Che cosa è la storia? Un terreno d’indagine, una rappresentazione degli avvenimenti accaduti a volte con l’esaltazione dei protagonisti e delle loro gesta come “miti,” oppure una presentazione del passato nella sua giusta verità? La giusta definizione la si trova passando in rassegna in modo veritiero le interpretazioni, le azioni, le conclusioni come nel ventaglio dei fenomeni che si sono succeduti.
I momenti della storia non dovrebbero essere utilizzati per creare “falsi” eroi ma per dare una chiave di lettura “vera” di un periodo storico come lo fu la Sicilia nel 1860. In cui una figura mitizzata come Garibaldi, non fu altri che il “primo brigante” eccellente in quel fenomeno che prese il nome di “brigantaggio” in quella cornice siciliana contagiata in quel periodo da una condizione sociale cosi povera che aveva avuto forti risvolti nel far nascere delle organizzazioni chiamate “briganti”.
Vere bande di malfattori che imponevano gabelle ai contadini, che si appropriavano di beni e bestiame altrui. Così come il Garibaldi,non un eroe,bensì un bandito a capo di una combriccola nominata garibaldini, fu inviato a mettere in atto un’attività depredatoria a danni di una terra, di un popolo, di un regno. Il parallelismo è d’obbligo con il periodo in esame, fatto dagli stessi contemporanei, siano essi briganti locali o briganti garibaldini, i luoghi e i modi in cui il brigantaggio si manifestava non erano molto dissimili gli uni dagli altri. Le due forme di brigantaggio che hanno avuto caratteristiche cronico delinquenziali nel senso di matrice di appropriazione di beni di ogni genere.
Il brigantaggio rurale, vere bande di malfattori, dedite a forme di ruberia e di soprusi verso la classe contadina, al servizio delle famiglie nobiliari isolane di cui difendevano gli interessi.
Il brigantaggio di Garibaldi al servizio del Regno Sabaudo che sbarcò in Sicilia con l’intento di appropriarsi delle grandi ricchezze monetarie custodite nel grande Banco delle due Sicilie.
Egli non si limitò solo a queste razzie ma fu anche autore di efferati delitti come il massacro di Bronte, ad opera di un altro filibustiere Nino Bixio, il quale fece fucilare quasi un centinaio di contadini che, proprio in nome del Garibaldi, avevano osato occupare alcune terre. La fisionomia e l’anima dei due brigantaggi, si differenziano per la diversa finalità.
La condizione economica e sociale in cui versava la maggior parte del popolo siciliano era costituita da miseria, ignoranza, analfabetismo, sporcizia, sottomissione al conquistatore di turno. Tale situazione economica e sociale generò una terra ricca di briganti e malfattori.
Soggetti che operavano per i propri fini compiendo azioni di banditismo con razzie, ruberie, gesti di inumanità orribili verso il popolo avevano tra le loro funzioni di porsi al servizio della borghesia con attività di protezione e di esecuzioni di ordini da eseguire.
Il brigantaggio garibaldino ha una natura politica, infatti si pone come esecutore, affinché il Regno delle due Sicilie fosse annesso al disegno politico di Cavour e Vittorio Emanuele II, mandanti dell’Unità d’Italia,saccheggiando la ricchezza monetaria dell’Isola per far nascere successivamente l’industrializzazione del Nord e avviando in tal modo la questione meridionale, “caso” sempre di perpetua irrisolutezza. Altro che celebrare un “eroe”, un malavitoso come Garibaldi e la sua banda,Invece, bisogna lodare la comunità siciliana nella sua componente più semplice: il popolo contadino.
Un popolo privato di ogni diritto, derubato di ogni avere, sottomesso e ubbidiente verso il sopraffattore di turno. L’Unità d’Italia dimostrò che la Sicilia rimase ancor di più “nuda” con i suoi problemi, con riforme economiche che la penalizzarono, in balia di una borghesia parassitaria proprietaria di grossi latifondi, protetta da quel brigantaggio oramai consolidato che utilizzando metodi intimidatori e violenti si arricchì ai danni di chi coltivava la terra.
La nuova classe dominante era costituita da questa media borghesia, la quale sostituì l’antica nobiltà, oramai incapace di imporsi, anzi ne fu ostaggio.
In tal modo l’antico brigantaggio si presentò con una nuova immagine, quella borghese. Essa iniziò ad avere un potere enorme che gestiva con spregiudicata ferocia nei confronti dei potenziali concorrenti e con grande abilità politica nei confronti dello stato piemontese. Era nata: la mafia.