“Sexy Sadie”, un film con scene crude ed efferate

Articolo di Gordiano Lupi

Mi consigliano un film che vado subito a vedere, curioso come sono, anche perché chi mi passa il messaggio è Riccardo Marchionni, uno che fa delle foto che sembrano racconti, io le pubblico con qualche frase scritta sotto, ma starebbero bene anche da sole, tanto sono artistiche. Sexy Sadie sembra un film di Joe D’Amato, potrebbe ricordare Jess Franco, ma è cinema tedesco allo stato puro, girato in un gelido bianco e nero (fotografia di Sonja Rom), molto teatrale, tanti campi e controcampi, ottimi dialoghi, buona introspezione psicologica, scene crude ed efferate sempre giustificate. Se vogliamo trovare un difetto, il film racconta molto di più di quello che mostra, visto che siamo al cinema sarebbe opportuno far vedere, ma tutto questo sembra una precisa scelta di regia. Edgar è un serial killer che evade di prigione portandosi dietro la bella dottoressa che lo cura, quando viene a sapere che gli restano solo due giorni di vita perché malato di un tumore al cervello, allo stato terminale. Appena fuori di galera, si scatena la caccia all’uomo da parte di tutti i parenti delle vittime che hanno attraversato la vita di Edgar, primo tra tutti il fratello, che vuol vendicare una strage familiare. Comincia un rapporto d’amore molto sui generis tra Edgar e la dottoressa, che quando fa sesso si traveste con una parrucca nera e impersona la sorella Sadie, morta a soli dodici anni. Finale a sorpresa che non svelo, perché il thriller gode di molti colpi di scena e di sequenze efferate, anche se il ritmo è blando, da fiction televisiva. Matthias Glassner fa tutto da solo, in perfetto stile Massaccesi, sceneggia e dirige un film nerissimo, ispirato nel titolo a una famosa canzone dei Beatles. Produce Jürgen Vogel, che interpreta il ruolo di Edgar, perfetto con uno sguardo gelido e compassato, da finto buono, in realtà un uomo del tutto privo di sentimenti. Corinna Harfoug è la bella dottoressa, pure lei non immune da colpe, non certo angelica, anzi forse ancor più turpe del serial killer. Un vero noir non deve avere personaggi positivi, Glassner conosce bene la regola quando scrive questa storia d’amore e morte che procede senza alcuna traccia di redenzione.

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