L’aria pulita e quell’ambiente che non interessa più a nessuno

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Ormai è chiaro che dell’ambiente non importa niente a nessuno. Anche a quelli che davanti ai media si professano come paladini della sostenibilità e della “resilienza” (il nuovo termine di moda). Conclusa senza clamore la settimana di incontri internazionali sulla biodiversità (tema importante quanto le emissioni di CO2 se non di più), a nessuno sembra importare più di tanto dei lavori della COP26, in programma a Novembre, a Glasgow, in Scozia. E nessuno pare voler dire una parola sulla Giornata Internazionale dell’Aria Pulita che si celebrerà il 7 Settembre prossimo. International Day of Clean Air for blue skies | United Nations

Eppure di cose da dire ce ne sarebbero tante. Eccome. Basti pensare che, secondo il rapporto “Regulating Air Quality: The first global assessment of air pollution legislation”, dell’United Nations environment programme (Unep) “Un terzo dei paesi del mondo non ha standard di qualità dell’aria esterna (ambiente) obbligatori per legge. Laddove tali leggi esistono, gli standard variano ampiamente e spesso sono disallineati con le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Inoltre, almeno il 31% dei paesi che hanno il potere di introdurre tali standard di qualità dell’aria ambiente deve ancora adottarli”. Gli esperti sono giunti a questi risultati esaminando le leggi sulla qualità dell’aria in 194 stati e nell’Unione europea ed esplorando varie dimensioni dei quadri giuridici e istituzionali, valutando la loro efficacia nel garantire il raggiungimento degli standard di qualità dell’aria.

Il quadro che è emerso è sconcertante e al tempo stesso sconfortante. Da un lato, conferma il gap tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo (o presunti tali: continuare a definire paesi come la Cina o l’India “in via di sviluppo” è anacronistico. Serve solo a consentire alle multinazionali di produrre a basso costo, senza dover rispettare i vincoli che altri paesi si sono imposti).

Dall’altro, ribadisce l’incapacità di raggiungere i risultati previsti a livello internazionale. Basti pensare che, oggi, quasi il 92% della popolazione mondiale vive in luoghi dove i livelli di inquinamento atmosferico superano la soglia di sicurezza. Con conseguenze devastanti soprattutto su donne, bambini e anziani nei paesi a basso reddito. Non sorprende che l’Oms abbia definito l’inquinamento atmosferico il più grande rischio ambientale per la salute. Addirittura (eppure, chissà come mai, i media non ne hanno parlato) studi recenti avrebbero dimostato che potrebbero esistere correlazioni tra gli esiti sulla salute del Covid-19 e l’inquinamento atmosferico.

Sempre secondo l’Oms, “non esiste un allineamento globale e un quadro giuridico comune per applicarli. In almeno il 34% dei paesi, la qualità dell’aria  non è ancora tutelata legalmente”. Ma non basta: “Anche laddove adottati legalmente, gli standard sono difficili da confrontare: il 49% dei paesi del mondo definisce l’inquinamento atmosferico esclusivamente come una minaccia esterna, la copertura geografica degli standard di qualità dell’aria varia e oltre la metà dei paesi consente deviazioni da questi standard”.

Come si è potuti arrivare a questo punto? Semplice a livello globale “la responsabilità istituzionale per il raggiungimento degli standard è debole: solo il 33% dei paesi impone obblighi per soddisfare gli standard previsti dalla legge”. E anche dove esiste, il monitoraggio dello stato dell’ambiente non è un oggligo di legge (in almeno il 37% dei paesi).

Secondo Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’Unep: “Non c’è alcun tentativo di prevenire i sette milioni di morti premature causate dall’inquinamento atmosferico ogni anno, un numero destinato a crescere di oltre il 50% entro il 2050”.

Tornano in mente i SIN, i Siti di Interesse Nazionale, definiti dall’art. 252 del Codice dell’Ambiente. 42 “siti” che coprono una superficie complessiva a terra pari a circa 171.211 ettari e a mare pari a circa 77.733 ettari. “Siti” spesso sulle prime pagie dei giornali, come Taranto e l’Ilva. O come Priolo, Gela o Milazzo, in Sicilia. Siti che causano danni ormai dimostrati all’amiente e sulla salute delle persone, ma la cui bonifica non è così trasparente come ci si aspetterebbe (basta guardare il sito del Ministero dell’Ambiente  https://www.mite.gov.it/bonifiche/documentazione-sin e cliccare sui vari SIN). Anzi, secondo il MITE molte regioni non avrebbero nenache implementato l’anagrafe dei siti da binificare.  Anagrafe_07092015.pdf (mite.gov.it)

Dati che dovrebbero sorprendere. Ma dei quali non parla nessuno. Non c’è da stupirsi che a nessuno importi della Giornata Internazionale dell’Aria Pulita.

Related Articles