Sullo sfondo del tredicesimo quartiere di Parigi giovani disillusi e sorridenti vivono un’esistenza senza particolari punti di riferimento. L’immobilità mentale si contrappone al velocissimo consumo di passioni e sentimenti che, i protagonisti di questa dimensione indefinibile, provano a comprendere. Storie diverse per menti differenti ma accomunate dalla perdita del desiderio di attesa. Anime curiose e senza punti di riferimento che tracciano cartine utilizzabili alla bisogna. Il sesso e la morte diventano elementi accessori di una profondità difficilmente comprensibili. La cronaca di giornate tra letti ed angoli di strada dove conoscersi è conoscere.
Parigi 13 Arr di Jaques Audiard è uno sguardo su pellicola alla società dei millenials e alla loro tendenza a trasformare in semplicità qualsiasi tipo di profondità. Il regista non sposa alcuna tesi di fondo ma presenta i personaggi in pillole sintetizzando le passioni e raccontando come la semplicità non significhi apatia. Attraverso l’uso del bianco e nero e di una sceneggiatura lampo si parla e ci si parla con grande onestà intellettuale. Un dialogo privo di quei preconcetti che fino a qualche anno fa limitavano gli individui. Tra le vie di un quartiere liquido dove non esistono etnie o orientamenti sessuali scorrono immagini di realtà che raccontano di come uno status su istagram possa essere importante nella formazione personale.
Punto di forza di Parigi 13 è la fotografia che Paul Guillhaume trasforma in parole nei momenti di silenzio facendo da collante alle microstorie di volta in volta presentate. Sullo schermo va un’estenuante ricerca di sé che passa attraverso una cultura eterogenea diffusa. Le anime che si incrociano conoscono il precariato o il bullismo e sono a conoscenza delle regole ma non riescono a farsi fagocitare del tutto da elementi scontati. La morte esiste ma non ci si può fare nulla tranne giocare con le carte in mano provando a fare del proprio meglio.
Un meglio che il film non dichiara ma illustra senza alcun filtro . Storie di sentimento tra giovani laureati che lavorano perché devono mangiare si ripetono velocemente come i tweet che dalla scena ricordano quanto sia cambiato il modo di percepire qualsiasi problema. Un filosofo francese diceva che quando si comprende ogni cosa come falsa la salvezza è vicina e questi nuovi consumatori di esperienze sembrano saperlo bene.