L’Afghanistan è ormai una terra sottoposta a torture e a sofferenze strazianti; è una terra infelice e sfortunata. Dallo scorso agosto centinaia e centinaia di afghani sono scappati; gruppi di uomini-soldato si muovono senza controllo sul territorio; criminali e piccoli delinquenti, fuggiti dalle carceri, incutono timore alla popolazione rimasta; gli studenti-coranici si sentono in dovere di reprimere tutte le manifestazioni che parlano dei diritti civili; il pensiero libero non esiste più; i giornalisti che filmano le proteste vengono perseguitati; la stampa non governativa viene ammutolita; gli attivisti e le attiviste per i diritti civili sono sempre più timorosi e, in mezzo a queste cose, il sangue delle donne bagna quella terra tanto antica, quanto polverosa come l’Afghanistan.
Frozan Safi ha pagato col sangue, con il suo sangue, la sua lotta per i diritti civili delle donne in Afghanistan. Il suo corpo giaceva nell’obitorio della città di Mazar-i-Sharif, in Afghanistan, a sud-est di Kabul, dove sarebbe stato sepolto, nel VII secolo, il cugino del Profeta Maometto, il primo Imam ʿAlī ibn Abī Ṭālib.
Le fonti dicono che il cadavere della donna presenta numerosissimi fori sparsi su tutto il corpo, causati da armi da fuoco: sulla testa, in petto, sulle cosce, alla schiena, in viso. Il riconoscimento di Frozan Safi è stato fatto da sua sorella Rita, un medico, che ha potuto risalire all’identità di Frozan solo dai suoi abiti dal momento che il viso è completamente deturpato dai colpi: “L’abbiamo riconosciuta dai vestiti. I proiettili le hanno distrutto la faccia”, come a cancellarle l’identità; Safi, come se non bastasse, è stata anche derubata, difatti Rita ha dichiarato che, accanto al cadavere, mancavano l’anello di fidanzamento e la sua personale borsa.
Chi sono gli assassini? La risposta è palese, ma viene usata prudenza per tacciare qualcuno di omicidio, fatto sta che Frozan Safi e altre donne attiviste parteciparono, poco prima dei fatti di oggi, ad una manifestazione nazionale durante la quale furono picchiate con manganelli elettrici e fatto sta che i talebani danno la caccia alle donne e le intimoriscono da ormai 3 mesi e più.
“Semplicemente non sappiamo chi l’ha uccisa”, ha detto la sorella Rita ma, parliamoci chiaro, tutti abbiamo la risposta in tasca. Chi sono gli assassini?
Naturalmente i talebani che, da quando sono saliti al potere hanno sconvolto l’Afghanistan e Frozan Safi è la prima attivista uccisa dal mese di agosto 2021. Perché è stata uccisa? Frozan Safi è stata uccisa perché si è sempre schierata in prima fila combattendo il regime talebano e battendosi per i diritti delle donne.
Safi era scomparsa il 20 ottobre scorso ed è stata ritrovata solo poche ore fa uccisa barbaramente. Aveva solo 29 anni, era laureata in economia ed era una docente.
Alcune fonti – Guardian, che ha dato la notizia – dicono che Frozan Safi, agli inizi di ottobre, aveva ricevuto delle minacce di morte contemporaneamente a diverse telefonate, con numero anonimo, dietro alle quali ci sarebbe stata una associazione umanitaria che era in procinto di darle un visto per recarsi in Germania, dove anzitempo era fuggito il fidanzato, anche lui attivista.
In seguito Frozan Safi esce di casa e viene prelevata da un’automobile misteriosa; da qual momento cala il silenzio fino a quando poche ore fa è stato ritrovato il suo corpo martoriato.
Su questa sospettosa telefonata fa luce un’altra donna attivista, che mantiene l’anonimato, la quale dice che anche lei, alcune settimane fa, era stata raggiunta da diverse telefonate e da varie e-mail sospette: “Tre settimane fa anche io ho ricevuto una serie di strane telefonate. Una persona diceva di essere stata incaricata di occuparsi del mio espatrio. Sapeva tutto di me, voleva i miei documenti e che io compilassi ulteriori questionari, mi sono insospettita e ho bloccato il numero”; pertanto la povera Frozan Safi è stata sicuramente presa con l’inganno.
Il sangue delle donne afghane continua a bagnare quella terra tanto difficile ma, contro quest’ultimo tremendo omicidio, altre attiviste non si fermano e si riuniscono in un luogo sicuro per denunciare i soprusi dell’assurdo governo talebano.
Quante donne ancora devono morire prima che il resto del mondo faccia qualcosa? Bisogna fare in modo che quest’ennesimo sacrificio di questa giovane donna non venga dimenticato. Bisogna dare voce al sangue di queste vittime. Intanto Frozan Safi continuerà a sorriderci come in questa sua foto, dove si mostra serena, con sguardo deciso, sicuro, combattivo e rassicurante e con i capelli raccolti sotto al suo bellissimo velo marrone chiaro.