Sono appena trascorsi dieci giorni molto intensi nell’agone politico e sentimental canoro nazionale, con il popolo italiano che riempiva gli spalti e osservava l’evoluzione dei fatti. Mi riferisco alla recente elezione del tredicesimo Presidente della Repubblica e alla proclamazione della canzone vincitrice del settantaduesimo Festival di Sanremo. In entrambe le competizioni il volere del popolo, quantomeno nel primorde intendimento dei regolamenti, è stato determinante. Nel primo caso è il popolo che elegge i grandi elettori, che a loro volta designano il Presidente della Repubblica; nel secondo caso il televoto da casa è determinante nella stesura della classifica finale.
Gli osservatori esterni non possono non notare che unità e divisione, come in un funambolico balletto appeso a fragili equilibri, si alternano continuamente sia nel durante che nel dopo.
Presidente della Repubblica: la diversità di vedute, di intenti e di obiettivi hanno caratterizzato anche questa elezione con i vari schieramenti contrapposti lungo tutte le votazioni nulle fino a quando non si è trovata la quadra, l’unità di intenti che ha portato alla fumata bianca finale con un riferimento al vicino Stato Vaticano. Ma dopo l’elezione con la maggioranza dei voti unitari sono tornate le divisioni e gli stracci che volano, in particolare nel centrodestra e nel M5S, lo dimostrano. Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono tra loro ai ferri corti, con Forza Italia che tende a smarcarsi dalla contrapposizione; lo stesso dicasi con riferimento a Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, quest’ultimo dimessosi dal comitato di garanzia per fare opposizione interna al movimento.
Festival di Sanremo: le divisioni più che politiche, anche se la politica c’entra sempre, sono di tipo sociali e riguardano la direzione in cui deve andare il sentire popolare riguardo temi molto importanti. Da sempre il festival di San Remo ha una funzione di poderosa cassa di risonanza e la scelta dei cantanti in gara, delle vallette, degli ospiti hanno un senso logico. Sparito il tema della migrazione che l’anno scorso ha tenuto banco quest’anno è stato dato molto spazio alla diversità di genere, Drusilla Foer, in misura minore al razzismo, Lorena Cesarini, a una visione tradizionale della bellezza e del fascino femminile, Ornella Muti e Sabrina Ferilli, ad artisti dissacranti e originali alla ricerca di visibilità, al tema della mafia in occasione del trentennale degli attentati ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Roberto Saviano.
Unità italica tornata protagonista nel momento in cui sono stati proclamati i vincitori e adesso via ai dibattiti politici, alle alleanze, alle mosse in vista di nuove elezioni e allo stesso modo via al fiume in piena, canzoni e trasmissioni, nelle case, nelle automobili, nei telefonini degli italiani con un nuovo Presidente della Repubblica appena insediatosi e un nuovo vincitore del Festival di Sanremo.
Nelle stesse ore in cui si concludeva il Festival si è conclusa anche la giovane vita di Rayan, il bambino marocchino caduto, come Alfredino nel 1981, in un pozzo. A lui dedico questi questi versi: Arpioni di dolore il mio sentire ansimare il flebile respiro nella cavità dell’arpia terra. Preghiere e ruggiti di scavi non ti hanno strappato alla stretta mortale del nero destino, come buio ti ha rapito. Il freddo e la fiamma della vita inesorabilmente spenta quando le luci hanno rischiarato i tuoi neri capelli, i tuoi bianchi denti, le tue fredde mani, i tuoi giovani occhi. Scivola e frana la terra e seppellisce il dolore che ci appartiene, sopravvissuto alla vana speranza di vederti ancora sorridere e pregare.