Lalla Romano, una giovinezza inventata

Articolo di Pietro Salvatore Reina

L’11 novembre 1906 nasce a Demonte (CN) Lalla (Graziella) Romano. La formazione (Bildung), la vocazione letteraria di Lalla si snodano in due periodi ben distinti. Nel primo, compreso tra gli anni 1924-41, prevalgono gli interessi poetico-pittorici. Questo primo momento biografico-letterario è segnato dal conseguimento della laurea (1928) in Lettere all’Università di Torino con una tesi su Cino da Pistoia, il matrimonio con Innocenzo Monti, la nascita di un figlio (Piero); Lalla vive la sua giovinezza inventata nella Torino di Felice Casorati, Lionello Venturi, di Gaetano de Sanctis, sono gli «anni d’oro» dell’incipiente casa editrice Einaudi.

In questo primo periodo Lalla è allieva di Casorati, collabora alla rivista «L’Arte» di Adolfo e Lionello Venturi, compone versi. In questo primo momento Lalla ritiene la poesia (cioè la lirica) superiore alla narrativa (dominio del «troppo» umano): nella poesia la forma (sublimazione di ogni contenuto) è espressione di purezza e libertà assolute. La sua indefessa produzione di versi e brevi racconti è incoraggiata da Lionello Venturi, dal suo professore di letteratura francese Ferdinando Neri e dal 1939 da Eugenio Montale. Nel 1941 l’editore Frassinelli pubblica Fiore la prima raccolta di poesie che circola però soltanto in una ristretta cerchia di amici e letterati. Una pubblicazione incoraggiata da Ferdinando Neri e Eugenio Montale. L’inizio di questo primo periodo è narrato in Una giovinezza inventata, una singolare autobiografia sulla propria giovinezza vissuta negli anni Venti.

Il secondo periodo individuabile negli anni post-bellici, della Resistenza (a cui la Romano partecipa attivamente, militando nelle formazioni di «Giustizia e Libertà») è contraddistinto, dall’amicizia prima con Cesare Pavese, e poi con Elio Vittorini, e dalla collaborazione al grande progetto culturale portato avanti dalla casa editrice Einaudi.

Le radici della formazione di Lalla vanno affondano nei classici latini e greci scoperti al ginnasio di Cuneo, alla predilezione per Spinosa, Pascal, Schopenhauer, Nietzsche, ecc. Infastidita dalla retorica dannunziana e da tutto ciò che suona o sa di falso, Lalla è impressionata dai grandi narratori ottocenteschi: il Verga de I Malavoglia, il Tozzi di Tre croci. Da Čechov. Da Thomas Mann, dalla moralità rigorosa del teatro di Ibsen.

La poesia, la prosa di Lalla è caratterizzata da razionalità e misura, dalla necessità di raccontare la storia, le storie vivendole. E viceversa.

La poetica romaniana è e sarà sempre orientata alla ricerca, al valore della verità, all’eccezionale nel vero.

Cesare Segre – nell’Introduzione all’opera omnia della Romano per i Meridiani – nota come ella «scrive per cogliere la verità, una verità che non si concede mai intera, bensì in occasioni, illuminazioni, epifanie. […] La verità di Lalla è soprattutto verità morale».

Nel 1944 Lalla su invito di Cesare Pavese traduce i Trois contes di Gustave Flaubert. Nel 1953 pubblica per Einaudi Maria, con un risvolto di Elio Vittorini. Il libro fu salutato da Gianfranco Contini come un «piccolo capolavoro». Maria narra la vita di una cameriera, connessa e intrecciata a quelle delle persone che essa incontra e ama. Ma è con la pubblicazione di Nei mari estremi (Premio Grinzane Cavour, 1988) che – secondo la professoressa Maria Corti – Lalla raggiunge «il livello più alto della sua attività narrativa». Nei mari estremi Lalla ripercorre il suo rapporto con il marito Innocenzo, compagno di una vita, raccontato dai quattro anni dell’incontro e dell’innamoramento, al matrimonio, alla morte di lui, anticipata da quattro mesi di malattia. In quest’opera Lalla racconta a tinte forti ma delicate l’amore e la morte attraverso «momenti» che ricordano le variazioni musicali e che diventano estremi perché sono sottratti al tempo, in quanto appartengono al suo margine, alla sua fine, o soltanto vi alludono. Un libro intenso e disperato, in cui traspare tutta la forza del sentimento per un uomo (Innocenzo) che ha costituito un punto fermo essenziale nella vita dell’autrice, in cui i fatti s’intrecciano ai pensieri ed ai sogni in una ricerca profonda della verità.

Lalla Romano nella storia della Letteratura italiana – ma anche dell’Arte – è un’attenta osservatrice e narratrice della quotidianità che «costruisce» con verità e saggezza.

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