La democrazia non si esporta come la Coca Cola

Articolo di Massimo Rossi

Era il 2001, era settembre, era il 9 settembre 2001 quando Ahmed Shah Masud, politico afgano denominato il “Leone del Panjschir” veniva ucciso dai Talebani. Masud era un politico del “Fronte Unito” che aveva sempre combattuto i Talebani. Il suo omicidio è il campanello di allarme a ridosso degli attacchi aerei alle torri gemelle di New York ed agli Stati Uniti, identificati come la forza politico militare ed economica nemica per i radicali ed oltransisti Talebani. L’attacco agli Stati Uniti significava l’attacco al mondo occidentale nel suo complesso; nessuno è escluso in questo affronto militare e politico ma sopratutto etico e morale. Le egemonie terroristiche che nutrono l’odio per l’occidente avevano ucciso l’ultimo baluardo politico, etico e religioso che pensava di dialogare con il mondo occidentale e che poteva interferire tra loro e la violenza nel mondo islamico afgano. I terroristi Talebani in questo modo avevano campo libero in un attacco (quasi) frontale al mondo occidentale; infatti di lì a poco arriveranno altri atti terroristici che colpiranno gli interessi e luoghi occidentali. Prima di allora aveva avuto un ruolo chiave nell’area l’Unione Sovietica che aveva invaso l’Afganistan dal 1979 al 1989 nel totale disinteresse del mondo occidentale che considerava quel territorio “pertinenza” sovietica; quasi un “parco giochi” in cui la potenza comunista poteva muoversi indisturbata.

Si sono voluti fare questi brevi cenni storici perché la crisi afgana parte sempre da un ruolo di vittima sacrificale del grande Paese che ha una storia millenaria e che ci riporta all’Impero Persiano e alle grandi conquiste degli imperatori persiani quali:Ciro il Grande e Dario I. Non siamo in un luogo qualsiasi, ma in un luogo dove è nata la civiltà, un luogo che ha avuto il grande ruolo storico di dare vita alla civiltà antica sulle cui basi si fonda il nostro cammino, le nostre conquiste e le nostre conoscenze. Si è fatto questa breve (brevissima) introduzione storica perché non era possibile parlare dell’attualità senza individuare i gangli sociali, storici e culturali di una terra tanto essenziale nello scacchiere asiatico quanto martoriata negli ultimi cinquant’anni. Una terra che è molto complessa perché complessa è la sua storia e la sua cultura millenaria. Fatte queste considerazioni che potrebbero impegnare un libro intero si deve riflettere su quale tipo di “intervento” è stato fatto dagli Stati Uniti e dalle forze alleate (compresa l’Italia). Le potenze occidentali, che hanno ancora oggi un atteggiamento del tutto votato al colonialismo, hanno reagito a quanto accaduto l’11 settembre del 2001 e hanno non tanto cercato di comprendere il motivo di tale attacco e le ragioni che hanno spinto i terrorirsti ma hanno (molto più semplicemente) cercato di schiacciare il potere tirannico del Talebani con la forza. Hanno contrapposto alla violenza cieca dei Talebani la forza miope dei bombardieri e delle forze di terra con un dispendio di vite e di denaro senza precedenti. Tutto ciò evidenzia, ma era chiaro fin da subito, un grave errore prospettico e di analisi che non può scindersi dall’azione che sicuramente era necessaria.

L’intervento delle forze occidentali ha un doppio ruolo: militare e diplomatico. E’ rimasto carente un ruolo socio- politico e culturale. Si è fatto, per l’ennesima volta, l’errore in cui incorre l’occidente: si ritiene superiore in fatto di cultura e valori, un errore veramente elementare ma determinante. Non ci si è chiesti il motivo per il quale i Talebani hanno preso il potere ma solo come fermarli, come annientarli ed eliminarli. La mancanza di analisi ha fatto il resto. Se manca l’analisi di un fenomeno politico e sociale manca, inevitabilmente, la soluzione dello stesso. Non si è voluto considerare, ed era davanti agli occhi di tutti, che i Talebani avevano una loro origine storica-politica e socio-culturale. In primo luogo il termine “talebano” vuol dire “studente delle scuole coraniche che interpreta gli scritti e si occupa della alfabetizzazione”. Il fondatore è Mohammed Omar e i Talebani nascono come gruppo politico nel 1994 come risposta politico-socio-culturale-religiosa agli effetti della funesta invasione dell’Unione Sovietica. I Talebani, quindi, sono quell’ala irriducibile che concepisce come unico strumento di confronto con l’occidente quello armato e della lotta armata a qualsiasi livello e costo. Ecco perché è importante l’omicidio il 9.9.2001 di Masud. Tale evento ha aperto la strada oltransista a scapito di quella del dialogo e del confronto.

Tutto questo, ovviamente, non giustifica la violenza cieca dei Talebani ma la spiega in termini razionali. Violenza che è basata sulla forma di contrapposizione e rifiuto dei valori occidentali. Questo è il punto cruciale. Se i Talebani si originano dopo l’esperienza dell’URSS (1979-1989) è evidente che la loro forza prende origine proprio dagli interventi armati e di normalizzazione “violenta” esterna; gli eserciti visti come in realtà erano, ovvero invasori. Questo vuole dire che dietro i Talebani vi è un consenso che si fonda su molti aspetti: convinzioni, paure, speranze e disillusioni. La coalizione occidentale – e su questo è inutile dire cose parziali e non rispondenti alla realtà – ha solo tentato di svolgere un ruolo di controllo attraverso una strategia militare ed ha al più tentato di dialogare con i “capi” non rappresentativi e che agli occhi del popolo erano visti se non come traditori come dei collaborazionisti. Il tema culturale e sociale era da affrontare per combattere i Talebani non tanto e non solo sul piano militare ma su quello del consenso politico e sociale. Il dispiegamento così imponente di forze (l’URSS fece lo stesso errore con i medesimi risultarti) in verità non era per dare al popolo afgano una alternativa democratica ma era per controllare i gruppi Talebani che si muovono con attacchi terroristici ed evitare il ripetersi di attacchi suicidi nel cuore dell’occidente c.d. “civilizzato”. Questo è il motivo dell’intervento occidentale mascherato come interesse a fare il “bene” del popolo afgano. Tutto questo era sullo sfondo, il motivo principale era quello di bloccare in un modo o in un altro ulteriori attacchi al mondo occidentale.

Questa visione miope oggi fa ripartire dall’Afganistan con le stesse modalità con cui si è arrivati: appunto con la forza militare, con gli elicotteri che scuotono l’aria e gli animi. Siamo ad una nuova esperienza fallimentare dell’occidente c.d. civilizzato che tenta di esportare il suo “modello” di democrazia mentre dovrebbe imparare che non è l’unico. Senza minimamente capire che il problema vero non era quello di introdurre il modello di democrazia ma di riuscire ad intercettare le reali ragioni del movimento politico e culturale talebano e le ragioni del consenso e disinnescarlo con l’arte della politica e della diplomazia. Il consenso nei confronti dei Talebani non nasce solo dal terrore e dalla forza ma dalla coesione sociale nell’individuare il nemico ed in particolare il nemico occidentale (invasore) e l’afgano che si è “mischiato” all’occidentale. Il problema è però molto serio adesso perché il naufragio è totale sia sotto il profilo di un controllo geo-politico sia sotto il profilo militare ed ancora di più sotto il profilo sociale. Si assisterà, verosimilmente, ad una vera e propria strage di soggetti inermi ed incolpevoli. Il prezzo più alto lo pagheranno le donne e non vediamo alcuna attività politica di alcun Paese in tal senso e sopratutto da parte dell’ONU ( al di là dei proclami di facciata). Si assisterà alla nascita di un Paese ostile all’occidente che potrà essere la base logistica, militare e culturale della lotta contro l’occidente e i cittadini occidentali.

Si potrebbe giungere (speriamo di no) ad una diffusione a macchia d’olio nell’area della influenza talebana e penso all’IRAK; stato questo molto più pericoloso dell’Afganistan in ordine a possibili attacchi militari; Paese che potenzialmente ha l’arma atomica. Le colpe dell’occidente sono molte e tutte da analizzare ma ormai è evidente una cosa : il concetto di Stato su basi prettamente capitalistiche è finito ed opera solo come un sistema egoistico ed autoreferenziale. Genera solo odio tra i popoli e distinzione e frattura sociale. Solo se si fosse dialogato con il popolo e si fosse incrociato il volto moderato e democratico di quel Paese non si sarebbero lasciate le macerie fisiche e politiche che si intravedono dagli elicotteri che portano via i diplomatici occidentali ( solo per loro c’è salvezza, altro segnale di scarsa democrazia). La verità appare in tutta la sua tragica evidenza: esportare democrazia non è come esportare la Coca Cola. Ecco perché una visione egoistica ed economicistica del mondo è quanto di più errato per un futuro in pace e sicurezza.

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