Walter Chiari e Lelio Luttazzi

Articolo di Gordiano Lupi

Nel 1977 la Corte di Appello di Roma pone fine ai guai di Walter Chiari coinvolto in una serie di accuse che hanno a che fare con il mondo della droga. L’attore viene assolto dall’accusa di detenzione per uso personale di sostanze stupefacenti, con una sentenza che viene emessa dopo ben tre ore di camera di consiglio.

Tutto parte da un’inchiesta della guardia di finanza che segue le mosse della banda di Guido Malmignati, un noto spacciatore che ha fatto perdere le sue tracce. C’è chi pensa che il bandito sia stato addirittura ucciso dopo un regolamento di conti tra bande rivali che si contendono il mercato dello spaccio di droga. Una serie di intercettazioni telefoniche portano la guardia di finanza a indagare sui tre nomi eccellenti del mondo dello spettacolo. Il caso coinvolge Luttazzi, Chiari e Califano e mette a rumore il mondo dello spettacolo per la notorietà dei personaggi. Walter Chiari viene arrestato nel 1970  insieme al compositore e conduttore Lelio Luttazzi con l’accusa di uso e spaccio di stupefacenti. Il secondo rivendica subito una totale estraneità alla storia, sono solo intercettazioni a incastrarlo, ma la cosa resta poco chiara. In ogni caso Luttazzi ne esce pulito e scrive un libro dove racconta la sua triste esperienza a contatto con il carcere. Lelio Luttazzi passa quaranta giorni di carcere in una cella di isolamento per poi venire scarcerato con le scuse degli inquirenti. Luttazzi perde comunque la conduzione della popolare trasmissione radio Hit Parade e subisce un danno di immagine enorme che nessuno gli risarcisce. Walter Chiari invece viene condannato nella primavera del 1972, in primo grado, a due anni e un mese di reclusione e deve scontare ben cento giorni di galera (1).

Walter Chiari (1924 – 1991), il cui vero cognome è Annichiarico, nasce come attore di rivista e avanspettacolo, ma è noto al grande pubblico per le apparizioni televisive in gustosi monologhi intrisi di comicità surreale. La sua vena umoristica è sorretta da una grande mimica facciale che ne fa un attore completo che può passare da parti drammatiche e intense a ruoli comico – brillanti. Il cinema degli anni Cinquanta e Sessanta sfrutta molto Walter Chiari che lavora a pellicole di una certa importanza e con registi di rango. Tra i suoi film citiamo Bellissima di Luchino Visconti (1951), ma soprattutto La rimpatriata di Damiano Damiani (1963) dove interpreta un personaggio indimenticabile di quarantenne anticonformista consapevole del proprio fallimento. Altri film interessanti di Walter Chiari sono Il giovedì di Dino Risi (1963), Io, io, io… e gli altri di Alessandro Blasetti (1965) e l’ottimo Falstaff di Orson Welles (1966), dove lui tratteggia il personaggio di Silenzio. Prima della sua morte interpreta anche Romanzo di Massimo Mazzucco (1986) e Capitan Cosmo di Carlo Carlei (1991). Walter Chiari fa molta televisione e secondo Aldo Grasso “è un perfetto soggetto televisivo, capace di invenzioni improvvise e straordinaria duttilità, pure se di tanto in tanto sbaglia lo sguardo in macchina e non si accorge del cambio di inquadratura” (2). Per la televisione ricordiamo Chiari nel varietà inchiesta La via del successo (1958) che ripropone al pubblico molti numeri collaudati tratti dalle sue riviste. La macchietta del sarchiapone, con Campanini ottima spalla, resta nella storia e non c’è comico che ancora oggi non provi a cimentarsi nella popolare scenetta. Chiari si impone al pubblico rispolverando i personaggi da palcoscenico della belva di Chicago, del bullo di Gallarate ed è indimenticabile quando interpreta l’ubriaco milanese. Walter Chiari partecipa a Canzonissima (1958), fa Il teatrino di Walter Chiari (1959), Studio Uno (1961), Alta pressione (1962), La prova del nove (1965), L’appuntamento (1973), in coppia con la Vanoni, Fantastico 2 (1982 – 83) e TV Story (1984) con Isabella Biagini.

Walter Chiari lascia il carcere di Regina Coeli dopo novantotto giorni di detenzione e concede una lunga intervista a Sandro Ottolenghi de L’Europeo, nella quale racconta le tappe salienti della clamorosa inchiesta giudiziaria (3). Chiari è distrutto dall’esperienza detentiva e grida tutta la sua rabbia per come è stato trattato e per come non ha potuto difendersi. Soprattutto parla per gli altri, per chi è dentro ingiustamente e non ha le sue possibilità, gli avvocati che lo difendono, la stampa che fa clamore sul suo caso. Per la gente che sta in galera per mesi in attesa di un giudizio che non arriva mai, solo interrogatori sbrigativi in una cella. Chiari sconta ventinove giorni in cella di isolamento per non inquinare le prove, un posto di un metro e sessanta per due, senza una finestra, ma solo una feritoia sul soffitto.  Walter Chiari è consapevole di essere stato trattato come un esempio vivente, vede uscire di galera gente con imputazioni più gravi, più scottanti, più provate. Secondo lui la giustizia ragiona così: “State attenti, perché abbiamo preso Chiari, non guardiamo in faccia a nessuno” (4). Tutto questo per poi giungere alla dichiarazione del giudice istruttore Renato Squillante che annuncia la libertà provvisoria: “Walter Chiari non ha nulla a che vedere col traffico di stupefacenti. Per essere ancora più espliciti non c’entra proprio, non ha mai trafficato in cocaina” (5). La Procura della Repubblica non si oppone alla libertà provvisoria e chiarisce che “il fatto a lui addebitato di detenzione di stupefacenti per uso proprio costituisce un episodio marginale rispetto alla più grave imputazione di spaccio di cocaina” (6). Walter Chiari si sfoga con il giornalista e dichiara la sua innocenza come spacciatore: “Non si arriva come fecero a casa mia con quattro auto, agenti in borghese, pistole, manette. Certo, può essere anche affascinante, per qualcuno, mettere le mani su Walter Chiari, riuscire a dimostrare che Chiari e Luttazzi sono pericolosi delinquenti, vergogna della società. Ma non è giusto. In macchina, la sera dell’arresto, facevo le peggio illazioni, pensavo che siamo sotto elezioni e che stavamo per firmare per Canzonissima. Il tenente in auto mi consiglia di confessare di aver avuto un grammo di cocaina e io seguo il consiglio, convinto che mi lasceranno libero. Dico di aver visto della roba bianca in una bustina, di averla assaggiata e sputata perché era amara. Il mattino dopo ritiro tutto e sono pentito amaramente di quella leggerezza. Il giudice che mi interrogava però parla di chili di droga e mi accusa di averla venduta, di essere uno spacciatore. Per fortuna che poi i personaggi coinvolti nella faccenda hanno dichiarato di non conoscere né me né Luttazzi” (7).

La piena riabilitazione di Walter Chiari avviene solo nel 1977, grazie alla sentenza definitiva della Corte di Appello che cancella la condanna del 1972 per accogliere la tesi difensiva. Il fatto commesso da Chiari – secondo le nuove leggi – non costituisce reato, perché giustamente consumatori e spacciatori non vengono più accomunati sotto un’identica responsabilità. Viene accertato che Walter Chiari deteneva stupefacenti solo per suo personale e quindi non ha commesso nessun reato penalmente sanzionabile. La stessa sentenza di assoluzione riguarda anche Franco Califano, che pure lui però sconta qualche mese di carcere. La sentenza della Corte di Appello pare molto equilibrata perché distingue tra due colpe di grado diverso e non mette sullo stesso piano consumatore e spacciatore.

Note

(1) Tutto Cinema – I grandi libri del cinema – storia completa del cinema mondiale – Compagnia Generale per le attività Redazionali e Promozionali – p. 549 – Rizzoli, 1977 

(2) A. Grasso – Enciclopedia della televisione – Garzanti, 2004

(3) “Walter Chiari accusa – intervista rilasciata a Sandro Ottolenghi – da “L’Europeo” del 20 dicembre 1970

(4) Intervista citata

(5) Intervista citata

(6) Intervista citata

(7) Intervista citata

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