Falchi è il nome della squadra speciale della Squadra Mobile di Napoli che combatte il crimine con metodi spicci e sopra le righe, ispirandosi cinematograficamente a molti precedenti del cinema italiano anni Settanta, come i commissari protagonisti dei noir e dei poliziotteschi di Castellari, Lenzi, Massi e soprattutto Fernando di Leo. “Vuole essere una storia universale narrata con il pathos dei grandi classici, è ambienta a Napoli ma poteva esserlo in qualsiasi grande città”, dice Toni D’Angelo, che perfeziona uno stile crudo e asciutto, tutto macchina a mano e vibranti soggettive, già apprezzato nel promettente debutto – Una notte (2007) – e nei successivi buoni lavori (specie L’innocenza di Clara, 2011). La storia racconta l’amicizia virile di Peppe (Cerlino) e Francesco (Riondino), spregiudicati agenti con licenza di uccidere che vanno a caccia di spacciatori e camorristi a bordo di una potente moto per le strade del centro di Napoli. L’ispettore Marino (Delbono) è il capo sezione speciale, una sorta di padre putativo, che un giorno si suicida con gesto eclatante davanti a Peppe e al fedele cane, perché sporcato dal fango di un’accusa infamante. Il regista è molto bravo a raccontare l’esistenza tormentata di Francesco, in preda ad attacchi di panico e dedito al consumo di droghe dopo aver ucciso per errore una ragazza cinese, il suo rapporto sentimentale con una giovane orientale tenuta schiava dalla mafia asiatica e il forte legame con il collega poliziotto. Parte importante della storia è costituita da un’accurata analisi del carattere di Peppe, che si affeziona al cane dell’ispettore al punto di non volerlo cedere ai mafiosi che organizzano gare illegali, nonostante un’allettante offerta economica. Francesco decide di rapire il cane e di portarlo ai cinesi in cambio del denaro e della libertà per la ragazza tenuta schiava che vuole aiutare a tornare al suo paese insieme alla figlia. I fili della trama vengono tesi a sufficienza, quindi tutto deflagra in un potente finale con strage di banditi cinesi e un triello senza vincitori al termine del quale si salva soltanto il cane. Un film potente e senza speranza, un vero noir privo di personaggi positivi, fotografato magistralmente da Rocco Marra con toni cupi e notturni, montato a ritmi elevati da Marco Spoletini. Colonna sonora di Nino D’Angelo – che si ritaglia un rapido cameo-citazione da tassista (il ruolo che aveva nel gelido Una notte) quasi impercettibile – a base di struggente pianoforte e cupa musica sinfonica, con brevi assolo di tromba e sonorità partenopee, in piena sintonia (spesso per contrasto) con la storia narrata. Citazione diretta di Fernando di Leo quando durante un’irruzione i criminali catturati guardano in televisione Milano calibro nove, la mitica sequenza finale di Ugo Piazza (Moschin) tradito da Nelly (Bouchet) con successiva vendetta di Rocco Musco (Adorf). Ottime le scene di azione con inseguimenti motorizzati e a piedi per i vicoli di Napoli e al mercato coperto, stupende panoramiche cittadine, piani sequenza superlativi che partono dal particolare per aprire alla visione aerea di una Napoli notturna e mattutina dipinta in colori pastello. Particolari efferati di macabre lotte tra cani (il regista precisa che è tutta finzione), sparatorie, eccidi, cruente irruzioni poliziesche arma in pugno, costruite su primi piani e soggettive alternate, con una nervosa macchina a mano che perlustra i vicoli più pericolosi della città partenopea. Dramma noir di caratteri, introspezione psicologica tesa a sviscerare le problematiche interiori dei personaggi, vero cinema d’autore usando la materia poliziesca e il cinema di genere, come forse soltanto Fernando di Leo in passato ha saputo fare. Attori che hanno il fisico e il volto adatto ai ruoli, soprattutto Riondino e Cerlino, poliziotti violenti e risoluti ma problematici, macerati da dubbi e tormenti interiori. Stefania Sandrelli ricopre da par suo un piccolo ruolo da amica del poliziotto Peppe, incontrato per caso sulla spiaggia di Castel Volturno dove va a far correre il cane. Falchi è cinema di genere come si faceva un tempo, noir poliziesco crudele e amorale, che scava nei difetti umani e nelle peggiori rappresentazioni della realtà, girato con uno stile personale e deciso da Toni D’Angelo.
Regia: Toni D’Angelo. Soggetto e Sceneggiatura: Giorgio Caruso, Toni D’Angelo, Marcello Olivieri. Fotografia: Rocco Marra. Casting: Marita D’Elia. Montaggio: Marco Spoletini. Musiche: Nino D’Angelo. Scenografia: Carmine Guarino. Costumi: Olivia Bellini. Delegato di Produzione: Giovanna Crispino. Supervisore di Produzione: Angelo Zemella, Antonio Alessi. Organizzazione Generale: Fabio Lombardelli. Direttore di Produzione: Francesco Di Sarno. Aiuto Regista: Andrea Vellucci. Suono: Daniele Maraniello. Location Manager: Francesco Di Sarno, Ilena Aquino. Coordinatore di Produzione: Paola Ganzerli. Ispettore di Produzione: Valentina Longobardi. Edizioni Musicali: Strag e Biondo di Nino D’Angelo. Storyboard: Raffaele Ricciardi. Assistenti Regia: Mirko Melchiorre (primo), Ilaria De Martinis (secondo), Simone Iavazzo (stagista). Dialoghi: Ciro Scuotto. Microfonista: Francesco Sabez. Operatore ala Macchina: Daniele Proietti. Fotografo di Scena: Gianni Fiorito. Sarta: Daniele Lombardo. Produttori: Gianluca Curti, Gaetano Di Vaio. Case di Produzione: Minerva Pictures, Figli del Bronx, Rai Cinema. Contributi alla Produzione: Mibact, Film Commission Regione Campania, Regione Lazio. Esterni: Napoli, Castel Volturno. Distribuzione: Koch Media. Interpreti: Fortunato Cerlino (Peppe), Michele Riondino (Francesco), Xiaoya Ma (ragazza cinese), Aniello Arena, Pippo Delbono (Ispettore Marino), Stefania Sandrelli (Arianna). Gaetano Amato (Luciano), Alesandra Cao (Liu), Carlo Caracciolo (agente Caserta), Noemi Maria Conigni (giovane ragioniera bionda), Oscar Di Maio (Cavasino), Hong Guo Long (Wang), Carmine Monaco (giovane latitante), Massimiliano Rossi (agente De Nicola), Salvatore Striano (Tuccillo), Ruichi Xu (Chen), Giuseppe Cirillo e Gianluigi Signorello (spacciatori), Maria Rosaria Leone (ragazza scippo), Umberto Fratolillo (figlio Marino), Framcesca Iovine (Teresa moglie Marino), Francesco Di Vaio (acquafrescaio).