Doppio misto non è certo un film irrinunciabile della cinematografia italiana, non è neppure uno dei film di Sergio Martino che vanno visti per conoscere meglio un autore interessante, capace di spaziare tra i vari generi. Doppio misto non è neanche cinema puro, perché è un film per la televisione e non è il miglior film interpretato dalla coppia comica Gigi Sammarchi – Andrea Roncato. Tutt’altro. Doppio misto è una dimenticabile pochade che ricicla il già detto e il già visto, accenna ai topoi della commedia sexy, fa rigirare nella bara Feydeau per il grado di semplicismo con cui tratta la materia e finisce in inevitabile bagarre, come da tradizione, con doppio finale sul campo da tennis per dare un senso al titolo. Tutta la storia è girata con ritmi televisivi e scorre come una serie di flashback narrati dai protagonisti, intenti a giocare un doppio misto sul campo da tennis. In pratica Andrea è sposato con Moana ma vorrebbe farsi Tinì, che è sposata con Ciardo ma vorrebbe andare con Andrea. In realtà pure Tinì è interessata al tradimento e vorrebbe andare a letto con il vecchio compagno di liceo. Tutti e quattro i protagonisti hanno frequentato il liceo Manara di Bari, adesso sono a Roma dove Gigi prova a combinare i loro incontri in una casa che dovrebbe affittare, di proprietà di un avido e moralista colonnello (Spaccesi). Tra i litiganti gode solo Gigi, che affitta la casa e si porta a letto le due donne, per un malinteso. Finale in bagarre con il colonnello che prende tutti a schioppettate e caccia gli intrusi dalla casa, nonostante l’esoso affitto, in parte riscosso sottobanco. Si torna sul campo da tennis dove le due donne, deluse da mariti e amanti, si dedicano a due veri maestri del doppio e lasciano ai compagni il compito di lanciare le palle.
Il film è girato quasi tutto in interni, in una casa spoglia che ricorda il set di Ultimo tango a Parigi (che a un certo punto Moana cita in una battuta), vive su continui malintesi, scambi di camere, incredibili qui pro quo, volgarissimi giochi di parole, citazioni della commedia sexy (docce nude, attrici spiate dal buco della serratura …). La comicità è ai minimi termini, così come la sceneggiatura è così prevedibile che si intuisce sempre la sequenza successiva. Vediamo di trovare alcuni motivi d’interesse, allora. Prima di tutto è il primo film televisivo di Sergio Martino, regista votato al cinema con un fratello produttore (Luciano), che deve fare i conti con la crisi delle sale e con l’avvento dell’Home Video. Per Gigi e Andrea, invece, è la conferma di un sodalizio che va molto bene in TV ma che anche al cinema – proprio con Martino – aveva messo a segno due pellicole memorabili (nel campo del trash, ovvio) come Acapulco prima spiaggia a sinistra (1983) e Mezzo destro e mezzo sinistro – due calciatori senza pallone (1985). Andrea Roncato farà ancora molto cinema, fino a raggiungere interpretazioni nel cinema d’autore con Pupi Avati (Il Signor Diavolo); Gigi Sammarchi molto meno, dopo questa interpretazione solo un po’ di televisione non memorabile e altri film insieme al collega Andrea (Tango blu, Rimini Rimini, I pompieri). Giani Ciardo, invece, è la quintessenza della comicità inutile, uno dei peggiori attori degli anni Ottanta, forse il più adatto a seppellire definitivamente la commedia sexy. Un motivo di indubbio interesse è la presenza di Moana Pozzi, in una delle sue ultime interpretazioni prima di finire nel mondo dell’hard e diventarne l’indiscussa regina. Aveva già fatto Valentina ragazza in calore (1981) di Raniero Di Giovanbattista, ma sotto pseudonimo (Linda Heveret), sembrava un’apparizione sporadica, mentre il cinema porno vero e proprio comincerà a frequentarlo con Fantastica Moana (1987), prodotto da Riccardo Schicchi. Tra l’altro il suo ruolo è piuttosto importante e non se la cava male, confrontata con la collega Tinì Cansino, nei panni della solita sciroccata americana, personaggio lanciato dal Drive In televisivo di Italia 1. Ricordiamo la Cansino soprattutto per Arrapaho (1984) di Ciro Ippolito – con gli Squallor – e per Delizia (1987) di Joe D’Amato, ma questa in Doppio misto è una delle sue prove peggiori, anche se adesso si è superata con il serial Uomini e donne. Tinì Cansino è il nome d’arte dell’attrice greca Photina Lappa, nata in un paesino nei presi di Atene nel 1959, anche se lei gioca per anni su presunti natali statunitensi. Alcune fonti la danno nata a Lecce – si veda 99 Donne di Davide Pulici e Manlio Gomarasca – ma è Cosmo de La Fuente – cantante venezuelano molto amico dell’attrice – a confermare le origini greche. Studia danza classica, debutta in televisione nel sexy show Playgirl, insieme a Minnie Minoprio, dove esibisce la sua prorompente bellezza. Tinì diventa famosa nel 1983 per la partecipazione come ragazza fast food nel programma più seguito dai giovani, quel Drive in di Antonio Ricci che va in onda ogni domenica su Italia 1 – dal 1983 al 1988 – per la regia di Giancarlo Nicotra. La fortuna della showgirl è l’incontro con il manager Alberto Tarallo, che le suggerisce il nome d’arte di Tinì Cansino per sfruttare la somiglianza con Rita Hayworth, il cui vero cognome era Cansino. Il manager fa di meglio, s’inventa una finta parentela con l’attrice americana, sulla quale la showgirl vive di rendita per anni, al punto che in molti pensano di trovarsi di fronte la nipote della Hayworth. La somiglianza con l’attrice statunitense sta nella fluente chioma rossa e in un buffo accento americano inventato da registi e produttori. L’attrice vanta una serie di relazioni con vip del mondo dello spettacolo: Warren Beatty, Vasco Rossi, Kashoggi jr. e Saverio Vallone, non sappiamo quanto reali. La parentela con Rita Hayworth infine viene smentita, Tinì scrive una sorta di biografia – confessione per il periodico Blitz dove ammette che il secondo marito di sua madre (Peter Cansino) è il nipote della Hayworth, ma pure questa notizia va presa con beneficio d’inventario.
Doppio misto è un film da vedere solo per motivi storici e per completezza di visione nel quadro della decadenza cinematografica anni Ottanta. Utile anche per ricordare la bellezza di Moana Pozzi, che avrebbe potuto frequentare i set del vero cinema.
Regia: Sergio Martino. Soggetto: Alberto Silvestri. Sceneggiatura: Giorgio Mariuzzo, Sergio Martino, Maria Perrone Capano. Fotografia: Giancarlo Ferrando. Montaggio: Eugenio Alabiso. Musiche: Augusto Martelli. Scenografia e Costumi: Oscar Capponi. Produttore: Luciano Martino. Paese: Italia, 1985. Genere; Commedia. Formato: Film TV. Durata: 87’. Interpreti: Gigi Sammarchi (Gigi), Andrea Roncato (Andrea Bonfanti), Moana Pozzi (Virginia Bonfanti), Gianni Ciardo (Gianni Celletti), Tinì Cansino (Teresas de Bellis Celletti), Clara Colosimo (madre di Virginia), Pietro Zardini (padre di Virginia), Loredana Romito (fioraia), Silvio Spaccesi (colonnello Collo), Valerio Isidori (portiere), Marco Fiorenza, Sergio Silveri, Calogero Azzaretto (Savino). Prima Visione TV: Italia 1, 5 dicembre 1985.