Sono usciti in questi giorni, per i tipi del Foglio Letterario Edizioni, due piccoli libri di poesie di due amiche piombinesi che, durante i giorni bui della pandemia e nonostante la distanza, invece di abbandonarsi alla depressione, alla noia, magari farsi sopraffare dal disagio che la situazione comportava, hanno unito le loro forze, le loro fantasie e la loro scrittura e hanno trasformato quel momento di grande difficoltà in un momento di ricerca e di creatività. Ne sono venute fuori due eleganti raccolte di versi, che si diramano e si allargano in varie direzioni.
Maria Gestri non è una “professionista” della poesia ma non è neppure una neofita; ha cominciato a scrivere, in prosa e in versi, fin da giovanissima, arrivando a pubblicare solo adesso, una volta raggiunta la piena maturità anagrafica, cui fa da supporto una analoga di tipo stilistico ed emotivo. Suggestivo il titolo della silloge: Infinito inseguire, in cui si dipana una concezione esistenziale nella quale, spesso, sembra che, ad emergere, sia soprattutto una sorta di “pessimismo della ragione” che porta a credere che, in un mondo devastato dalle guerre e dove si aggira lo spettro della morte, prevalgano odio, egoismo, paure. Ma, proseguendo la lettura, ci si accorge che il richiamo alla morte è, in realtà, un inno alla vita, dove c’è spazio per l’amore e per la speranza. In quell’Infinito inseguire è racchiuso il vano e ineluttabile affannarsi dell’essere umano che, per tutta la vita, corre dietro al miraggio di qualcosa cui non riesce a dare neppure un nome. L’uomo di Maria Gestri però guarda sempre, istintivamente, verso il sole e non gli sfugge che, pur in presenza di un destino imperscrutabile, non ci sarebbero la luce senza le tenebre e la vita senza la morte.
Lucilla Lazzarini, praticamente da sempre, è immersa nel mondo variegato e polimorfo della letteratura e della poesia, prima come studentessa poi come insegnante, infine, da tempo, come docente del laboratorio di scrittura creativa presso l’Unitre di Piombino. È persino scontato che si sia dedicata alla scrittura, interpretandola come ideale punto d’arrivo delle sue passioni. Anche in questo caso, l’autrice avrebbe potuto insistere sul disagio, sulle frustrazioni, sull’effetto traumatico che il virus ha avuto sulla personalità di molti, abbandonandosi a una visione totalmente pessimistica dell’esistenza, invece tiene a sottolineare, da una prospettiva completamente diversa, come la natura è solo apparentemente estranea ai nostri drammi, (nel suo seguire, ad esempio, indifferente e inesorabile, i suoi eterni ritmi) e che invece sono smisurati l’attenzione e l’Amore del Creato nei confronti dell’uomo. Così, nella lirica Frettoloso garrire, che dà il titolo a tutta la raccolta, il ritorno della rondine al solito nido sotto il tetto, diventa un segno evidente di speranza, della vita che va avanti, nonostante tutto. Entrambe le raccolte sono una sintesi di emozioni profonde, di scampoli di vita, vissuta, come è per tutti, fra gioie e dolori, sogni e disillusioni, dubbi, rovelli, amori, (terreni e trascendenti), con spesso la difficoltà ad essere sempre coerenti con i propri sogni e con i propri ideali.