Ascesa e caduta di una coppia di telepredicatori famosissimi tra gli 80 e i 90. Tammy Fay e il marito partendo da niente sono diventati i primi imbonitori via tubo catodico in grado di costruire un impero nel nome della religione. Folgorata da una visione in età giovanile, la Fay era in grado di esercitare un’eloquenza minima e per questo adatta alle menti di telespettatori semplici. La notorietà della donna e del marito arrivò ad avere un canale televisivo dove i due alternavano sermoni a numeri musicali. Al culmine della loro popolarità furono distrutti da scandali e avidità personale oltre che dalla furia di un reverendo oltranzista.
Gli occhi di Tammy Fey è un biopic che si propone l’obbiettivo di fare luce su quanto la religione spettacolarizzata abbia preso piede in America e lo fa attraverso il racconto di chi , per primo , ha unito il talk show alla fede. Un’industria che vede Tammy e il marito Jim Bakker come alfieri della programmazione, all’apice erano arrivati a possedere un parco divertimenti a tema religioso. Protagonista del film è Jessica Chestain in grado di assumere completamente le sembianze della Fay , soprattutto un ottimo trucco, nonostante una recitazione scolastica. Nel ruolo del marito Andrew Garfield bravo nel rimanere in secondo piano per esaltare la predominanza della moglie.
Il regista Michel Showalter sceglie una costruzione classica, seguendo le vicende della coppia senza approfondire eccessivamente le derive personali e collettive che portarono allo sfacelo. Un soggetto interessante realizzato a metà perché si dimentica di approfondire il lato umano dei protagonisti limitandolo a un paio di scene, poche per dare allo spettatore un quadro chiaro. La Fay e il marito hanno rappresentato nella società di fine secolo un “ semplicissimo” punto di riferimento per la famiglia classica in preda ai primi cedimenti.
Proporre una funzione religiosa che fosse anche intrattenimento, faceva sentire al sicuro le persone ma Tammy e Jim parlavano anche di argomenti come droga e omosessualità poco battuti in quel tempo. Una serie di decisioni azzeccate che si è fermata quando l’ingordigia ha preso il sopravvento lasciando in dote un approccio in parte discutibile ma efficace. Il film commette l’errore di non raccontare abbastanza la fascinazione per l’eloquenza della Fay che, essendo una mente semplice, sapeva parlare a simili desiderosi di leggere i titoli del suo giornale senza alcun articolo.