La qualità di un libro sta dentro al libro: Luigi Spagnol e il rispetto per chi scrive

Articolo di Gino Pantaleone

L’artista non deve rincorrere la bellezza,
l’artista deve correre davanti alla bellezza.
Pablo Picasso


Ho ascoltato con grande ammirazione parlare Luigi Spagnol, il grande editore e traduttore italiano del Gruppo Editoriale Mauri Spagnol, deceduto precocemente il 14 giugno 2020 a soli 59 anni, al XXXIV Seminario di Perfezionamento dal titolo “Storia di un libro”, un intervento tenuto a braccio alla scuola dei librai di Venezia nel 2017 di straordinario interesse. Qui è condensato un pensiero esemplare di come lui intendeva l’editoria, parole che sono brodo caldo per l’anima di ogni scrittore. E di cui tento di estrarne il succo pensando che ne valga la pena.

La storia di un libro dice Spagnol, nasce da uno scrittore e invita i presenti a non dimenticarlo mai, rivolgendosi a editori e librai di tutta Italia. Questa sembra una considerazione banale e invece invita tutti a non dimenticarlo mai per dare dignità allo sforzo produttivo dell’autore. E continua…

Nel nostro mestiere di editori e nel vostro mestiere di librai non bisogna mai dimenticare il miracolo della nascita di un libro dentro uno scrittore, perché ci abituiamo a tante cose.

Si, perché come esseri umani, noi, ci abituiamo a tante cose nel bene e nel male. E porta l’esempio che noi ci siamo abituati nel bene al fatto che Beethoven ha scritto la “nona sinfonia” quand’era sordo, così come ci siamo abituati che Monet ha dipinto “Le ninfee” quand’era quasi cieco. Ci siamo abituati anche al fatto che esiste una città come Venezia e allora quasi, quasi non facciamo più caso o passa inosservata la sua meraviglia!

Non dobbiamo abituarci troppo – continua Luigi Spagnol – se vogliamo fare questo mestiere di editori e di librai al miracolo di un libro, al fatto che ci sia al mondo della gente che si sveglia e dice: “Oh! Oggi scrivo un libro”.

Spagnol sostiene esserci mille ragioni per scrivere un libro, ma sa che scrivere qualsiasi libro è un impresa ardua, difficilissima. E’ altrettanto difficile scrivere sia un libro brutto sia un libro bello, ma non è lì che sta la differenza perché comunque si fa una fatica enorme anche a scrivere male.

La fatica maggiore per uno scrittore lui pensa sia quella di continuare a crederci, perché scrivere un libro è un lavoro lungo, irto di insidie, dove c’è un arrovellamento del pensiero, dove c’è un processo creativo in atto, in continuo movimento. E tutti i giorni a lavorarci sopra, alzandosi la mattina rileggere e valutare ogni istante se veramente vale la pena continuare o gettare tutto a mare!

Pensare di scrivere un libro – dice Spagnol – è un’impresa folle!
Ogni ragionamento logico dovrebbe spingere gli scrittori a non scrivere, a fare qualcos’altro.
E invece, per nostra fortuna, lo fanno lo stesso e continuano a farlo.


Il discorso poi vira sulla produzione editoriale, sul ritenere da parte di molti lettori, ma anche di molti librai, che si pubblicano troppi libri, che se ne scrivono troppi e invece lui sostiene che, come editore, questo fatto gli continua a riempire il cuore di felicità e di speranza. Speranza nel genere umano che legge, che pensa, che ragiona. E chi fa il mestiere di editore, questa cosa deve ricordarsela, che uno scrittore senza editore e senza librai è pur sempre uno scrittore.

Un editore e un librario senza uno scrittore non può fare l’editore, non può fare il libraio.

A volte, raccomanda ai presenti Spagnol, a pensare troppo, si fanno degli errori e invece bisogna fidarsi dell’istinto primordiale – esorta.

Il lettore è una bestia feroce. Se il libro non è all’altezza, dopo una settimana lo molla! E in tutto questo bell’andare il gusto del pubblico deve essere rispettato e su quello bisogna puntare.

La qualità di un libro sta dentro al libro!

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