Incendi boschivi: l’uomo riesce a difendere se stesso, ma non sa difendere la natura

Articolo di Antonino Schiera

Il titolo di questo mio articolo è provocatorio e non si discosta molto da una realtà acclarata e consolidata. Ogni anno migliaia di ettari di bosco e sottobosco, oltre che campi coltivati, sterpaglie e rifiuti di ogni genere vanno in fumo a causa delle azioni perverse e criminali di piromani, che sfruttano il clima torrido dell’estate per agire, certi di sortire un effetto devastante. A soffrirne e impoverirsi sono gli habitat naturali all’interno dei quali vivono gli animali selvatici e attecchisce la flora anch’essa selvatica.

L’uomo come sempre quando si tratta di questioni legate al nostro pianeta, ricopre un ruolo fondamentale anche nell’ormai incancrenito problema degli incendi boschivi. Intanto spesso si tratta di incendi dolosi appiccati da criminali, che hanno diversi scopi per agire in tal senso: vendette personali, follia criminale, far assumere maggiore personale per le opere di rimboschimento, obbligare gli enti preposti a pagare enormi cifre per lo spegnimento degli incendi. Dall’altra parte della barricata vanno considerati gli enti pubblici e i cittadini onesti e di buona volontà che invece difendono i territori e combattono gli incendi.

La domanda a questo punto è: gli enti pubblici come attuano questa difesa? Bene, male? In maniera efficace o no? A dire il vero analizzando sia il numero degli incendi che la metratura dei territori devastati dagli stessi, la risposta non può che essere negativa. Il contrasto alle fiamme non può avvenire soltanto nel momento in cui scoppia l’incendio attraverso l’uso di mezzi sia aerei che di terra. Servono una programmazione, che deve essere attuata durante tutto l’anno, e delle azioni necessarie e imprescindibili. Ne elenco alcune: creazione di barriere tagliafuoco sia al limitare dei boschi che all’interno degli stessi, che servono a fermare il fuoco in maniera naturale venendo a mancare il combustibile; obbligo di eliminare le sterpaglie ai bordi delle strade pubbliche e private, spesso punti di facile innesto di un incendio, con il coinvolgimento diretto del Corpo Forestale e dei privati; creazione di vasche d’acqua fisse e trasportabili, per favorire il primo intervento a terra nell’attesa dei mezzi aerei; potenziamento dei sistemi di sorveglianza con il coinvolgimento di associazioni di volontari e di mezzi di rilevamento elettronico del calore; pesante inasprimento delle pene dei piromani criminali; investimento economico per il potenziamento dei mezzi a terra a disposizione e per il noleggio di quelli aerei.

Ma gli incendi possono anche essere accidentali, anche se le cronache e le indagini ci dicono che nella maggior parte dei casi il fuoco è appiccato dai piromani. Vanno pertanto definite anche le azioni necessarie per evitare gli incendi accidentali: nei mesi più caldi non bruciare le sterpaglie e i residui vegetali in modo incontrollato; non gettare mai mozziconi di sigaretta ancora accesi; evitare il contatto della marmitta delle automobili con l’erba secca; non abbandonare rifiuti nel terreno perché sono facilmente infiammabili.

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, spiegava Antoine Lavoisier chimico, biologo, filosofo ed economista francese. È una verità che si presta a diverse interpretazioni e contiene in sé un elemento di ottimismo in quanto dopo la trasformazione ci può e ci deve essere la ricostruzione: di certo è che un bosco distrutto è un danno per tutto l’ecosistema, gli incendi estivi nei boschi distruggono non solo alberi e piante, uccidono animali di tutte le taglie e toglie loro la possibilità di ripararsi e nutrirsi; mette in ginocchio aziende ed attività lavorative. La via per la salvezza delle zone boschive nel pianeta passa a mio parere nel considerare l’elemento natura come un bene preziosissimo al pari della propria abitazione privata. Una concezione che deve coinvolgere trasversalmente a tutti i livelli tutta l’umanità.

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