Nella vita è essenziale prendere una posizione. Dalla dimensione sociale a quella lavorativa decidere di privilegiare la qualità è un desiderio comune che spesso rimane solo un sogno, qualche volta diventa realtà . Ferdinando Baldi è nato a Cava dei Tirreni e la sua formazione si è da subito diretta verso il campo umanistico. Diventare uomini nel primo dopoguerra è stato difficile ma, essendo passato il peggio, l’avvenire risultava a portata di mano. La vita di Baldi è a tappe, quasi tutte raggiunte e diventare professore di greco e latino è stato il primo traguardo che il futuro regista è riuscito a conquistare. La condizione d’insegnante in un liceo classico potrebbe, di per sé, essere sufficiente per ripagare la creatività umana e lo sarebbe stato anche per il professor Baldi se non avesse avuto l’incontro di una vita. I
l produttore Tiziano Longo era un grande appassionato della settima arte con la tendenza alla ricerca di talenti in grado di proporre soggetti eterogenei ma di carattere intimista. In quel momento il professore scriveva storie, per puro diletto, che avrebbero potuto adattarsi a una trasposizione. Dopo aver letto alcune pagine Longo, decise di scommettere su Baldi proponendogli la regia del suo primo film “il prezzo dell’onore”. Dal 1953, data del suo esordio, il regista Cavese ha attraversato quasi tutti i generi cinematografici dimostrando uno stile personalissimo che l’ha accompagnato durate tutta la sua carriera. Siano western, musicarelli , peplum o action i film di Baldi si riconoscono per la cura dei personaggi e per la passione nel raccontare storie adattabili a diverse fasce di pubblico. Si racconta che una volta saputo quanto i registi italiani di serie A usassero fare un film ogni due o tre anni Baldi decise di dedicarsi fieramente al cinema di genere per assoluto amore verso la professione.
La passione ha portato questo filmmaker a diventare uno stimato professionista tanto da essere scelto più volte per dirigere star del calibro di Alan Ladd e Ben Gazzara , oltre ad aver avuto il privilegio di dirigere Orson Welles ben due volte. Il professore con i suoi modi educati e la sua padronanza del mezzo riusciva a massimizzare quello che aveva a disposizione garantendo un risultato di tutto rispetto. Viene da chiedersi come sarebbe andata se i budget fossero stati più cospicui e i tempi maturi per i film indipendenti, certo è che un professionista del cinema italiano come Ferdinando Baldi merita il plauso e l’ammirazione di ogni estimatore.
Preparati la bara 1968
Django desidera una vita tranquilla in compagnia della moglie e per questo è disposto a rinunciare alle lusinghe di un criminale in odore di nomina politica. Purtroppo per il candidato governatore i suoi scagnozzi uccidono la moglie del protagonista durante una rapina. Creduto morto Django si reinventerà come boia preparando la sua vendetta. Prequel del Django di Corbucci è un western crudo di stampo intimista. Protagonista del film è Terence Hill (Franco Nero rifiutò la parte) perfettamente in grado di interpretare un uomo tenuto in vita solo dall’odio. Il genere western è quello che Baldi preferiva e si vede. Dopo un prologo che lascia qualche dubbio la vicenda, diventa un classico racconto di vendetta con intuizioni che funzionano perfettamente. L’idea di trasformare Django in un boia per permettergli di mettere insieme un esercito privato è notevole e ben sviluppata fino a una resa dei conti di stile classico. La regia di Baldi è precisa e attenta a tenere alti gli stilemi della frontiera attraverso un’onnipresente tensione narrativa. Un esempio di come la poliedricità del regista gli permetteva di acquisire i generi adattandoli a soggetti canonici e innovativi allo stesso tempo.
Amarti è il mio destino 1957
Anna e Roberto sono amici d’infanzia, i due ragazzi sebbene molto legati, scopriranno presto quello che la vita ha in serbo per loro. Mentre la prima sarà costretta a un matrimonio di convenienza , Roberto farà carriera come cantante. Dopo anni di lontananza per i due arriverà il momento della riconciliazione. In questo film sentimentale di fine anni cinquanta si sviluppano i temi dell’amore e delle convenzioni sociali. L’Italia del dopoguerra era ancora un paese dove le tradizioni volevano un solco tracciato nella vita di chiunque e qualsiasi sentimento non istituzionale veniva estirpato con ogni mezzo. Ferdinando Baldi dirige con occhio attento questo dramma che a tratti richiama il cinema di Raffaello Matarazzo avvalendosi di una vicenda comune a molte in quel periodo storico. L’umanizzazione dei protagonisti è ancora di un cinema classico, dove il fotoromanzo e la censura dettavano le linee guida. Il talento di un ottimo mestierante si vede nel risultato finale ottimamente in linea con quanto richiesto. Il melodramma, oggi desueto, è stato per anni la cartina formativa di molte persone, non solo signore, dove poter osservare quanto aspettarsi dalla vita in chiave sociale. Amarti è il mio destino è un buon prodotto che lascia una punta di speranza ai sentimenti e intrattiene il pubblico con una caratterizzazione classica delle famiglie formatesi nei primi anni del novecento.
Nove ospiti per un delitto 1977
In una villa si ritrovano nove persone per passare qualche giorno di vacanza. Il gruppo, inizialmente amichevole, dovrà fare i conti con sopiti odi reciproci e relazioni adulterine. La sparizione di una donna farà precipitare la situazione. Un assassino si nasconde tra i presenti con l’intenzione di uccidere ancora. Gli anni settanta hanno visto, grazie a registi come Dario Argento e Antonio Bido, un’affermazione del giallo all’italiana, questo film entra nell’insieme dei rappresentanti. Ferdinando Baldi, riesce ad adattare la sua regia al genere creando una vicenda che trae ispirazione dai lavori di Agatha Christie con accenni di soprannaturale e un pizzico di erotismo. Il film è un tentativo godibile di attualizzare il giallo classico con inserti più consoni al periodo storico. Nonostante non si possa parlare di un capolavoro in Nove ospiti per un delitto, sono presenti tutte le caratteristiche del genere compreso un colpo di scena finale perfettamente funzionante. L’eclettismo di Baldi si dimostra nel variare tra le storie mantenendo un filo conduttore di regia sussurrata e di ritmo avvincente.
I Tartari 1961
Nella Russia del medioevo i dissapori tra Tartari e Vichinghi fanno da padrone. Le principesse dei due schieramenti sono in mano una alla fazione opposta per mantenere una sorta di apertura. Una delle due ragazze viene violentata dal capo dei Mongoli e si suicida per la vergona. Il tentativo di pareggiare i conti è impossibile perché l’altra principessa si è innamorata del capo normanno, non resterà che vivere la battaglia. I Tartari è uno dei due film di Baldi con la presenza nel cast di Orson Welles. Il regista confeziona un film storico di buona fattura usando un occhio di riguardo verso il pubblico. Ritmo e azione garantiti e impreziositi da Welles che a proposito del film ebbe a dire “Io sono un pendolare. Vado dove c’è del lavoro, come un raccoglitore di frutta. Un sorriso d’incoraggiamento e una proposta e arrivo subito, col primo aereo”. I Tartari rappresenta l’esempio di come è possibile far fronte ai problemi economici nella realizzazione di un film attraverso la creatività , operazione nella quale Ferdinando Baldi era maestro. Nelle parole di Welles è evidente l’apprezzamento verso un cinema indipendente ma dotato di una libertà nella lavorazione che il regista di Citizen Kane ha sempre cercato di conservare.
La ragazza del vagone letto 1979
Mentre tre delinquenti si scatenano sui passeggeri di un treno, un gruppo di personaggi eterogeneo assiste alle nefandezze senza opporre resistenza. Dopo aver seminato il panico nelle carrozze, il personaggio più improponibile organizzerà una rivolta verso i violenti. Film molto più conosciuto negli Stati Uniti che in Italia , La ragazza del vagone letto si inserisce nel filone rape e revange, variante del cinema horror molto famosa ancora oggi. La particolarità della vicenda sta nella costruzione delle diverse anime dei protagonisti, tutti privi di una bontà assoluta. Individui, in alcuni casi, molto blasonati che rimangono attoniti o si dimostrano capaci di nefandezze simili a quelle dei delinquenti. Il regista adatta la sua ricerca psicologica a un genere come L’horror che vide un periodo di grande auge durante gli anni 80. Molto interessante è il coraggio di portare all’estremo i gesti in una situazione di pericolo mostrando quanto la perversione sia di casa anche nelle anime rispettabili. Una chicca per gli amanti del genere che ha avuto il merito di anticipare la tendenza ad amplificare la paura fino a trasformarla in un feticcio attraverso il quale esorcizzare ogni idea di pericolo.