“L’attore è un bugiardo al quale si richiede la massima sincerità”; “Un attore perfettamente sano è un paradosso”; “Ho scelto un mestiere nel quale si richiedono le risorse che io ho” Recitare è da sempre l’unico istinto primario, la paura e l’amore e la sopravvivenza stessa vengono in secondo piano rispetto a questa grandissima capacità che è stata lasciata in dono all’essere umano. Da quando esiste il ricordo esiste la finzione, ogni rapporto con gli altri è artefatto e i più meritevoli non ne sono certo esenti, tutti sono attori. Nel cinema o nel teatro esistono personaggi dotati di un talento naturale, un tempo si chiamavano i portati per, Vittorio Gassman era portato per recitare. Impresa molto difficile è aggiungere qualcosa che non si sappia già dell’attore di cui tutti conoscono una loro versione, quindi meglio prenderla da un’altra parte. Un dialogo tra due amiche “Lo hai visto il fidanzato nuovo di Michela?…Si …com’è? …è un tipo simpatico, siamo usciti a cena e non ha mai smesso di Gassmaneggiare”
Quanti attori hanno contribuito a far crescere il cinema e il teatro nel nostro paese? Manfredi come Albertazzi, Carmelo Bene come Mastroianni. Quanti di quegli artisti sono diventati un verbo? Uno solo, quindi è meglio tornare a far parlare un uomo che è stato tutto. Il mattatore, Il tigre , Il successo; quante facce ci si immagina come protagoniste di titoli simili? “Muoiono solo gli stronzi. Certo un momento di stronzaggine prima o poi capita a tutti. A me sarebbero bastate due vite: una per capire, una per agire”.
Gassman di vite ne ha avute molte, sul palcoscenico come sul grande schermo era un uomo capace di tirare fuori qualcosa di buono da ogni situazione. Quando si trattava di intrattenere e intrattenersi, Vittorio, non aveva rivali. Una figura che metteva giustamente in soggezione chiunque, la sintesi si personalità e fisicità che non l’hanno fatto rinunciare, da uomo intelligente qual era, a farsi contagiare da qualche dubbio. Il suo privato è leggenda e non deve interessare nessun altro che lui o la sua famiglia, il suo pubblico parla di un uomo come tanti vorrebbero essere. La carrellata di personaggi è ampia, partendo nel dopoguerra con ruoli da avvenente cattivo si è ritrovato a saper far anche ridere e le commedie cui ha preso parte sono diventate quasi tutte dei classici. Vittorio Gassman è un divo e un divo un film lo salva da solo. Nella sua carriera ha difficilmente sbagliato, ma consigliare qualche visione meno conosciuta è un piacere perché a volte nel nascosto si trova la vera essenza di un artista. Fino alla fine esistono progetti realizzati o meno, o semplici apparizioni, dove risiede tutta l’umanità di un artista in grado di farsi il verso da solo. Dopo una serie di letture dantesche, siamo alla metà degli anni 90, Gassman accetta di regalare delle pillole video in cui legge i menù di una pizzeria o un bugiardino delle medicine. In quell’occasione c’è molto dell’umanità di un artista. “Mi disturba la morte, è vero. Credo che sia un errore del padreterno. Io non mi ritengo per niente indispensabile, ma immaginare il mondo senza di me… che farete da soli?”
Anima persa Dino Risi 1977
Questo thriller di Dino risi esplora l’animo mettendo in scena il doppio più riuscito del cinema italiano. Tino arriva a Venezia per studiare arte e va a convivere nella villa degli zii, si accorgerà presto di essere in pericolo perché quella casa nasconde un mistero. Tratto dal un romanzo di Giovanni Arpino Anima Nera rappresenta una delle più grandi interpretazioni drammatiche di Vittorio Gassman che riesce a sviluppare due personaggi carichi di fascino e inquietudine. La discesa nell’inferno della mente che il nipote, spinto dalla sua curiosità, non potrà fare a meno di compiere, regala uno sviluppo degno del miglior racconto gotico. Perla dimenticata del cinema italiano mostra un Gassman in grado di costruire ed esaltare un prodotto pensato da un maestro come Risi. Vittorio intrattiene con due personaggi lontani dalle sue corde riuscendo perfettamente a confondere il pubblico. Nello sviluppo della trama era essenziale mescolare il piano di reale con quello della fantasia per ottenere uno stato d’animo del protagonista in cui lo spettatore potesse identificarsi. Un film che non ha nulla da invidiare a prodotti americani come Fight Club, dove il tema della digressione umorale è il collante dell’intera storia. A differenza del libro di Arpino, ambientato a Torino, la scelta di Venezia appare azzeccata perché attraverso la sua bellezza, aumenta esponenzialmente il mistero alla vicenda.
La terrazza Ettore Scola 1980
Quando si mette nello stesso campo d’inquadratura: Vittorio Gassman, Mastroianni e Ugo Tognazzi i risultati possono essere molto alti o incredibilmente rasoterra. Questa commedia sulla commedia è la vera madre de La grande Bellezza. Il pretesto è una cena d’intellettuali radical da cui si snodano delle storie di fallimenti e di rimpianti. In scena le delusioni di una classe privilegiata che si scontra, arrivata a una certa età, con una felicità solo apparente. Scola riesce a staccarsi dal registro di C’eravamo tanto amati e rendere, aiutato da una sceneggiatura superba, i caratteri e le complessità di chi al potere avrebbe voluto la fantasia, ma ha scoperto di averne ben poca. Il cast stellare lavora in maniera elegante per mettere in scena un ritratto sulla condizione dell’intellettualità italiana ferma ai valori della piccola borghesia che tanto aveva osteggiato in un recente passato. Scritto dallo stesso Scola, in coppia con Age e Scarpelli La terrazza è un film corale in cui le emozioni si palesano con onestà intellettuale e qualche risata.
Il deserto dei tartari 1976
Tratto dal romanzo di Dino Buzzati è l’ultimo film di Zurlini. Primi del 900, un ufficiale austroungarico è assegnato ai confini del regno con l’ordine di attendere il palesarsi di nemici che non arriveranno mai. Trasposizione perlopiù fedele al libro della quale il regista aumenta ambiente storico e rigore psicologico che Buzzati sceglie di accantonare per favorire allegorie e realismo magico. Ai confini con il deserto le vicende di questi uomini sono una metafora per trasmettere tutta quella malinconia che l’attesa porta con sé. Il regista si congeda dal suo pubblico continuando le riflessioni sull’ineluttabile senso dell’esistenza. “Vivere la vita non ha altro fine che lasciarla passare e la morte è l’unica giustificazione”
Parole che il maestro considerava un filo conduttore dietro ogni sua opera.
Lo zio indegno 1989 Franco Brusati
Educazione alla vita di un vecchio zio poeta e un professionista affermato, inizialmente ci saranno delle incomprensioni ma andando avanti il nipote si accorgerà. Questo è uno di quei casi dove Vittorio Gassman riesce a salvare da solo un film. Nonostante la presenza nel cast della Sandrelli e di Giancarlo Giannini il prodotto di Brusati potrebbe apparire un po’ didascalico e poco avvincente, l’interpretazione di Vittorio rende tutto molto interessante. L’energia con cui, non più giovane, propone quest’anziano pieno di vita e dedito alle estremizzazioni è contagiosa. Nonostante la storia sia molto semplice, si rimane attaccati per sentire un’altra perla della filosofia del vecchio o per osservare le movenze e le espressioni con cui Gassman da corpo a questo poetico essere umano. Il risultato è un film indolente e profondamente malinconico giocato su diversi registri ma mai autocompiaciuto.
La cena Ettore Scola 1998
Ultima interpretazione di Vittorio Gassman, se escludiamo il cameo nel film La bomba, trattasi di un congedo dal suo pubblico contraddistinto dalla classe e dalla malinconia. Il disincanto e la saggezza del maestro Pezzullo (il personaggio) sono la ciliegina sulla torta di un film riflessivo e a tratti dubbioso che Scola confeziona partendo da un soggetto molto semplice. La cena in una trattoria romana diventa il punto di partenza per raccontare storie di vita a fine millennio, molti personaggi si confessano con le loro attese e i loro fallimenti in una serata in cui scopriranno che cosa tiene insieme realmente le frustrazioni con i sogni. A differenza de La Famiglia Gassman lavora con una malizia trattenuta, dispensando educazione e soggezione ad avventori del locale come al personale di sala. Il film è una sorta di tributo dovuto al grande attore e al cast (di tutto rispetto) che si alterna nel rendere giusto omaggio al maestro. Il ristorante diventa un palcoscenico di quella commedia umana che è una semplice cena e Scola traccia un bilancio della sua produzione provando a rendere una fotografia di maschere che diventano reali ogni giorno. Vittorio Gassman nel ruolo del capocomico con accenni al dramma, in grado di consigliare e di leggere tutte le umanità che gli ruotano intorno.
Il gaucho Dino Risi 1964
Film poco considerato dove Dino Risi riesce ancora a colpire il bersaglio. Vittorio Gassman interpreta un capoufficio stampa che con la sua troupe si reca in Sudamerica per scegliere le location di un nuovo film. Dietro al solito mattatore si snodano attricette e sceneggiatori, più o meno falliti, che contribuiscono a creare quel sottobosco di aspirazioni disattese. Risi regala una carrellata di personaggi e situazioni grottesche e un po’ squallide senza risparmiare lo stesso Gassman che, dietro quella sicurezza ostentata, nasconde i dubbi di un uomo poco sicuro. Sceneggiato da Maccari e Scola il film diverte e commuove con le interpretazioni di Amedeo Nazzari e Nino Manfredi, due personaggi capaci di portare al pubblico quel pizzico di fallimento necessario a ogni storia. Un film che diverte graffiando in cui identificare i sogni e le velleità che vengono a trovare ogni essere umano.