Le prime parole che troviamo ad aprire la raccolta di Nunzio Di Sarno sono quelle di un koan zen: un monaco chiese a Joshu: “Un cane ha la natura di Buddha?” Joshu rispose: “Mu”. Mu mantiene in sé gli opposti e spinge a trascenderli in uno slancio che scatta lontano dalla logica e dalla premeditazione. E quando pensi di averlo afferrato è proprio lì che ti scappa. Ci si può solo muovere insieme. Il koan ci mostra la strada che si fa traccia e mappa. Una mappa che si mantiene giusto per il passaggio e le luci che durano sono le realizzazioni, in balia dell’amore e l’amicizia, delle droghe, dell’alcool e delle meditazioni, della malattia, della morte e della disciplina, in seno alle famiglie “vecchie, nuove e ritrovate”. In una parola la Vita.
Che suona al passaggio del vento, ma anche al ritmo sghembo di Monk e alle distorsioni secche dei Ramones. È un attimo e le gambe a croce schizzano nel Pogo. In una spinta continua alla trasformazione, che trova, nella trasfigurazione della mancanza e degli eccessi, le nuove forme. E come riporta “Manifesto” il suono è sempre operativo, tutto è vissuto! Niente spazio per l’ozio, gli ammiccamenti e le consolazioni di rito. Come potrebbero le pose reggere al vortice degli Elementi? Il pensiero si produce nell’azione e all’azione riconduce sempre. E l’azione non può non essere politica. Qui il lettore non può restare sulla soglia a guardare, è chiamato ad aprirsi ed immergersi per sentire su di sé, sposando i ritmi per ritrovarsi a pezzi. Unico sentiero per accedere alle forme nuove.