Il 28 giugno 1867 nasce a Girgenti, in contrada Caos, uno dei più grandi drammaturghi e scrittori italiani. Un autore che ha segnato la storia della letteratura italiana di fine Ottocento. Un autore ancora oggi attualissimo e, che da una prospettiva lungimirante, ha saputo cogliere gli aspetti più minuziosi della vita dell’uomo.
Mi piace ricordare Pirandello soprattutto per il suo pensiero e per la sua poetica, perché quello che ha scritto più volte l’ho vissuto personalmente. Ho avuto modo di comprendere come la descrizione dell’individuo, da lui messa in luce, risulti essere corrispondente alle persone che ho incontrato nella mia vita.
Dalle opere letterarie di Pirandello emerge una visione della realtà, improntata al pessimismo che rispecchia il disagio esistenziale.
L’affermarsi della moderna società industriale, sembra annullare l’individuo rendendolo anonimo. Proprio il progresso, dovuto alla Seconda Rivoluzione Industriale, assume una connotazione pessimistica, poiché contribuisce a rendere ancora più anonimo l’individuo, sostituito dalla presenza delle macchine.
Pirandello esprime in forme paradossali il disagio della modernità, giungendo a mettere in dubbio l’identità del singolo individuo. La realtà è percorsa da un flusso vitale inarrestabile. L’uomo è parte di questo flusso e sente il bisogno di fissare il flusso della vita in forme fittizie, che coincidano con le convenzioni sociali.
Ogni individuo si costruisce una forma attribuendosi una personalità che è però solo fittizia. L’apparire prevale sull’essere, l’uomo assume non una ma diverse forme che corrispondono ai diversi ruoli che la società gli attribuisce.
L’uomo costretto all’interno di questa trappola di convenzioni si riduce a maschera o meglio un insieme di maschere. L’identità individuale si frantuma e si scompone in una serie di maschere apparenti che ostacolano il fluire della vita. L’individuo che si crede uno, in realtà si frammenta in centomila diverse immagini, tante quanti sono i soggetti che lo osservano, e si ritrova nessuno. Dietro le molte maschere dell’individuo in realtà si cela il nulla. Pertanto, la personalità dell’individuo non è altro che una forma fra tante.
Gran parte dell’opera di Pirandello ruota tra la vita e la forma. Da un lato ogni uomo soffre nel sentirsi oppresso dalle tante maschere che la società gli attribuisce e vorrebbe ritrovare il libero fluire della vita. Al tempo stesso, ogni individuo ha bisogno per vivere di assumere una forma che gli permetta di credersi uno e di rapportarsi agli altri.
La possibile soluzione viene ricercata nelle novelle e nelle opere teatrali, nell’immaginazione, nell’evasione fantastica, nella follia.
I personaggi pirandelliani una volta comprese le contraddizioni dell’esistenza, si trasformano in “maschere nude” consapevoli dell’insensatezza della vita e del carattere illusorio di ogni certezza e osservano la propria esistenza con ironia fatta di amarezza come “forestieri della vita”. Un umorismo amaro ed un sorriso che nasconde in qualche modo la ricerca di se stessi.
Certamente il testo teorico più significativo, per comprendere la poetica di Pirandello, è senza dubbio L’Umorismo, un saggio nato da una serie di lezioni tenute presso l’Istituto Superiore di Magistero a Roma e pubblicato nel 1908. L’autore, in questo saggio, sostiene che il fine dell’arte moderna consiste nell’analisi delle contraddizioni dell’esistenza.
Il saggio si divide in due parti: una storico-letteraria e una teorica ed estetica. Nella prima parte Pirandello espone la storia del termine umorismo e rintraccia nella storia della letteratura europea diversi esempi di arte umoristica.
Nella seconda parte Pirandello passa a definire la poetica umoristica. Nasce dal sentimento del contrario, cioè dal contrasto tra l’apparenza e la realtà. L’artista deve farsi interprete di questo disagio e riproporlo nelle sue opere, smascherando gli inganni su cui si basa l’esistenza.
Pirandello sostiene che l’arte umoristica deve fondarsi sull’analisi e sulla riflessione per mettere in luce il contrasto tra ciò che appare e ciò che è. Da questo concetto nasce il binomio apparire ed essere, ancora oggi attualissimo.
Per Pirandello l’artista moderno deve analizzare le ragioni della condotta dei personaggi, comprendendo le cause dei loro comportamenti apparentemente paradossali. Deve scoprire e cercare i motivi dei loro atteggiamenti, non può accontentarsi di un’analisi superficiale.
Assumendo il punto di vista del personaggio e osservandolo attraverso l’analisi e la riflessione si giunge al sentimento del contrario ossia all’umorismo. Diverso dalla comicità l’umorismo nasce dal ragionamento, porta l’artista a osservare la realtà con lucido distacco, ma anche con profonda partecipazione emotiva.
L’opera pirandelliana risulta estremamente innovativa. Pirandello si concentra su eventi apparentemente insignificanti e paradossali che diventano simbolo dell’assurdità della vita e del paradosso dell’esistenza.
Al centro delle sue opere si pongono personaggi deboli, incapaci di agire, tormentati da dubbi e da un continuo ragionamento sulla vita. Molto spesso, questi personaggi, scoprono di aver vissuto una vita che non era la vita che avrebbero voluto, compiendo “un viaggio” su se stessi, un viaggio introspettivo che li risveglia da un sonno che li aveva quasi storditi.
Tantissime le opere di Pirandello: romanzi, novelle, opere teatrali, drammi meta teatrali, tragedie, miti e la poesia di cui si parla molto poco, ma esistono raccolte poetiche importanti come: Mal giocondo, pubblicata 1889, e Pasqua di Gea, pubblicata a Milano nel 1891.
Pirandello rifiuta le forme auliche e letterarie di matrice dannunziana e opta per un linguaggio vicino al parlato, che aderisca il più possibile alla varietà mutevole e caotica di una realtà non dominabile e sfuggente. Una personalità letteraria che può dirsi un vanto non solo per i siciliani, ma per l’Italia e l’Europa.