Jorge Perugorría (1965), uno dei più noti attori cubani, in tempi recenti si dedica all’attività di regista, senza rinunciare a interpretare pellicole che scrive e dirige. Il suo lavoro come attore comincia da adolescente, quando frequenta la scuola media superiore; nel 1987 entra a far parte della compagnia Arte Popular, recitando in Perra Vida (Vita da cani), opera teatrale che segna il suo debutto nel professionismo. In teatro interpreta opere significative, sia cubane che internazionali, insieme alla compagnia El Público, di cui è fondatore, e a Rita Montaner. In televisione è protagonista di alcuni serial di successo, come Shiralad e Retablo Personal, che gli portano grande popolarità. Il film Fresa y chocolate(Fragola e cioccolato) diretto da Tomás Gutiérrez Alea e Juan Carlos Tabío, segna il successo cinematografico. Perugorría è il più internazionale degli attori cubani. I suoi film come regista sono: Habana abierta (2003), Afinidades (2010), La más hermosa cosa del mundo (2011) e Se vende (2912). Habana abierta (2003) è un documentario musicale dedicato al gruppo omonimo che torna alle origini dopo alcuni anni di permanenza a Madrid. Perugorría lo dirige con la collaborazione di Arturo Sotto, raccontando un concerto nel mitico Salón Rosado de La Tropical e il tour del gruppo per le strade della capitale. La prima fiction di Perugorría – girata in collaborazione con un altro attore noto come Vladimir Cruz – è Afinidades (2010), basata sul romanzo Música de cámara, de Reinaldo Montero. Il film gode della stupenda musica di Silvio Rodríguez ed è sceneggiato da Vladimir Cruz. Interpreti: Jorge Perugorría, Vladimir Cruz, Cuca Escribano, Gabriela Griffith. Si tratta di una storia erotica, la cui morale pare voler dire che davanti alla mancanza di spiegazione dei problemi del mondo contemporaneo, a volte è meglio rifugiarsi negli istinti, che inevitabilmente conducono al sesso. I protagonisti della storia trovano proprio questa via d’uscita: il sesso come momento per mantenersi vivi, la manipolazione del prossimo come mezzo per scongiurare l’impotenza e riaffermare personalità lacerate dalla solitudine. Presto si renderanno conto che il risultato è effimero e che le conseguenze possono essere imprevedibili. Una pellicola molto cubana, erotica al punto giusto, vicina alle atmosfere di Pedro Juan Gutiérrez e alla sua Trilogia sporca dell’Avana.
La más hermosa cosa del mundo (2011) rappresenta un ritorno al documentario, questa volta dedicato alla stupenda città di Baracoa, la più antica città di Cuba, in occasione del cinquecentesimo anniversario della sua fondazione.
Se vende (2012) è ancora una volta fiction ed è il film più riuscito di Perugorría, che ironizza, ricorrendo alla commedia nera, sulla volontà dei cubani di mettersi in proprio, di lavorare in maniera indipendente con un’attività redditizia.
Scheda tecnica. Produzione: ICAIC e Nmp International S.A.. Durata 90’. Formato HD. Soggetto e sceneggiatura: Jorge Perugorría. Produzione: Jay Rodríguez, Isabel Prendes. Fotografía: Ernesto Granado. Montaggio: Eliecer Aguiar. Musica: Andrés Levin. Suono: Diego Javier Figueroa. Interpreti: Dailenys Fuentes, Mirtha Ibarra, Jorge Perugorría, Yuliet Cruz, Mario Balmaseda. Il film si aggiudica il Premio del Pubblico al Festival del Nuovo Cinema Latinoamericano del 2012.
Nella Cuba di oggi, dove tutti vendono qualcosa, Nácar (Fuentes) vuole vendere la sua unica proprietà, la tomba di famiglia. Per riuscirci dovrà superare diversi ostacoli e ricorrerà all’aiuto di Noel (Perugorría). La storia abbonda di umorismo nero, il regista usa il tema della morte per parlare della vita, inserendo elementi onirico – fantastici che fanno classificare la commedia come realismo meraviglioso latinoamericano. Inutile dire che la fotografia è stupenda, dalle tombe in marmo di Carrara del Cementerio Colón, ai tramonti sul Malecón, per finire con gli spaccati realistici delle povere case di Centro Avana. I registi cubani hanno la fortuna di vivere in un set cinematografico naturale e di poter sfruttare una scenografia superba a costo zero. La parte iniziale presenta un colloquio realistico tra madre a figlia al cimitero. L’elemento fantastico entra nella storia quando la ragazza si rivolge alla macchina da presa, confessa che la mamma è morta, ma lei viene ogni domenica a chiedere come andare avanti. Sarà proprio la madre a dare il consiglio giusto: vendere la tomba di famiglia, perché a Cuba tutti si arrangiano vendendo qualcosa e lei dispone solo di quella proprietà. Il film illustra l’arte della sopravvivenza, l’ingegno dei cubani, cita il periodo speciale, il quinquennio grigio, parla di fughe, opportunismo, corruzione e illegalità. Ma lo fa con leggerezza e spirito critico costruttivo, con un copione intriso di intelligenti spunti comico – satirici, che illustrano la vita quotidiana. Vediamo il taxi collettivo dove ognuno racconta i fatti propri e fa progetti per il futuro, ma anche un autobus affollato dove coppie amoreggiano, altri si fanno largo, mentre i protagonisti parlano senza farci caso. L’ambientazione avanera è ottima, il regista mostra con dovizia di particolari la varia umanità della capitale, anche se la pellicola è troppo verbosa e risultano ripetitive le lunghe camminate tra la folla dei protagonisti. Suggestiva L’Avana di notte, ottime alcune dissolvenze che fanno cambiare scena in maniera originale, geniali diverse considerazioni metacinematografiche (“La vita è come un film e le cose accadono rapidamente, proprio come in un film”). L’umorismo nero prende il via quando vengono riesumati i morti e trafugati i cadaveri dal cimitero, con la madre ridotta a uno scheletro e il padre mummificato. I flashback onirici mostrano scene di vita familiare del passato: il padre comunista convinto, la madre scettica, gli elettrodomestici prodotti dai russi che durano in eterno, mentre le cose capitalistiche sono realizzati per il rapido consumo. Litigi tipici nelle case cubane, tra chi crede ancora nel sistema e chi vorrebbe cambiare, ma il regista non prende posizione, si limita a mostrare tutte le contraddizioni della società cubana. Vediamo case con le pareti stinte, frigoriferi vuoti, radio e televisione che propagandano l’ultima trovata di Fidel Castro: la moringa come panacea di tutti i mali. Ottime le parti erotiche, degne della migliore commedia sexy italiana, intrise di ironia e per niente fuori luogo. Nácar e Noel vendono lo scheletro della madre a improbabili acquirenti e utilizzano la mummia del padre come statua di Lenin. Il finale è surreale, perché la protagonista vive l’incubo di essere sepolta viva, per il rimorso di aver venduto i corpi dei genitori. Il grido: “Voglio vivere!”, sulle note di Aquí todo se vende, decreta la fine della pellicola.
Se vende prende di mira i nuovi lavori dei cuentapropistas cubani, inventati dopo la riforma di Raúl Castro, non lesina critiche al sistema ed è ricca di battute sugli sciocchi poliziotti orientali che vogliono stabilirsi all’Avana. Il comunismo cubano sarà anche feroce come dicono, ma dobbiamo convenire che – oggi come oggi – lascia liberi gli intellettuali di esprimersi senza limitazioni. Perugorría, in questa pellicola, critica la situazione senza nessuna remora, certo, lo fa con sottile ironia, con le armi della satira e del buon senso. Resta il fatto che in altre dittature tutto questo non sarebbe concesso e sarebbe più che sufficiente per far finire in galera l’autore della pellicola.
Mentre scriviamoJorge Perugorría ha appena finito di girare un nuovo film a soggetto con il quale propone “un nuovo sguardo” sul mondo gay. L’attore riscosse un grande successo interpretando Fresa y Chocolate (1994), diretto da Tomás Gutiérrez Alea (Titón) e Juan Carlos Tabio, nominato al Premio Oscar come miglior pellicola straniera. Il film racconta la storia di un’amicizia tra un giovane eterosessuale e un colto omosessuale e rappresenta uno spaccato veritiero della Cuba di fine secolo XX, tra embargo, caduta del blocco sovietico e periodo speciale. Fresa y chocolate aprì un dibattito sulla situazione degli omosessuali a Cuba che con il tempo ha portato molti cambiamenti positivi, merito anche dell’impulso innovativo dato da Mariela Castro al CENESEX. Il nuovo film girato da Perugorría s’intitola Fátima o el Parque de la Fraternidad e racconta il mondo omosessuale in un contesto più moderno, completamente diverso rispetto agli anni Novanta. Si tratta della storia di Fatima, un giovane contadino che abbandona il paese natale per vivere come travestito all’Avana. La pellicola parte da un racconto di Miguel Barnet, scrittore di regime come pochi, vincitore del premio Juan Rulfo, proprio come il racconto di Senel Paz che inspirò Fresa y Chocolate. Lo sceneggiatore, Fidel Antonio Orta, afferma che “la pellicola è un canto all’amore, alla diversità, alla capacità di resistenza degli esseri umani e di non arrendersi di fronte agli ostacoli”. Da appassionati e studiosi del cinema cubano rivoluzionario, siamo proprio curiosi di vederlo.