Il 14 novembre 1893 nasce a Milano Carlo Emilio Gadda. Scrivere sulla figura e sull’opera di Gadda non né facile né semplice. Nella nostra Letteratura italiana Gadda rappresenta un vero e proprio «caso» per vari motivi. Innanzitutto, per la sua singolare identità di scrittore che media, come un nuovo Aristotele e/o Galileo, fra un’innata vocazione letteraria e la formazione scientifica. Per l’originalità della sua scrittura, del suo stile narrativo con cui ha voluto rappresentare, attraverso un linguaggio barocco e proteiforme, il disordine e l’insensatezza del mondo.
Primo di tre fratelli, Gadda nasce in una famiglia della buona borghesia milanese, conseguita la maturità, nel 1912, presso il Liceo Classico «Giuseppe Parini», combatte nella Prima guerra mondiale, si laurea in Ingegneria elettronica, nel 1920, e come ingegnere lavora in Italia e fuori (Argentina, Belgio) fino al 1931 per poi dedicarsi solo alla Letteratura.
Nel 1924 si iscrive al corso di laurea in Filosofia per dedicarsi alla passione e con passione alla Letteratura, agli studi umanistici. Supera tutti gli esami previsti dall’ordinamento didattico; concorda l’oggetto della Tesi di laurea che ha per oggetto i Nouveaux Essais sur l’entendement humain di Leibniz, ma per oscuri motivi Gadda non termina mai la stesura della Tesi e rinuncia così a laurearsi in Filosofia.
Già dagli anni 1925-1926 comincia a collaborare alla rivista «Solaria». Nelle edizioni di «Solaria» pubblica i suoi primi due libri: una raccolta di racconti, La Madonna dei filosofi (1931), e Il castello di Udine (1934) che nello stesso anno vince il Premio Bagutta.
Nel 1936 muore la madre, con la quale Gadda ha un rapporto conflittuale. La morte e la separazione dalla madre lo spingono a scrivere i primi abbozzi del romanzo La cognizione del dolore, pubblicato tra il 1938 e il 1941 sulla rivista «Letteratura», pubblicato solo nel 1963.
Nel 1940 Gadda abbandonata definitivamente la professione di ingegnere, si trasferisce nella città di Firenze dove vive fino al 1950. Nel 1944 pubblica un’altra raccolta di racconti L’Adalgisa. Disegni milanesi, un affresco satirico della borghesia meneghina dei primi decenni del Novecento; racconti corredati da note che svolgono un «controcanto saggistico».
Negli anni Quaranta Gadda si impone già come una delle grandi personalità letterarie del Novecento letterario. Come osserva, il professore e critico letterario Giuseppe Petronio, la formazione di Gadda e la sua visione della vita sono assai vicine a quelle della «Letteratura della crisi esistenziale» del primo e del secondo Novecento. Gadda – continua Petronio – nega, come Pirandello o Svevo, l’unità dell’individuo, ritiene la vita un caos assurdo; sulla base di queste idee analizza la piccola borghesia milanese (L’Adalgisa), la società e il mondo intero (Quer pasticciaccio brutto de via Merulana e La cognizione del dolore). Proprio in quanto uomo con una solida formazione scientifica per Gadda la società̀, gli uomini e la storia sono una matassa, un groviglio inestricabile, un caos di conflitti, incongruenze.
Nel 1950 Gadda si trasferì nella capitale dove lavora per il terzo programma radiofonico fino al 1955.
Nel 1952 pubblica Il primo libro delle favole; nel 1953 le Novelle dal ducato in fiamme (Premio Viareggio): una grottesca rappresentazione dell’ultimo periodo fascista.
Nel 1957 pubblica, dopo essere stato rifiutato da vari editori, il «giallo» (un «giallo» incompiuto) Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, già apparso sulla rivista «Letteratura» negli anni 1946-1947, ambientato nei primi anni del Fascismo tra satira e tragedia. Il clamore che il romanzo provoca mette in ansia Gadda: «Sono diventato una specie di Lollobrigido, di Sofìo Loren, senza avere i doni delle due impareggiabili campionesse»: così Carlo Emilio Gadda commenta nel 1957, in una lettera a un amico, lo scalpore suscitato dalla pubblicazione uscita di Quer pasticciaccio. Una frase evidentemente autoironica che rivela però anche il compiacimento di chi si vede improvvisamente al centro di un’attenzione ben più vasta di quella fino a quel momento riservatagli.
Da quest’opera nel 1959 fu tratto il film Un maledetto imbroglio per la regia di Pietro Germi. Germi non fu solo il regista ma anche l’interprete del commissario Ingravallo.
Nel 1963 viene pubblicato, già apparso in parte tra gli anni 1938- 1941 sempre sulla rivista «Letteratura», La cognizione del dolore che racconta una storia sarcastica e disperata, sottilmente autobiografica, sullo sfondo di una Lombardia travestita da Sudamerica.
Nel 1967 pubblica Eros e Priapo: da furore a cenere, un romanzo saggio sul Fascismo. Eros e Priapo «senza censura» (S.S. Nigro) ri-torna in libreria nel 2016 per la casa editrice Adelphi a cura di Paola Italia e Giorgio Pinotti. Non è la ristampa dell’edizione – osserva con acume il professore e critico letterario Salvatore Silvano Nigro – ma un’opera nuova, diversa; ancora più furibonda e inesorabile, più intimamente motivata nella complessità dei piani e nella profusione barocca dello scatologico e della deformazione grottesca. Già con il titolo dell’opera – Priapo nella mitologia greca è la «brutta copia» di Eros – Gadda ridicolizza l’esibizionismo virile e l’autoaffermazione narcisistica di tanti atteggiamenti del Duce applauditi dalle masse.
Gadda muore il 21 maggio 1973 a Roma. È sepolto nel cimitero acattolico di Roma. Sulla sua lapide c’è inciso: geniale e studioso artista dalle forti passioni morali e civili, signore della prosa. Gadda è un autore che «al labirinto della parola ha sempre accostato una profonda esigenza morale (come nella più nobile tradizione lombarda, da Verri e Parini a Manzoni)» (C. Vecce).