Ciao a tutti! Che si dice? Sono lo stesso che ha scritto il pagellone di Sanremo (leggilo QUI) e se vi ricordate di me mi fa piacere se no pace vogliamoci bene la vita è una. Dunque, ho deciso di scrivere questo articolo – un po’ presuntuoso a dire il vero ma chi mi credo di essere – per parlare di Achille Lauro (anche) ma soprattutto per parlare di scrittura, poetica, canzoni, sanremi passati, cultura pop, sorrisi, emozióni. Per capire insieme a voi se, effettivamente, Rolls Royce sia la canzone perfetta. Era il 2019. Claudio Bisio e Virginia Raffaele chiamano sul palco dell’Ariston un ragazzo romano. Fisico asciutto, tatuaggi in viso, giacca bianca. Achille Lauro, il nome. Rolls Royce, il brano. Cosa aspettarsi? Difficile dirlo, forse in quel momento nessuno si aspettava nulla. Poi sono successe diverse cose – di cui si è parlato anche troppo – ma procediamo con criterio.
“Sdraiato a terra come i Doors!”
Il brano inizia con un urlo. Selvaggio, libero, vitale. Poi, perché Lauro i Doors se li immaginasse orizzontali e non verticali, questa rimane una questione un po’ misteriosa, nebulosa. Però diciamo che rende l’idea. Ci lascia immaginare un Jim Morrison (e quindi anche un Achille Lauro) vivo, incandescente, Dio e al contempo schiavo, padrone e vittima della sua arte, della sua vita, di sé stesso. Un Jim Morrison sdraiato a terra. Estasi, perdizione, volo.
“Vestito bene, Via Del Corso!”
Qui c’è una doppia lettura del brano. O meglio, una doppia scrittura. Infatti, la versione registrata in studio della canzone recita parole differenti: “Vestito bene, Michael Kors”. Il nome dello stilista venne rimosso dalla versione presentata al Festival Di Sanremo in quanto era proibito nominare brand e/o marchi di ogni genere per evitare pubblicità più o meno involontarie (sai mai i furbetti vi conosco mascherine). Tuttavia, il riferimento a Via Del Corso dipinge indubbiamente un’immagine di maggiore eleganza, classe, raffinatezza rispetto al nome dello stilista statunitense. E quindi eccoci qua, signore e signori. Siamo ufficialmente entrati nel mondo di Achille Lauro: eleganza, classe, e raffinatezza ma anche vitalità, eccesso, fuoco.
“Sdraiato a terra come i Doors,
Vestito bene, Via Del Corso”
E qui comincia il film.
“Perdo la testa come Kevin,
A 27 come Amy,
Rolls Royce, sì, come Marilyn Monroe,
Chitarra in perla, Billie Joe,
Suono per terra come Hendrix,
Viva Las Vegas come Elvis,
Oh, Rolls Royce! Rolls Royce! Rolls Royce!”
Qui il brano diventa quasi Tarantiniano.
Citazioni, tributi o più semplicemente immagini prese qua e là che concatenandosi danno vita a un’opera nuova, un nuovo dipinto. Infatti, di dipinto è giusto parlare. Il brano si rivela sin da subito molto forte a livello visivo. Amy Winehouse, Billie Joe Armstrong, Jimi Hendrix, Elvis Presley. Non si parla più soltanto di nomi ma di vere e proprie icone, simboli, riferimenti che racchiudono al loro interno degli interi immaginari. E noi possiamo vederli, sono lì davanti a noi. Eccesso, esposizione, cultura pop. Vite veloci e spesso brevi. “È meglio bruciare in fretta piuttosto che spegnersi lentamente”, diceva il buon Neil Young. E se Janis Joplin invocava Dio per chiedergli di donarle un Mercedes Benz, Achille Lauro fa lo stesso con la Rolls Royce. Lo fa urlando, disperato: “Rolls Royce! Rolls Royce! Rolls Royce!”. Sta pregando.
No, non è vita, è rock’n roll
No, non è musica, è un Mirò
È Axl Rose, Rolling Stones
No, non è un drink, è Paul Gascoigne
No, non è amore, è un sexy shop
Uh Dio, un sexy shop
Sì, sì è un Van Gogh
(È una giostra!)
No, non è vita, è rock’n roll
No, non è musica, è un Mirò
Non è solo vita, è la vita che si trasforma in un’opera d’arte. Dandy, indubbiamente.
Altri nomi, altre leggende. Nuovi colori a imbrattare di vita la tela bianca.
Due immagini, però, spiccano su tutte.
No, non è un drink, è Paul Gascoigne
No, non è amore, è un sexy shop
Eccesso. Puro, forte, incontrastabile.
L’autore non ha nessuna intenzione di fermarsi, come vedremo nel ritornello. Vitale, animale fino alla fine, sino all’ultimo battito. Un racconto di Kerouac, una poesia di Bukowski. Non è semplice amore, è la dolce ed erotica sfacciataggine di un sexy shop. Non è solo un drink, è la follia autodistruttiva di Paul Gascoigne. È la ricerca disperata di qualcosa di più, di una vita diversa. E tutta questa energia, tutta questa follia, tutto questo bisogno viscerale esplodono nel ritornello, una vera e propria dichiarazione d’intenti. Poche e semplici parole.
Rolls Royce! Rolls Royce!
Voglio una vita così,
Voglio una fine così,
C’est la vie,
Rolls Royce!
Una vita così. Una FINE così. C’est la vie, Rolls Royce. Romantico e decadente allo stesso tempo, edonismo e tragedia in pochi semplici versi. La fine è il destino, l’autore lo sa e in qualche modo la sfida, sapendo che ne uscirà inevitabilmente sconfitto. Rolls Royce non è più una macchina, un marchio, uno status symbol. È una sensazione, uno stato mentale. Persino un sentimento. Cambiano i valori, muoiono le certezze. Nichilismo.
Non è follia, ma è solo vivere…
Non sono stato me stesso mai.
No, non c’è niente da capire,
Ferrari Bianco, sì, Miami Vice!
Di noi che sarà?
Rolls Royce, Rolls Royce…
Di noi che sarà…
Rolls Royce, Rolls Royce…
Prima di esplodere nell’ennesimo ritornello, ennesimo urlo animale e orgasmo dei sensi, un momento di consapevolezza. Un’apertura che abbatte la quarta parete. È come se Lauro, staccando la penna dal foglio, ci dicesse che sa cosa stiamo pensando, cosa ci preoccupa, cosa ci spaventa. Sa che tutto questo, ai nostri occhi, è una follia. Ma per lui questa follia è l’unico modo sensato di vivere, come per John Dillinger nella scena finale di Nemico Pubblico. Solo che il film lo stiamo guardando noi. E sorridiamo. Vi ricordate come finisce, vero? “Non sono stato me stesso mai”. Gli anni perduti, la vita buttata nei quartieri che nessuno vede, ombre che non conoscono sole. È una rivalsa atavica, il momento per vivere liberi, essendo sé stessi. Di nuovo, stavolta più spirituale e profondo, torna il dialogo con Dio (da sempre centrale nella poetica dell’autore romano). Di noi che sarà?! La voce spezzata dalla malinconia, dal dolore. Solo una chitarra straziata ad accompagnare il cantante prima di un ultimo ritornello, un ultimo ballo, un ultimo rock ‘n’ roll. L’ultimo orgasmo. Rolls Royce! Rolls Royce! Rolls Royce! E poi il triste epilogo, ancora più malinconico, ancora più sofferente. Un’ultima preghiera prima di consegnare la propria anima, peccatrice e ferita, nelle mani di un Dio misericordioso. Poche parole con dentro tutta la vita:
Amore mio, sei il diavolo che torni
Ma solo per dare fuoco al mio cuore di carta,
Dio, TI PREGO, salvaci da questi giorni!
Tieni da parte un posto e segnati sti nomi.
Rolls Royce…
Si palesa la preghiera, il pianto. Il cuore di carta, la fragilità più assoluta. Ancora una lacrima mentre, lentamente, cala per l’ultima volta il sipario. Rolls Royce. È la storia dell’uomo che sfida Dio, come Lucifero, che decide di succhiare la vita come un frutto maturo. Il gusto più sensazionale, dolce, proibito. L’eccesso, qualcosa di più, qualcosa che brucia. Eppure, per quanto forte si possa mostrare deve inevitabilmente, infine, inginocchiarsi e pregare, chiedere perdono Chiedere perdono per sé e per la sua anima. Per le persone che ama e che ancora sono giù, all’inferno. Per questi giorni folli e per il suo cuore di carta. Con la dolceamara consapevolezza che, forse, non esista altro modo per vivere. Edonismo, romanticismo, nichilismo, tragedia. Tre minuti di canzone. E tu, come la pensi a riguardo? In conclusione, che cos’è Rolls Royce?