Ursus il terrore dei Kirghisi (1964) è un film mitologico con diversi elementi horror e una bella atmosfera fantastica. Per questo ne parliamo in questa sede. Si tratta di un lavoro a mezzo tra Ruggero Deodato e Antonio Margheriti, pure se viene accreditato a quest’ultimo. In realtà sembra che venga girato solo da Deodato sotto la supervisione di Margheriti. “Non è un film mio – afferma il maestro scomparso – io l’ho soltanto terminato e non l’ho mai visto. Lo ha diretto tutto il mio assistente e io non dovevo che girare qualche piccola sequenza”. Margheriti nello stesso periodo è impegnato con Il crollo di Roma e non ha tempo per fare due cose insieme. Per questo passa Ursus a Deodato che lo dirige quasi completamente. Margheriti si limita a dargli una mano sul set e poi firma la pellicola per esigenze di produzione. Il suo è un nome già noto negli Stati Uniti e con una firma importante è più facile vendere il film. La parte finale è opera di Margheriti che interviene per velocizzare la consegna del prodotto nei tempi imposti. La pellicola si può ascrivere a pieno titolo al filone peplum.
Ursus il terrore dei Kirghisi è il settimo film di Ursus, al quale ne seguiranno altri due nel 1965. La serie aveva presso il via con una coproduzione italo-spagnola nel 1960 proprio con la pellicola Ursus. Purtroppo i film di Ursus nascono già perdenti e con il destino segnato dalla grande popolarità di Maciste ed Ercole. Non riescono mai a decollare, frenati da una fredda accoglienza da parte del pubblico più intellettuale (che preferisce Ercole) e anche da quello di bocca buona (che fa il tifo per Maciste). L’Ursus del veterano Carlo Campogalliani (che annoverava nel cast Ed Fury, una giovanissima Moira Orfei e il bravo Mario Scaccia) è un personaggio preso da Quo Vadis?, un eroe mitologico che forse a causa delle sue discendenze troppo letterarie non avrà grande successo popolare e non accenderà la fantasia dei giovani. Il film si ricorda soprattutto per la scenografia stravagante e per gli avvenimenti onirici e stupefacenti che si susseguono. Meno indimenticabili gli altri: La vendetta di Ursus (1961) di Luigi Capuano, Ursus e laragazza tartara (1961) di Remigio Del Grosso, Ursus nella valledei leoni (1962) di Ludovico Bragaglia di cui abbiamo già parlato, Ursus gladiatore ribelle (1962) di Domenico Paolella, Ursus nellaterra del fuoco (1963) di Giorgio Simonelli.
Ursus ilterrore dei Kirghisi di Anthony M. Dawson (così recita la locandina) e Ruggero Deodato giunge nel 1964 ed è interpretato da un cast di attori pressoché sconosciuti: Reg Park, Ettore Manni (anche produttore della pellicola), Mireille Granelli, Furio Meniconi, Lilly Mantovani e Maria Teresa Orsini. La fotografia è di Gabor Pogany e la distribuzione niente meno che della Titanus.
Non vi fidatedel Mereghetti per quel che concerne la trama perché prende una cantonata quando dice che Ursus (Reg Park) è accusato di essere un mostro spietato che compie stragi notturne mentre il vero colpevole è la regina Aniko (Mireille Granelli) che si trasforma in belva grazie a un filtro magico. Qualcosa di vero c’è ma il film è un tantino più complesso. Ursus è innamorato di una donna che crede Aniko, la regina dei Kirghisi, ma viene raggirato da una strega che ha preso il posto della vera Aniko (l’umile Kato, interpretata da un’affascinante Maria Teresa Orsini). La strega possiede un filtro magico che fa bere con l’inganno prima a Ursus e poi a suo fratello trasformandoli in una belva sanguinaria che tutti chiamano l’Avvoltoio. La storia pare una rivisitazione de Lo strano caso del dottor Jekyll e mister Hyde, però qui il filtro che trasforma i buoni in cattivi non viene assunto consapevolmente ma con l’inganno della strega. Si tratta di un film storico sbilanciato sul lato fantastico ed è proprio questa la parte da salvare di una pellicola legata al gusto dell’epoca. Una bella atmosfera horror pervade le scene che vedono all’opera l’Avvoltoio. Il mostro indossa un grande mantello nero che lo mimetizza nel buio della notte, ha le braccia e il petto pelosi e un volto orribile, trasfigurato, quasi da licantropo. L’importanza di questa pellicola sta proprio nel tentativo di contaminare il peplum con l’horror, come aveva fatto Bava in Ercole al centro della terra (1961) che avrebbe dovuto chiamarsi Ercole contro i vampiri. In comune con il film di Bava c’è anche un ottimo Reg Park nella parte dell’eroe forzuto. La pellicola è caratterizzata dalla solita lotta tra il buono (Ursus) e il cattivo (Zereteli, il capo dei Kirghisi interpretato da un buon Furio Meniconi), che si affrontano in un corpo a corpo finale dopo molte scene tipiche del cinema avventuroso. Non mancano galoppate, uccisioni, combattimenti con spade e all’arma bianca, villaggi che prendono fuoco. Le scene di battaglia sono curate e ricche di comparse, i costumi sono ben realizzati e la scenografia è suggestiva. La recitazione è sempre all’altezza. Molte le scene girate di notte con una fotografia buia e cupa. Il finale è un crescendo di tensione e di emozioni, con la strega che trasforma ancora una volta Ursus nell’Avvoltoio e lo manda a uccidere Kato. La strega voleva un automa da comandare, un essere perverso dotato della forza di Ursus, ma del tutto in balia dei suoi poteri. Il fratello di Ursus risolve la situazione e scopre l’inganno spingendo la strega al suicidio. Alla morte della perfida donna il liquido stregato viene versato sul pavimento e tutto torna alla normalità. Ursus si ritrova tra le braccia la bella Kato e adesso sa che è lei la vera Aniko e invece di ucciderla la bacia. Spettacolare, da un punto di vista scenografico e degli effetti speciali, la sequenza della diga aperta da Ursus che spinge il fiume verso le fiamme salvando il villaggio. Un fantahorror dai contenuti storico-mitologici che si gusta con piacere ancora oggi, a distanza di quasi quarant’anni. Dopo questo film la serie di Ursus decade e va a esaurire con Gli invincibili Tre (1965) di Gianfranco Parolini ed Ercole, Sansone, Maciste ed Ursus gli invincibili (1965) di Giorgio Capitani. Due pellicole mal girate e peggio distribuite che affossarono le gesta dell’eroe invincibile.