Mollato e depresso Adrien è incastrato dall’uomo di sua sorella. Il poverino si vedrà costretto a un discorso post nozze esaltando l’amore e i sentimenti. In sintesi una cena di famiglia con l’obbligo morale di celebrare ciò che distrugge. Nell’attesa di un messaggio dalla sua fidanzata il protagonista farà il suo dovere accettando di sorridere a battute sciocche ascoltando aneddoti noiosi.
Il discorso perfetto è una commedia francese, che nel peggiore dei casi vuol dire sufficienza. Il film di Laurent Tirad ironizza su una circostanza nota e lo fa utilizzando diverse tecniche di narrazione come il camera look o la voice off . Sullo schermo va in scena un interessante tentativo di coinvolgere direttamente il pubblico a vivere la vicenda di Adrien che, attraverso i continui sguardi in macchina intende interagire con un ideale sala.
Al centro della storia ci sono le incomprensioni familiari, qui affrontate con leggerezza e una dose di cinismo. I dialoghi appaiono sufficientemente classici provocando qua e la più di una salutare risata. Una commedia della vita 2.0 che strizza l’occhio ad alcuni titoli noti accentuandone la dimensione teatrale. Il regista utilizza i salti temporali per mantenere alto il ritmo e creare un’atmosfera di gradevole malinconia. Tirand ripensa il cinema e mette insieme un esercizio, dove diverse versioni di un racconto si fondono arrivando addirittura a scomodare l’interattivo .
Ripensare un film uscendo dai binari conosciuti può essere un’arma a doppio taglio e lo è in parte anche nel caso de Il discorso. Proseguendo con la visione si ha la sensazione che il prodotto sia troppo sperimentale e che la sceneggiatura latiti, soprattutto nel descrivere i sentimenti, fornendo un’interpretazione dell’amore troppo prevedibile per un soggetto che rimane pienamente sufficiente.