado por asalto (1973) è un altro lavoro di largo respiro (128’) per raccontare un nuovo viaggio del Comandante Fidel Castro Ruz, nel 1972, nei paesi africani e nell’Europa Socialista. Molto ideologico, ovviamente.

El tigre saltó y mató… pero… morirá…morirá…! (1973) è una nuova testimonianza ideologicamente schierata della lotta del popolo cileno attraverso le immagini del cantante Víctor Jara, brutalmente assassinato per ordine del governo cileno nel 1973.

Abril de Viet Nam en el Año del Gato (1975) è una nuova sintesi ideologica della lotta del popolo vietnamita, la sua vita contemporanea e le espressioni artistiche. Il lavoro è di largo respiro e come sempre bisogna distinguere la capacità tecnica dl regista dal contenuto, spesso superato e ideologicamente non condivisibile.

Mi hermano Fidel (1977) è un documentario di sedici minuti scritto dal regista in collaborazione con Rebeca Chávez che narra l’incontro tra Fidel Castro e Salustiano Leyva, un vecchio che all’età di 11 anni incontrò José Martí, durante una breve visita a casa sua, l’11 aprile del 1895. Salustiano, senza rendersi conto chi è l’intervistatore a causa della sua pessima vista, fa riferimento alla presenza costante di Martí nella persona del Comandante, e solo alla fine del colloquio Fidel si fa riconoscere dal vecchio. Si tratta di un film ideologicamente scorretto che ha contribuito a creare il mito di un Fidel Castro erede di José Martí.

La importancia universal del hueco (1981) è un documentario – omaggio nei confronti dei lavoratori della Repubblica Democratica Tedesca. In forma umoristica affronta il tema dell’importanza del buco nella vita umana da quando nasce fino a quando muore. Il documentario mostra la storica città di Erfurt e il suo sviluppo abitativo contemporaneo.

Nova Sinfonía (1982) racconta la personalità di Zamora Machel, Presidente della Repubblica Popolare del Mozambico, e la sua grande forza comunicativa nei confronti del popolo. Il documentario fornisce una sintesi completa della storia militante del Mozambico, viene selezionato tra i lavori più significativi dell’anno e ottiene una menzione d’onore al Premio per Documentari di Bilbao.

Los refugiados de la Cueva del Muerto (1983) è una delle poche fiction curate da Santiago Álvarez, ma l’argomento è ancora una volta storico – didattico. Un gruppo di rivoluzionari partecipanti agli assalti della Caserma Moncada e di Bayamo, il 26 luglio del 1953, ricevono aiuti durante la ritirata e la persecuzione. Soggetto e sceneggiatura del regista, Rebeca Chávez e Alfredo del Cueto. La musica è di Silvio Rodríguez e Leo Brouwer.

La soledad de los dioses (1985) documenta l’incontro dei paesi dell’America Latina e del Caribe, tenutosi nel Palazzo delle Convenzioni, nel 1985, che aveva come tema il debito estero.

Brascuba (1987) è scritto e diretto da Santiago Álvarez con la collaborazione di Orlando Senna per raccontare i collegamenti culturali tra brasiliani e cubani, nonostante le differenze geografiche e politiche tra la piccola isola caraibica e il colosso sudamericano. Filmato nel periodo in cui i due paesi tornavano a tessere relazioni diplomatiche, dopo ventidue anni di rottura, rivela fatti storici e drammi personali relativi a quel periodo.

Historia de una Plaza (1989) narra la storia di Piazza della Rivoluzione, luogo di riunione del popolo, che dopo il trionfo della Rivoluzione ha assunto un’importanza sempre maggiore come sede per comunicare decisioni importanti a folle gigantesche.

Motivaciones (1994) fotografa l’isola di San Andrés, situata nel Caribe colombiano, un bellissimo luogo di ispirazione per poeti e pittori. Il lavoro comprende alcune interviste ad artisti che spiegano i motivi del loro lavoro e un itinerario di località turistiche di un luogo paradisiaco.

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