Mario Monicelli (1915 – 2010) è un regista fondamentale nell’ambito della commedia all’italiana, un autore che lascia il segno nel nostro cinema, realizzando una satira feroce e pungente dell’uomo italiano, definito privo di principi e interessato soltanto al suo particolare. Le sue pellicole sono un ritratto del costume nazionale, una sorta di piccola storia italiana degli ultimi cinquant’anni, un itinerario complesso tra vizi e debolezze, visti con lo sguardo mai indulgente, ma severo e perfido, della commedia.
Mario Monicelli è figlio del critico teatrale e giornalista Tommaso, laureato storia e filosofia, scrive di critica cinematografica, si avvicina al cinema con un primo cortometraggio Cuore rivelatore,cui segue I ragazzi della via Paal (1935), un mediometraggio muto, entrambi girati con il cugino Alberto Mondadori. Il secondo film viene presentato e premiato a Venezia ed è importante come biglietto da visita per cominciare a operare nel cinema che conta. Lavora come aiuto, quindi dirige Pioggia d’estate (1937), il suo primo vero film con lo pseudonimo di Michele Badiek. Dal 1939 al 1949 è aiuto regista e sceneggiatore, collaborando ad almeno quaranta pellicole, molte di buona qualità. I suoi lavori di un certo interesse cominciano dal sodalizio con Steno, che copre il periodo 1949 – 1952 per una serie di otto film comici interpretati da Totò: Al diavolo la celebrità, Totò cerca casa, Vita da cani, È arrivato il cavaliere, Guardie e ladri, Totò e i re di Roma, Totò e le donne e Le infedeli. Ne abbiamo già parlato, sia nel capitolo dedicato a Steno che in quello sulle pellicole di Totò, e in questa sede ci limitiamo a rimandare a tali pagine per un commento esaustivo.
Il 1953 è l’anno in cui Monicelli decide di mettersi in proprio e di fare sul serio, nel senso che comincia ad affinare una poetica che sarà il filo conduttore dell’intera opera. Abbiamo già dedicato un capitolo di questo libro a Totò e Carolina (1953), quindi non è il caso di soffermarsi oltre. Ricordiamo che Monicelli continua per tutta la vita a scrivere sceneggiature per altri registi, oltre a realizzare in proprio film che rappresentano un’epoca e che si caratterizzano quasi sempre per un grande successo di pubblico. In questa sede faremo una panoramica dei titoli, soffermando la nostra attenzione sui lavori che presentano una tematica vicina alla commedia erotica.
Negli anni Cinquanta segnaliamo Proibito (1954), un melodramma che adatta al cinema il romanzo La madre di Grazia Deledda e segna il debutto di Lea Massari in vesti molto castigate. Un eroe dei nostri tempi (1955) è il primo incontro Monicelli – Sordi, ma non dimentichiamo la bravissima Franca Valeri, per realizzare un primo acido spaccato dell’Italia prima del boom e una sferzante critica alla borghesia. Donatella (1955) è una sceneggiata napoletana che contamina il melodramma e fa un discorso femminista sull’emancipazione della donna. Molto brava Elsa Martinelli, ma nel cast femminile spicca pure Abbe Lane. Padri e figli (1956) è neorealismo rosa, commedia sentimentale nella quale Monicelli fa confluire la sua attenzione alla trasformazione sociale del paese. Il medico e lo stregone (1957) è una buona commedia di costume sull’arretratezza culturale di certe regioni del sud e sull’esigenza di modernizzare il paese. Vittorio De Sica, Marcello Mastroianni e Marisa Merlini sono gli interpreti principali. I soliti ignoti (1958) rappresenta una tappa fondamentale per il cinema italiano, con Vittorio Gassman per la prima volta calato nei panni di un attore comico, definito dalla critica come la miglior commedia all’italiana di ogni tempo. I personaggi sono tutti azzeccati e gli attori in gran forma, dai veterani Mastroianni, Totò, Gassman agli esordienti Tiberio Murgia, per finire con una giovanissima Claudia Cardinale. Nel cast femminile troviamo anche Carla Gravina. La grande guerra (1959) è un altro film epocale – Leone d’Oro a Venezia e nomination all’Oscar – interpretato da Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Silvana Mangano e Romolo Valli. La commedia all’italiana contamina la tragedia storica, si permette di sbeffeggiare una guerra intoccabile e di raccontare tragedie ed errori della Prima Guerra Mondiale. Risate di gioia (1960) è uno dei film più sottovalutati di Monicelli, ma va citato perché è la sola occasione per vedere recitare insieme due grandi attori come Totò e Anna Magnani. Boccaccio ’70 (1961) si ricorda soprattutto per l’episodio girato da Federico Fellini (Le tentazioni del dottor Antonio), mentre Renzo e Luciana – il segmento di Monicelli – non è molto noto. In alcune copie del film non viene neppure inserito e al Festival di Venezia partecipa una versione mutilata dal contributo del regista. Renzo e Luciana ha come sottotitolo L’avventura di due sposi, che dopo essersi sposati non riescono a vedersi per colpa dei turni di lavoro che si sovrappongono. I compagni (1963) è un film che ottiene due nomination per l’Oscar ma viene osteggiato in Italia perché molto critico nei confronti del boom. Si tratta di un film politico che racconta le vicissitudini di un gruppo di operai che cominciano a prendere coscienza delle loro forze. Tra gli interpreti ricordiamo Marcello Mastroianni, Annie Girardot, Renato Salvatori, Bernard Blier, Gabriella Giorgelli e persino Raffaella Carrà.
Alta infedeltà (1964) è una commedia a episodi che comincia ad avvicinarsi alla tematica erotica, forse il primo film firmato da Monicelli che può considerarsi un precursore della commedia sexy. Sono quattro storie di corna, vediamo diverse coppie che si tradiscono reciprocamente, ma gli episodi sono sceneggiati a dovere e girati con intelligenza. Scandaloso è firmato da Franco Rossi (Nino Manfredi, Fulvia Franco e John Phillip Law) e racconta i problemi di un marito che diventa l’obiettivo erotico del presunto amante della moglie. Peccato nel pomeriggio è di Elio Petri (Charles Aznavour e Claire Bloom) e stigmatizza il tradimento di una moglie nei confronti del marito. La sospirosa di Luciano Salce (Monica Vitti, Jean-Pierre Cassel e Sergio Fantoni) è su gelosia e tradimento, anche se a tradire alla fine sarà la moglie. Gente moderna è l’episodio di Mario Monicelli (Ugo Tognazzi, Michèle Mercier e Bernard Blier), da un’idea di Cesare Zavattini, vede protagonista un commerciante che si gioca il diritto di passare una notte con la moglie e si preoccupa dei pettegolezzi. Michèle Mercier è molto nuda e possiamo dire che anche per merito della sua procace bellezza il film rientra tra le protocommedie erotiche.
Casanova ’70 (1965)è ancora un film che possiamo classificare come precursore della commedia sexy, anche se per Monicelli pare un lavoro alimentare. Protagonista è Mastroianni nei panni di un maggiore dongiovanni che si eccita soltanto in situazioni di pericolo, ma deve vedersela con qualche marito geloso che non si rassegna a portare le corna. Tra gli attori: Marco Ferreri, Bernard Blier e Enrico Maria Salerno. Nel cast femminile ricordiamo le affascinanti Michèle Mercier, Marisa Mell, Beba Loncar, Margaret Lee, Virna Lisi, Rosemary Dexter, Liana e Moira Orfei. Margaret Lee ricopre un ruolo di secondo piano ma si lascia ammirare distesa sul letto completamente nuda, anche se per pochi secondi, vista la solerte censura del tempo. I fotografi di scena vanno a nozze, approfittano delle sequenze per immortalarle a futura memoria e per vendere le foto a tutti i giornali. Moira Orfei è la prostituta iettatrice nel trullo. Molta malizia e tanti luoghi comuni sul gallismo italiano e sulla gelosia meridionale.
L’armata Brancaleone (1965) è uno dei migliori film di Mario Monicelli, originale e divertente, anche perché si tratta di una commedia all’italiana di ambientazione storica. Interpreti: Vittorio Gassman, Carlo Pisacane, Catherine Spaak, Gian Maria Volontè, Enrico Maria Salerno, Barbara Steele, Folco Lulli, Maria Grazia Buccella, Ugo Fangareggi, Pippo Starnazza e Fulvia Franco. Brancaleone da Norcia (un irresistibile Gassman) e l’ebreo Abacuc (Pisacane) guidano un gruppo di sbandati tra mille avventure e stranissime peripezie che si concludono con l’arrivo in Terra Santa. Il film ha interessanti momenti da commedia erotica negli episodi che mostrano le voglie di una vedova e il salvataggio di una vergine dai briganti. Uno dei film più belli del cinema popolare, grande incasso, titolo e canzonetta di testa che restano nella storia. L’idea di un dialetto inventato, a metà strada tra il latino maccheronico e il viterbese, è geniale. La rivisitazione storica in chiave nazionalpopolare conferisce alla pellicola un valore assoluto. Nel cast femminile spiccano le bellezze di Barbara Steele, Maria Grazia Buccella e Catherine Spaak. Le fate (1966) è girato in collaborazione con Antonio Pietrangeli, Luciano Salce e Mauro Bolognini. Monicelli firma Fata Armenia con la bellissima Claudia Cardinale che ridicolizza un ingenuo medico della mutua (Gastone Moschin). La tematica erotica è presente in tutti gli episodi, ma ne abbiamo già parlato nel capitolo dedicato ad Antonio Pietrangeli. Capriccio all’italiana (1968) è un altro film collettivo che vede Monicelli girare l’episodio La bambinaia con Silvana Mangano, ma ne abbiamo già parlato trattando la filmografia di Steno.
La ragazza con la pistola (1968) è il film che lancia Monica Vitti come attrice comica, dopo la felice esperienza drammatica con Michelangelo Antonioni. Commedia all’italiana pura che racconta le vicissitudini di una siciliana sedotta e abbandonata a caccia di vendetta nella metropoli londinese. Film che anticipa la lotta per l’emancipazione femminile e le commedie che si faranno dopo il 1968, ma che mostra la corda per una fiacca prevedibilità. L’antagonista maschile è un buon Carlo Giuffrè, adatto al ruolo. Nomination all’Oscar come miglior film straniero.
Toh, è morta la nonna (1969) è una farsa nera che si ricorda come il film di minor successo di Monicelli, ma contiene elementi che saranno sviluppati in seguito nella poetica del regista. Per Monicelli gli uomini sono sciocchi e avidi, mentre la famiglia è un’istituzione da abbattere. Quasi un’anticipazione di Parenti serpenti. Tra gli interpreti ricordiamo l’affascinante Carole André, ma anche la notevole Valentina Cortese e il bel Ray Lovelock.
Brancaleone alle crociate (1970) tenta di bissare il successo de L’armata Brancaleone, ma non ci riesce, anche se il film ha molti estimatori che lo preferiscono al primo episodio della serie. Buon cast: Stefania Sandrelli come giovane strega e Beba Loncar nei panni di una bella principessa alzano il tasso di erotismo rispetto alla pellicola originale. Tra gli attori maschi citiamo un grande Vittorio Gassman, Adolfo Celi, Sandro Dori, Gigi Proietti, Gianrico Tedeschi, Lino Toffolo, Paolo Villaggio e Shel Shapiro. Il film ha il limite di ripetere aspetti e situazioni già viste in precedenza senza molti elementi di originalità.
Le coppie (1970) è un’altra commedia a episodi girata in collaborazione da Mario Monicelli, Alberto Sordi e Vittorio De Sica. Il frigorifero (Enzo Jannacci e Monica Vitti) è l’episodio firmato da Monicelli che stigmatizza la civiltà dei consumi inventandosi due poveri immigrati sardi che farebbero qualsiasi cosa pur di pagare le rate di un gigantesco (e inutile) frigorifero. La moglie arriva persino a prostituirsi. Molto bravo Jannacci come venditore sardo di castagnaccio. Gli altri episodi sono meno interessanti ma ne abbiamo già parlato a proposito di Vittorio De Sica.
La mortadella (1971) è una farsa sugli Stati Uniti visti dagli italiani, interpretata da Sophia Loren, Gigi Proietti, Danny De Vito, Susan Sarandon e William Dewane. La trovata di una grossa mortadella che blocca una ragazza napoletana alla dogana di New York pare piuttosto surreale. 12 dicembre – Documento sulla morte di Giuseppe Pianelli (1971) è un documentario che ai nostri fini non riveste interesse, così come Vogliamo i colonnelli (1973) è una commedia grottesca interpretata da Ugo Tognazzi, che mostra intenzioni di satira politica, ispirate al fallito golpe De Lorenzo.
Romanzo popolare (1974) è commedia all’italiana dagli interessanti risvolti erotici, interpretata da una giovanissima Ornella Muti nei panni dell’operaia Vincenzina, che deve restare incinta per dovere di copione e – vista la situazione – la bella attrice italiana non deve ricorrere al trucco. Si ricorda la colonna sonora scritta da Enzo Jannacci, basata sul tema della canzone Vincenzina e la fabbrica. Jannacci e Beppe Viola sono consulenti ai dialoghi e il loro contributo è importante per il dialetto meneghino. Romanzo popolare è un dramma della gelosia che vede interpreti un grande Ugo Tognazzi e un giovanissimo Michele Placido. Tognazzi è Giulio Basletti, un metalmeccanico milanese che rinuncia alla vita da scapolo per sposare la bella Ornella Muti (Vincenzina), una ragazza meridionale molto più giovane di lui. In questa situazione si inserisce il tradimento della ragazza e il rapporto con un poliziotto meridionale interpretato da Michele Placido. Film intelligente che analizza il modificarsi del rapporto uomo – donna e il problema della classe operaia unito alla migrazione da nord a sud. Il successo dell’opera di Monicelli è tale da trasformare Ornella Muti in una diva di prima grandezza ricercata dai migliori registi del mondo.
Amici miei (1975) è una commedia simbolo del nostro cinema anni Settanta. Silvia Dionisio è l’elemento sexy della pellicola, perché interpreta una parte breve ma intensa nei panni della spregiudicata Titti, giovane amante bisessuale dello squattrinato Ugo Tognazzi, e non perde occasione per mostrarsi senza veli. Per parlare a dovere della saga Amici miei servirebbe un libro (ed è stato già fatto!), ma in questa sede ci limiteremo a dire che si tratta del racconto delle zingarate di un gruppo di cinquantenni che passa il tempo organizzando scherzi e burle ai danni di amici. Il tentativo è quello di esorcizzare la vecchiaia e la morte che in ogni caso procedono ineluttabili. L’idea è di Pietro Germi, ma la realizza Monicelli dopo la morte del grande regista. L’azione si svolge a Firenze, mentre nel progetto originale si parlava di Bologna. Gli attori sono bravissimi: Ugo Tognazzi, Philippe Noiret, Gastone Moschin, Duilio Del Prete, Adolfo Celi, Bernard Blier, Milena Vukotic, Olga Karlatos. Piero De Bernardi, Leo Benvenuti e Tullio Pinelli sceneggiano uno dei film più importanti del periodo storico. Nei capitoli successivi – e meno riusciti – della serie troviamo Renzo Montagnani al posto di Duilio Del Prete. Amici miei è il testamento della commedia all’italiana, una pellicola intelligente e trasgressiva, capace di descrivere con cura l’amarezza e l’insoddisfazione dei tempi. Alcune trovate linguistiche sono entrate nel parlare comune: zingarata, supercazzora…e resta indimenticabile la scena degli schiaffoni ai passeggeri di un treno alla stazione di Firenze. David di Donatello nel 1975. Mario Monicelli gira Amici miei – Atto II (1982), ma si rifiuta di girare Amici miei – Atto III (1985), che passa nelle mani del bravo Nanni Loy, perché ritiene ormai esaurito l’argomento. E pensare che nel 2011 Neri Parenti si è preso la briga di girare l’inutile prequel Amici miei – come tutto ebbe inizio.
Tralasciamo il documentario Il silenzio è complicità (1976) e diciamo solo due parole su Caro Michele (1976), un film intimista e riflessivo, tratto dal romanzo omonimo di Natalia Ginzburg, improntato sulla figura di una giovane ribelle interpretata da Mariangela Melato e sul cambiamento della nostra società dopo il 1968. Signore e signori buonanotte (1976) è una pellicola che abbiamo già analizzato parlando di Luigi Magni. Un borghese piccolo piccolo (1977) è un Sordi movie, già trattato parlando dell’attore romano, un lavoro insolitamente drammatico che non presenta elementi di commedia. I nuovi mostri (1977) è un film a episodi di cui abbiamo già parlato, girato da Ettore Scola, Dino Risi e Mario Monicelli. Elementi erotici vengono dalla partecipazione di Ornella Muti nell’episodio Autostop girato da Monicelli, dove la bella attrice romana nei panni di una sexy autostoppista subisce pesanti attenzioni di Eros Pagni e finisce uccisa per aver resistito. Ornella Muti è protagonista anche di Senza parole di Dino Risi, come sensuale hostess sedotta da un terrorista che le lascia una bomba nell’aereo. Per il resto molti critici dicono che il film segna la fine della commedia all’italiana, ma in ogni caso mette in campo il meglio dei suoi protagonisti: Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman e Alberto Sordi. Un film a scopo benefico, fatto per pagare le cure mediche allo sceneggiatore Ugo Guerra, gravemente ammalato.
Viaggio con Anita (1978) è un film grottesco che calca la mano sull’umorismo nero, pensato da Tullio Pinelli come seguito de La dolce vita (1960) di Federico Fellini. Gli interpreti principali sono Giancarlo Giannini, Goldie Hawn e Claudine Auger. La tematica erotica è presente, perché il protagonista (Giannini) amoreggia con una turista americana (Hawn) durante il viaggio per recarsi ai funerali del padre. Viene scoperto dai familiari, ma lui non si scompone, mette in piazza alcuni torbidi segreti del padre e svela le ipocrisie piccolo borghesi della famiglia. Temporale Rosy (1980) è una commedia sofisticata poco apprezzata in Italia, interpretata da Gerard Depardieu e Faith Minton. La storia racconta le vicissitudini di un ex pugile che s’innamora di una campionessa di catch femminile, Temporale Rosy, ma la gelosia rovina il loro rapporto. La donna si unisce al suo allenatore, ma dopo alcuni anni i due si ritrovano, ripensano ai tempi passati e si sposano. Monicelli è bravo a ricostruire un mondo di perdenti con toni poetici e crepuscolari.
Camera d’albergo (1981) è una satira sul mondo del cinema che colpisce duro su registi, critici, morale e logica commerciale. Molto bravi gli interpreti: Vittorio Gassman, Monica Vitti, Enrico Montesano, Gianni Agus, Ida Di Benedetto, Nestor Garay e Daniele Formica. La storia racconta di tre cinefili che vorrebbero girare un grande film, un’opera d’arte che dovrebbe restare nella storia del cinema, e alla fine incontrano un produttore cialtrone (Gassman) e finiscono per girare una sorta di pellicola sui vizi erotici con una macchina da presa nascosta in una camera d’albergo.
Il marchese del Grillo (1981) è un film ambientato nel 1809 che serve a Monicelli per raccontare vizi e difetti della Roma papalina, sulle orme di Luigi Magni, ma soprattutto la pellicola vede Alberto Sordi nei panni del mattatore. Grande successo di pubblico, ma ai nostri fini niente di erotico. Amici miei – Atto II (1982) cerca di bissare il successo del primo capitolo e ci riesce in termini di pubblico, ma la storia è più debole e le trovate sono meno originali. Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984) è un tentativo poco riuscito di sfruttare la formula di Brancaleone, ma la storia non è il massimo dell’originalità, anche perché sul tema in passato sono uscite altre pellicole. Ugo Tognazzi, Alberto Sordi, Lello Arena si danno da fare ma la comicità è stanca e le battute sono fiacche. Un altro film che non presenta collegamenti con la commedia erotica è Le due vite di Mattia Pascal (1985), interpretato da Marcello Mastroianni, Laura Morante, Bernard Blier e Senta Berger. Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello arriva sul grande schermo, impersonato da un bravissimo Mastroianni gran seduttore di donne. Monicelli se la cava anche come regista televisivo, perché cura la versione da 150’ per il piccolo schermo. Speriamo che sia femmina (1986) è un gran bel film, forse uno dei migliori dei grigi anni Ottanta, molto femminista, a tratti crepuscolare, amaro, persino cattivo nei confronti dei personaggi maschili. Le donne sono il nucleo portante della famiglia, le sole che restano a tirare avanti la baracca con grande coraggio. La morale del film è che le donne possono farcela anche da sole e che gli uomini non servono a molto, se non a fare imbrogli. Il finale spiega il titolo, perché tra le donne che restano sole nella grande casa di campagna una è incinta. Visti i presupposti tutte sperano che il nuovo arrivato sia femmina… Il soggetto è di Tullio Pinelli, sceneggiato da Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Suso Cecchi d’Amico e Monicelli. Stupende musiche di Nicola Piovani, grande fotografia di Camillo Bazzoni. Sette David di Donatello e tre Nastri d’argento. Grandi interpreti: Liv Ullmann, Philippe Noiret, Giuliana De Sio, Lucrezia Lante della Rovere, Stefania Sandrelli, Paolo Hendel, Catherine Deneuve, Bernard Blier, Giuliano Gemma, Athina Cenci, Carlo Moni e Ron. I picari (1987) è un film storico ambientato nella Spagna del 1600 e interpretato da Giancarlo Giannini, Giuliana De Sio, Enrico Montesano, Vittorio Gassman, Bernard Blier, Nino Manfredi, Bianca Marsillach, Paolo Hendel e Vittorio Caprioli. Monicelli racconta la storia di due vagabondi che incontrano una prostituta e vivono di espedienti. Giuliana De Sio è bella e prosperosa nei panni della donna di strada che si unisce ai picari. Monicelli cerca ancora una volta di ritrovare la forma di Brancaleone, ma anche questo film non è epocale. Ai nostri fini notiamo alcuni elementi di erotismo e il tentativo di riportare in auge la commedia all’italiana in una cornice storica artefatta. La moglie ingenua e il marito malato (1988) è un nuovo lavoro per la televisione che esula dalla nostra trattazione. Il male oscuro (1990) è il romanzo di Giuseppe Berto portato al cinema che presenta un approfondimento per immagini del male di vivere, somatizzato da protagonista in una serie di malanni immaginari per colpa di un rapporto irrisolto con il padre. Il film presenta momenti di buona commedia all’italiana e i protagonisti sono bravi. Tra tutti spiccano Giancarlo Giannini e Stefania Sandrelli, ma non sono da meno Vittorio Caprioli e Rocco Papaleo. Rossini! Rossini! (1991) è un noioso film storico sulla vita del compositore e soprattutto sugli amori del passato. Philippe Noiret è il protagonista assoluto, ma sono importanti anche Jacqueline Bisset, Sergio Castellitto, Sabine Azéma, Giorgio Gaber e Assumpta Serna. Bel cast femminile.
Nel 1991, alla Mostra del Cinema di Venezia, Mario Monicelli riceve il Leone alla Carriera, vera e propria consacrazione per un autore che ha dato molto alla commedia all’italiana con stile dissacrante e amaro, a tratti persino cattivo e corrosivo.
Parenti serpenti (1992) è il film più importante di Mario Monicelli nel corso degli anni Novanta e gli dedichiamo un capitolo a parte, perché contiene molti elementi di commedia erotica.
Cari fottutissimi amici (1994) è ancora commedia ma di livello decisamente inferiore, interpretata da Paolo Villaggio, Massimo Ceccherini, Eva Grimaldi e Paolo Hendel. Siamo nel 1944, in una Toscana appena liberata, dove l’ex pugile Dieci (Villaggio) compone una sorta di Armata Brancaleone pugilistica che si sposta da una città all’altra per combattere sul ring. Commedia all’italiana riciclata, stanca, senza idee nuove, soprattutto per la presenza di un Villaggio monocorde e di un Ceccherini patetico. Eva Grimaldi rappresenta il lato erotico di una pellicola dimenticabile.
La carriera di Monicelli prosegue The Royal Affair (1995) – film che non possiede un’edizione italiana – e Facciamo paradiso (1995), interpretato da Margherita Buy, Lello Arena e Moni Ovadia. Facciamo paradiso racconta la vita di Claudia Bertelli, una femminista milanese di estrazione borghese che sposa un medico e diventa suora mistica. Il film è tratto da un racconto di Pontiggia, ma il suo tentativo di aggiornare la commedia all’italiana non va a buon fine. Esercizi di stile (1996) è un film a episodi di cui abbiamo già parlato nel capitolo dedicato a Luigi Magni. Monicelli gira il segmento Idillio edile, che racconta la corte di un muratore alla figlia del capomastro. Un omaggio a Raymond Queneau. I corti italiani (1997) è un film a episodi che vede Monicelli all’opera per Topi d’appartamento.
Panni sporchi (1999) è di nuovo un film interessante interpretato da Mariangela Melato, Michele Placido, Paolo Bonacelli, Gigi Proietti, Alesandro Haber, Ornella Muti, Kassandra Voyagis, Marina Confalone, Pia Velsi, Gianfranco Barra, Benedetta Mazzini, Francesco Guzzo, Angelo Orlando e Gianni Morandi. Il film racconta la crisi della famiglia inseguendo fatti di cronaca e cercando di fare satira sul cambiamento dei costumi. Monicelli racconta l’Italia che cambia con la cattiveria necessaria, fa un discorso interessante sulla pubblicità invasiva, sui matrimoni di interesse e su un certo tipo di delinquenza che proviene dall’est. Non tocca i livelli di poesia di Parenti serpenti e di altre opere più celebrate, ma confeziona un film elegante e sincero. Ornella Muti ricopre un ruolo limitato come amante di Michele Placido, figlio dell’industriale Paolo Bonacelli, che cerca di salvare dalla distruzione l’azienda del padre, ridotta in briciole dalla megalomania di un nipote cocainomane. Molto bravi Luigi Proietti nei panni di un professore gay lasciato dal fidanzato e Mariangela Melato come moglie isterica e madre poco presente di due figli disadattati. Alessandro Haber è la pecora nera, l’artista della famiglia che vive di espedienti, emette assegni a vuoto e alla fine si suicida per disperazione. Monicelli è bravo a mettere in scena lo scontro generazionale, la caduta dei valori, la miscredenza dei giovani che seguono satanismo e culti esoterici ma rifiutano il cristianesimo. Da buon maestro della commedia all’italiana, cita persino la pochade e le comiche del muto con un intermezzo di torte in faccia durante il matrimonio del nipote megalomane. Alla fine un gruppo di albanesi diventa padrone dell’azienda, perché il figlio intellettuale prima di morire ha sposato un’albanese parente di mafiosi. Non resta che una soluzione: dare fuoco a tutto e ripartire da zero.
Fare cinema è sempre più difficile e Mario Monicelli si rifugia nel documentario: Un amico magico: il maestro Nino Rota (1999), Un altro mondo è possibile (2001), La primavera del 2002 (2002), Lettere dalla Palestina (2002), Firenze, il nostro domani (2003). Tutti girati in collaborazione, fatta eccezione per il ricordo del compositore Nino Rota. Le rose del deserto (2006) è l’ultimo lungometraggio interpretato da Giorgio Pasotti, Alessandro Haber, Michele Placido, Fulvio Falzarano, Moran Atias, Claudio Bigagli, Tatti Sanguineti, Nicola Acunzio, Roberto D’Addario, Nicola De Summa, Francesco Guzzo e Paolo Lombardi. Monicelli ha novantuno anni quando decide di adattare Il deserto di Libia di Mario Tobino e Guerra di Albania di Giancarlo Fusco per ricavarne un film che è il suo testamento spirituale. Monicelli racconta la Seconda Guerra Mondiale partendo dalle piccole storie di vita quotidiana, narrando l’inefficienza e i problemi che tormentano i nostri soldati. Tutti vogliono tornare a casa prima possibile, ma la realtà sarà ben diversa e consegnerà alla storia momenti di quotidiano eroismo. Mario Monicelli conclude una lunga carriera con due cortometraggi che citiamo per completezza: il documentario Vicino al Colosseo… c’è Monti (2008) e la breve fiction La nuova armata Brancaleone (2010). Mario Monicelli, da tempo gravemente malato, muore suicida il 29 novembre 2010, gettandosi dal quinto piano del reparto urologia del San Giovanni di Roma.
Gianni Canova scrive di Mario Monicelli: “Autore eclettico, capace di passare dall’acre sarcasmo della commedia al registro malinconico del dramma intimista, dal farsesco intriso di acide notazioni sociali alla ricostruzione storica lucidamente e criticamente partecipe, con le sue oltre cinquanta regie e con un numero imprecisato di lavori televisivi e teatrali sa rispecchiare e interpretare come pochi altri autori gli slanci, le contraddizioni e i cambiamenti dell’Italia moderna” (fonte: Garzantina Cinema).
Gian Piero Brunetta aggiunge: “Mario Monicelli appare come un regista poco propenso a subire imposizioni produttive. Regista dotato di mobilità narrativa e malleabilità stilistica, riesce a dominare tutti i registri e a passare con semplicità e sicurezza dai toni alti dell’epos, al grottesco e alla farsa. In lui la curiosità e il gusto per le intersezioni tra petite histoire e grande storia è un valore distintivo che ne accompagna tutta l’attività sin dagli anni Sessanta. Non rimane mai prigioniero di una formula vincente, ma concepisce ogni nuovo film come esperienza a sé stante”. (fonte: Storia del cinema italiano).