Fenomenologia di Sigfrido Ranucci

Articolo di Paolo Landi

Alle 21 di ogni lunedi su Rai Tre va in onda l’indignazione, e quando l’indignazione diventa un format perde tutta la sua carica eversiva. Succede a Report, la creatura che Milena Gabanelli ha lasciato in eredità a Sigfrido Ranucci, un bravo giornalista che sulla voce di Wikipedia che lo riguarda elenca ben sedici premi ricevuti, dal “Premio del Cronista” a “Penne pulite”. Già la Gabanelli, alla fine, aveva cominciato a stufare, con le inchieste sulle oche spennate per riempire i piumini e la pizza che bisognava alzare prima di mangiarla per vedere se era sporca del nero del forno in cui era stata cotta. Ora Ranucci l’ha superata con la telenovela di Renzi in Autogrill. Non si può credere che un giornalista come lui, inviato nei Balcani e a New York per il crollo delle torri gemelle, si ritrovi oggi a inseguire Renzi nell’area di servizio di Fiano Romano. Eppure è così. La puntata di lunedi scorso era da morir dal ridere, soprattutto se guardata dopo la visione integrale della sua intervista che il Senatore toscano si era premurato di registrare e diffondere sui social: una vera e propria lezione di giornalismo, impartita a uno sprovveduto che ha la malaugurata idea di uscirsene a un certo punto con la frase “Su questo ci sarebbe molto da ridire”, dando il destro a un Renzi molto a suo agio di avvertirlo: “Lei dovrebbe essere qui per fare domande, non per avere qualcosa da ridire su quello che io le rispondo”. Del resto la sicurezza con cui Renzi interloquiva e l’incertezza balbettante di quel tipo la diceva già lunga sull’inverosimiglianza di quel castello costruito, non si sa perché, per incastrare “l’altro” Matteo non si sa su cosa. Già perché Ranucci, in ottemperanza alle istruzioni impartite dal Fatto quotidiano, si dà un gran daffare per far capire agli italiani quel che Travaglio ha capito da tempo: che i due “Matteo” (Renzi e Salvini) sono uguali, anzi identici, uno la copia carbone dell’altro e, mentre il Fatto li sbatte in prima pagina sempre insieme per ribadire il concetto, anche Sigfrido si ingegna di far seguire a un’inchiesta “scottante” sulla Lega la sit-com dell’Autogrill. Una settimana Salvini sulla graticola, quella dopo Renzi. E’ così che la peggiore ideologia distrugge il giornalismo, perché basta aver frequentato la scuola dell’obbligo, non occorre aver fatto il liceo, per vedere che Renzi non ha evidentemente niente da spartire con Salvini. Ma l’ignoranza della massa, blandìta dai Travaglio e dagli Scanzi, dalle Gruber e dai Ranucci, è sempre funzionale all’audience e chi se ne frega della verità, la verità è quella che dicono loro, alle 21 in prima serata. Si ascolta Renzi parlare in Parlamento e Salvini parlare da un cubo del Papeete, si leggono gli interventi sui social dell’uno e si guardano le foto mentre addenta la porchetta dell’altro e ci si domanda perché mai i Travaglio ma anche i Marco Damilano (su certe copertine dell’Espresso) si impegnino a farci credereche sono uguali. Col risultato di far crescere il rispetto e la simpatia per Renzi (che, tra l’altro, essendo insultato senza ragione da una maggioranza vociante, comincia a provocare un certo senso di protezione, che lo fa salire perfino nei sondaggi, da parte di una minoranza diciamo “riflessiva”, se proprio non vogliamo usare l’aggettivo “intelligente”). Ranucci poi non fa che dire che lui è “cattolico” e non si capisce perché senta il bisogno di esternare questa professione di fede (soprattutto dopo un servizio velenoso sul Vaticano), che dovrebbe rimanere privata: vorrebbe forse darci a intendere che la sua sarebbe una moralità specchiata e, se gli capita di essere cattivello e di fare qualche peccatuccio, è perché il giornalismo con la “g” maiuscola glielo impone?Il giornalismo che dà credibilità alle professoresse che fanno riprese col telefonino negli Autogrill, degli inviati che inseguono sul marciapiede Luciano Nobili (almeno quelli di “Italia Viva” dovrebbero dare il buon esempio ed evitare di rispondere a chi li importuna per strada) e mandano in onda il servizio in cui urlano tutti e due, non è, caro Ranucci, il giornalismo con la “g” maiuscola: è il giornalismo del degrado dell’informazione italiana, con una televisione sempre più vecchia, con talk show animati da una ormai impresentabile compagnia di giro, con telegiornali appaltati ora, purtroppo, all’ignoranza dei grillini. La professoressa col telefonino è provincia profonda, lei che ci imbastisce sopra una trasmissione è responsabile di questo degrado. Meno male che c’è un’altra Italia, che ha cominciato a non credervi più, e a guardare con sospetto le vostre trasmissioni, a leggere in filigrana i vostri articoli, a cambiare canale tutte le volte che Travaglio e Scanzi compaiono con i loro sorrisetti a dirci quanto siamo coglioni noi che non capiamo niente e quanto invece sono fighi loro che hanno capito tutto. 

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