Volevo nascondermi è uno dei migliori film italiani degli ultimi anni, danneggiato dalla pandemia, uscito in sala con ritardo, infine tornato in circolazione, adesso si può vedere anche in provincia. Non perdetelo, perché solo la straordinaria interpretazione di Elio Germano – Orso d’Argento a Berlino come miglior attore – merita la visione. Giorgio Diritti è regista che unisce realismo e poesia in un solo contesto, creando una sorta di realismo magico composto da sognanti parti oniriche, suggestivi ralenti, evocativi piani sequenza e intense panoramiche campestri. Film d’autore perché il regista bolognese mette in scena un soggetto che contribuisce a sceneggiare, curando anche il montaggio, lasciando la coloratissima fotografia al capace Matteo Cocco (che riproduce su grande schermo i colori del pittore) e perché la fiaba amara di Antonio Ligabue è una storia che ha sempre avuto il sogno di narrare. Il paragone con lo sceneggiato televisivo di Salvatore Nocita (scritto da Cesare Zavattini) non spaventa il regista che gira un film completamente diverso, non certo inutile, meno realistico e più poetico del precedente, rappresentando il dramma del pittore incompreso come riscatto dalla solitudine per mezzo dell’arte. Flavio Bucci era stato un Ligabue folle e disperato, così come Elio Germano è un pittore bambino, rifiutato dal mondo, convinto d’essere un artista, che quando dipinge trova se stesso e comprende il suo motivo di vita. Diritti porta avanti un discorso sulla poetica del diverso, descrivendo un mondo contadino che ridicolizza e tormenta il povero pittore solitario, affibbiando soprannomi identificativi (el tedesc, el matt) ma che è capace di grandi gesti di affetto e di protezione nei confronti del suo elemento più debole. Inutile raccontare la storia, abbastanza nota, di un ragazzino schizofrenico abbandonato dai genitori, allevato in Svizzera e rimpatriato in Italia, a Gualtieri, che vive in solitudine la sua diversità fino a quando il critico d’arte Mazzacurati non intravede le sue doti artistiche e lo esorta a dipingere. Ligabue è pittore naïf per eccellenza, mette su tela le sue fantasie oniriche, il suo amore per gli animali, se stesso e una donna idealizzata, mentre sogna di sposarsi e di vivere con la sua donna in un castello. Appena comincia a guadagnare i primi soldi spende tutto in moto e automobili, oggetti del sogno, come un cappotto indossato d’estate perché in vita sua ha dovuto patire così tanto freddo che il caldo proprio non lo sente. Straziante e poetico il finale che parte dal sogno della statua nel cimitero realizzata dall’amico artigiano, prosegue con la madre che lo prende per mano e lo porta via con sé. Antonio ritorna bambino, vola via con la donna del sogno in un magico ralenti campestre che in un intenso piano sequenza conduce al cielo. Commovente.
Regia. Giorgio Diritti. Soggetto: Giorgio Diritti, Fredo Valla. Sceneggiatura: Giorgio Diritti, Tania Pedroni. Fotografia: Matteo Cocco. Montaggio: Paolo Cottignola, Giorgio Diritti. Musiche: Marco Biscarini, Daniele Furlati. Scenografia: Ludovica Ferrario. Costumi: Ursula Patzak. Trucco: Aldo Signoretti, Lorenzo Tamburini, Giuseppe Desiato. Produttori: Carla Degli Esposti, Nicola Serra. Produttore Esecutivo: Francesco Beltrame. Case di Produzione: Plaomar, Rai Cinema. Distribuzione: 01 Distribution. Lingua: italiano, dialetto reggiano, tedesco (sottotitoli). Paese di produzione: Italia. Durata: 120’. Genere: Biografico. Interpreti: Elio Germano (Ligabue), Oliver Ewy (Ligabue giovane), Leonardo Carrozzo (Ligabue bambino), Pietro Traldi (Mazzacurati), Orietta Notari (madre di Mazzacurati), Fabrizio Careddu (Ivo), Andrea Gherpelli (Mozzali), Denis campitelli (Nerone), Filippo Marchi (Vandino), Maurizio Pagliari (Sassi), Francesca Manfredini (Cesarina), Daniela Rossi (madre di Cesarina), Mario Perrotta (Raffaele Andreassi), Paolo Dallasta (Erminio Canova), Gianni Fantoni (Antonini), Paola Lavini (Pina), Simone Allai (Il Bel Omin), Paolo Rossi, Giancarlo Ratti.