La nona regia di Francesco Nuti è Io amo Andrea, film costosissimo (9,5 miliardi di lire) che incassa appena un miliardo e mezzo al botteghino e a fine sfruttamento supera di poco i quattro miliardi (4,4 per la precisione). Nuti produttore (insieme a Girombelli) non recupera le spese di una commedia garbata e originale, girata in sette settimane tra Milano, Monteriggioni e la campagne romane, che per la prima proiezione pubblica sceglie la provincia di Alessandria, il cinema Cristallo di Aqui Terme, il 13 gennaio del 2000. Francesca Neri riceve una nomination al David di Donatello come miglior attrice protagonista, ma Io amo Andrea non viene molto capito da certa critica, forse perché troppo moderno, molto avanti sui tempi. Grande successo in Sudamerica, soprattutto in Venezuela, al Festival del Cinema Italiano del 2005 (sezione Panorama), con relativa distribuzione capillare.
Francesco Nuti (insieme a Chiti e Casalini) racconta la storia di un veterinario donnaiolo, separato ma amico della ex moglie, che si inserisce per caso in un rapporto tra due donne, diventa amante di Francesca (De La Fontaine), subisce le ire di Andrea (Neri), infine guadagna la sua amicizia, perde la testa per lei e – dopo vicissitudini che non racconto – accetta l’idea di fare un figlio insieme. Il film si apre e si chiude nella piccola chiesa di Monteriggioni, uno stupendo borgo medievale in provincia di Siena, con il battesimo della figlia, in realtà Ginevra Nuti, da poco nata dal rapporto tra Francesco e Annamaria Malipiero. Tutta la storia è un racconto girato come un lungo flashback, ambientato in una Milano notturna e deserta, tra piani sequenze e soggettive, panoramiche e primissimi piani, fotografata benissimo da un Calvesi in gran forma. Nuti regista è superlativo, concepisce un cinema d’autore dai tempi cadenzati e le riprese mai banali, sempre insolite, riprende una Milano caotica di giorno e deserta di notte, persino surreale, inserisce la pioggia come elemento dominante e atmosfere malinconiche che riportano a Stregati. Nuti attore è meno spontaneo del solito, più riflessivo, forse volutamente perché non ambisce a far ridere ma vorrebbe riflettere su una situazione amorosa complessa. Proprio lui che è sempre stato considerato misogino in questo film tira fuori la sua parte femminile e scrive una storia d’amore e d’amicizia dalla parte della donna.
Commentiamo il film citando alcune scene di culto. Esterna giorno in una via affollata di Milano, Nuti fa stare zitti tutti, ferma la sequenza, immortala la sua voglia di riflettere, di concentrarsi, impossibile nel caos quotidiano. Interno casa di Dado; la frase Benvenuto nel mondo dell’Aids scritta nel bagno da Francesca, che fa star male il protagonista per alcuni giorni. Treno in partenza, interno bagno, la povera vecchietta stesa con un gancio destro per farla tacere. Stazione di Milano, Francesca parte, Dado incontra Andrea e mettono in scena una scazzottata epocale con assurde accuse reciproche (frocio! Puttana al contrario! …), che finisce in tribunale. Dado che canta e balla Singing in the rain nella casa allagata, citando la nota commedia musicale nordamericana, poi la danza con Andrea in abito da sera, infine la ginnastica sul tappeto elastico e in sottofondo scorre l’inno nazionale sovietico. Francesca che balla la lape-dance durante una festa al femminile, tra le amiche della ex moglie, è un altro spettacolo da non sottovalutare. Tutta la parte del ballo in maschera nelle campagne romane è puro cinema di Nuti, soprattutto quando durante il gioco del nascondino, con Nuti vestito da Dalmata che vede Topolino e Minnie amoreggiare e li definisce Schifosi. Nuti vestito da gigantesco dalmata, che si aggira per le vie di una città che non comprende, è protagonista anche dell’incidente con il tram e di un dialogo surreale con se stesso in uno struggente preambolo del finale. La decisione di avere un figlio è presa e si concretizzerà dopo il risveglio in ospadale.
Francesco Nuti sceglie sempre attrici affascinanti per i suoi film, qui le presenza femminili sono tutte di alto livello, sia recitativo che estetico, da una Francesca Neri protagonista che fronteggia l’attore – regista in numerosi campi e controcampi, a una Agathe De La Fontaine (fidanzata del noto calciatore francese Titì) mai soltanto comprimaria. L’attrice francese si ricorda per una manciata di film, tra questi un Fantaghirò televisivo, il sequel di Nove settimane e mezzo, soprattutto per un ruolo in Train de vie. Io amo Andrea è il suo ultimo film di un certo rilievo, dopo interpreterà solo Lo scafandro e la farfalla (2007) di Julian Schnabel. Marina Giulia Cavalli e Giulia Weber sono attrici televisive ma dirette da Nuti se la cavano bene anche sul grande schermo. Novello Novelli si vede lo spazio di una sequenza, come tassista a bordo di un mezzo chiamato Che Guevara 33, ma non pronuncia una battuta. Il film ruota sui due protagonisti, molto ben calati nei ruoli, intensi e convincenti, pur con tutte le riserve espresse in precedenza. Un set insolito, dove i protagonisti stanno tutti bene, le cose filano lisce come l’olio, nei ricordi degli attori, anche perché Francesca Neri era incinta e partorisce durante le riprese il figlio Rocco, così come Nuti ha da poco avuto la figlia Ginevra e sembra un uomo felice. I due piccoli neonati vivono il set inconsapevoli, Ginevra persino da protagonista di un finale festoso e sorridente.
La colonna sonora composta da Giovanni Nuti e Riccardo Galardini, tra citazioni classiche e pezzi di blues, realizza una compenetrazione di suggestioni allegre e malinconiche mai stridente. Un valore aggiunto per una commedia garbata, che ben si amalgama con una fotografia cupa e notturna e un montaggio compassato (De Rossi), non sempre consequenziale. La storia è sceneggiata con brio e con garbo, senza punti morti né cadute di stile, per raccontare l’esigenza naturale di vivere uomini con donne e mettere al mondo dei bambini, oltre a narrare i diversi modi di vivere di persone che possono essere amiche e rispettarsi, pur compiendo scelte opposte. Il film è girato con uno stile d’autore compiuto che lascia ben sperare per future prove sempre più interessanti, ma il flop commerciale convince Nuti a tornare su temi meno forti e a personaggi che ricordano il passato. Il suo ultimo film come regista sarà Caruso zero in condotta.
Regia: Francesco Nuti. Soggetto e Sceneggiatura: Carla Giulia Casalini, Ugo Chiti, Francesco Nuti. Fotografia: Maurizio Calvesi. Montaggio: Ugo De Rossi. Musiche: Giovanni Nuti, Riccardo Galardini. Scenografia: Virginia Vianello. Costumi: Enrico Serafini. Produttori: Andrea Girombelli, Francesco Nuti, Massimo Roviglioni. Casa di Produzione: FrancescAndrea (di Girombelli e Nuti), Tele più. Genere: Commedia. Durata: 121’ (metri 3.300). Visto censura n. 94141 del 13/01/2020. Location: Milano (Corso Como, Stazione Centrale, Zona Garibaldi); Monteriggioni (SI) – Chiesa di Santa Maria Assunta; campagna romana (festa in maschera). Titoli esteri: I love Andrea (anglofoni), Yo amo a Andrea (Sudamerica, vietato ai minori di anni 13), Entre dos amores (Spagna), Szeretem Andréat (Ungheria), Aš Myliu Andrea (Lituania). Distribuzione Italia e Home Video: Universal Pictures. Vendite Internazionali: Intramovies. Interpreti: Francesco Nuti (Dado Valente, veterinario), Francesca Neri (Andrea Ludovisi), Agathe De La Fontaine (Francesca), Marina Giulia Cavalli (Rossana Bignardi), Ginevra Nuti (neonata), Giulia Weber (Stefania), Simona Caparrini (Irene), Francesca De Rose (Giovanna), Giorgio Palombi (bimbo), Novello Novelli (tassista), Pinuccia Alfieri (signora del treno), Andrea Miccichè (sacerdote), Giorgio Assumma.