Come ho confessato al Direttore di questo magazine, Angelo Barraco, mi piace rivelare pezzi della mia vita, se riesco a contestualizzare quanto scrivo con quello che effettivamente può interessare i lettori del “Salto della Quaglia” che sono molto esigenti. E così oggi provo a riprendere le fila di un discorso interrotto nel 2014 proprio all’Isola d’Elba, dove l’allora vice sindaco e assessore alla Cultura, Lucia Soppelsa, aveva avuto, insieme al Sindaco, all’amministrazione comunale di Campo nell’Elba e il Centro Studi Napoleonici, il coraggio di ospitare un momento di confronto sull’Imperato e Generale, che è stato anche un grande Comunicatore e Giornalista. Vi confesso che fin da bambino sono appassionato delle gesta di Napoleone e la challenge (la sfida) che provammo a proporre quel 24 aprile del 2014 fu di pensare il grande Napoleone alle prese con i social network partendo proprio dalla sua esperienza in ambito comunicativo.
Gli storici scrivono di Napoleone in maniera controversa come despota, tiranno, traditore degli ideali della rivoluzione o benefattore degli oppressi, il guerriero romantico che esporta libertà , uguaglianze e fratellanza ma in pochi lo hanno studiato come comunicatore o giornalista. La frase dell’Imperatore Temo tre giornali più di centomila baionette è significativa per comprendere l’attenzione per la visibilità, la credibilità e la reputazione, che Napoleone ha sempre avuto.
Certo è un paradosso pensare Napoleone alle prese con Facebook. E’ come chi in una pubblicità ha ipotizzato che Ghandi avrebbe comunicato meglio con internet. Rimane la sua grande capacità comunicativa ben tracciata in due libri da leggere scritti anni fa da Roberto Race e di Rocco Tancredi.
”Napoleone – ha scritto Race nel suo lavoro – comunica precorrendo mode, idee, vezzi, tendenze. Creatore del merchandising, ispiratore di interazione bellica simili alla moderna comunicazione integrata aziendale, fondatore e censore e controllore di organi di stampa, inventore delle moderne veline attraverso i suoi compiacenti e compiaciuti bollettini militari. La sua N e l’aquila imperiale, stemma dell’esercito, lo consacrano anche come ispiratore dei moderni brand”.
Ma l’Imperatore era anche un giornalista come stigmatizza nel suo lavoro Tancredi: “Napoleone Bonaparte era un giornalista “a modo suo”. Fu il primo uomo di governo a comprendere l’importanza dei mezzi di comunicazione, ma li usava in pratica come megafoni per la propaganda.
Fondava giornali per amplificare l’eco delle sue imprese militari e dei suoi successi politici. Interveniva d’autorità per censurare quelli più autonomi e indipendenti, per ridurre al silenzio direttori e redazioni. Nel periodo della Rivoluzione francese, si vive quel crogiuolo di libertà e democrazia che segna l’inizio di una nuova stagione storica per la stessa libertà d’informazione: non a caso fra il 14 luglio della Bastiglia e la fine del 1799, in Francia circolavano circa duemila pubblicazioni, destinate poi a ridursi o a scomparire negli anni del Terrore”.
La famosa ode che Alessandro Manzoni gli dedicò “Il cinque maggio”, scritta tra il 18 e il 20 luglio quando quello che diventò poi Senatore del Regno d’Italia scoprì che l’Imperatore era morto sull’Isola di Sant’Elena, dove era stato esiliato, il 5 maggio del 1821.
Come ha ricordato lo scrittore Rocco Tancredi: “questo personaggio (che risulta il più famoso al mondo, dopo Gesù Cristo), con riferimenti a quello che aveva realizzato durante il suo impero (oltre alle campagne militari, vinte e perse, anche l’istituzione della Banca di Francia, della Corte dei Conti, delle Grandi scuole; e poi i Codici, la riforma dello Stato, ecc.).
Ma egli fu anche giornalista, a modo suo certamente, che piegò la stampa a suo uso e consumo per rafforzare il suo potere. Fondò giornali, correggeva le bozze, redarguiva direttori e redattori. I suoi articoli (les Bulletins) dovevano, secondo Alfred de Vigny, essere letti: dai sindaci in piazza dopo aver convocato i suoi concittadini, dai preti in chiesa durante l’omelia, e dai professori al liceo”.
Ci piace ricordare, proprio grazie a Rocco Tancredi il pensiero di Napoleone, giusto per fare un esempio: “questo sgradevole giornale sembra volersi rotolare solo nel sangue. E’ da otto giorni che ci intrattiene solo sulla Saint Barthélemy. Chi è il redattore di questio giornale? Con quale gioia questo miserabile si gode i crimini e le disgrazie dei nostri padre! E’ mia intenzione porvi un limite. Fate sostituire il direttore di questo giornale o eliminatelo e, ad ogni costo, vietate che si usi questo stile di disgusto”.
Non sono tanti a conoscere questa ulteriore sensibilità dell’Imperatore e Generale verso il giornalismo e la comunicazione. Napoleone era capace di motivare soldati stanchi e delusi, ma anche di organizzare tutto nei minimi particolari anche le feste da ballo, predisponendo anche musiche da utilizzare o balli da garantire. L’imperatore ha saputo coniugare strategia comunicativa e sensibilità giornalistica riuscendo a imbastire tecniche di self marketing capaci di precorrere i tempi. Basta rileggerlo Napoleone per provare ad interpretarlo: “Noi siamo fatti per dirigere l’opinione pubblica e non per discuterla”. A che serve aggiungere altro….