Edoardo Leo, come forse saprete se seguite queste pagine, non è un regista che apprezzo in modo particolare, ma questa volta centra il bersaglio, forse perché gira un film con il cuore, scrive una storia come un debito di riconoscenza nei confronti di un Maestro. Il cinema italiano ha riscoperto il documentario, ultimamente ne abbiamo apprezzati di ottimi come il Morricone di Salvatores, così come capita di vedere buone fiction televisive dedicate ad attori e cantanti del passato (Carosone, Modugno, De André, Tenco …). Edoardo Leo ricostruisce la carriera di Proietti grazie a testimonianze dirette (Arbore, Piovani, Cortellesi, Giallini, Gassman), filmati d’epoca, un’intervista ai familiari (soprattutto la sorella) e allo stesso attore, visto che il lavoro era iniziato due anni prima della morte. Luigi Proietti in arte Gigi comincia con il night club e con il teatro di avanguardia ai tempi dell’Università (ce lo avreste visto Proietti avvocato?), le prime parodie e gli adattamenti di opere classiche, il lavoro televisivo con Cervantes spiegato ai bambini, il Circolo Pickwick e il doppiaggio con Emilio Cigoli, a prestare la voce a Gatto Silvestro, Aladin, Dustin Hoffman e Stallone nel primo Rocky (Adriana!). Edoardo Leo non trascura niente, parla persino dei film con Tinto Brass (che in pochi conosciamo), lavori sperimentali come L’urlo e Drop Out. Il film fa capire come la svolta decisiva della carriera di Proietti sia stata la scelta (maturata dopo lunghi conflitti interiori) di interpretare Alleluia brava gente, con Rascel, al Sistina di Roma, per sostituire Domenico Modugno. Proietti in quel periodo recitava Shakespeare e faceva teatro impegnato, venne visto dai colleghi come un traditore della causa, ma l’esperienza gli fece capire che non era il caso di fare distinzioni, perché il teatro si poteva fare ovunque ci fosse un pubblico. Ricordo con affetto quella commedia di Garinei e Giovannini, perché è stata la prima volta che sono entrato in un teatro, era il 31 dicembre del 1969, mi trovavo a Roma per passare con la famiglia l’ultimo dell’anno e andammo a vedere Rascel, non certo Proietti, che nessuno conosceva, ma fu subito amore. La scelta di Proietti era compiuta, dal teatro alla televisione il passo fu breve, nacque Fatti e fattacci con Ornella Vanoni, ma per un anno ci fu anche La cena delle beffe con Carmelo Bene, nonostante la critica storcesse il naso per un’insolita alternanza tra sacro e profano. La scoperta di Roberto Lerici, autore dei testi di A me gli occhi, please fu un altro momento importante per una carriera da grande interprete, sostenuto da un copione di ottimo livello, in uno spettacolo apprezzato dallo stesso Eduardo De Filippo (Per fortuna c’è ancora chi continua a fare il nostro teatro popolare, gli disse in camerino). In pochi ricordano la testimonianza di Fellini – con cui Proietti ha lavorato nel doppiaggio – che disse: “Andare a vedere Proietti a teatro è come guardare la fiamma”. Proietti era talmente bravo da arrivare a tutti, colti e incolti, nei diversi livelli interpretativi. Il regista mette in evidenza il rapporto di amicizia tra Proietti e Vittorio Gassman, così importante che Alessandro lo volle interprete de Il premio (suo penultimo film) per recitare il ruolo del padre. Arriviamo a Febbre da cavallo di Steno, film di culto interpretato da Proietti nel ruolo di Mandrake, così popolare da generare un sequel (La Madrakata dei Vanzina) e un modo di dire diffuso per definire una furbata, una ganzata. Non è mancato il laboratorio teatrale nella carriera di Proietti, la scuola per attori che ha generato ottimi allievi; persino la riscoperta di Petrolini, che non amava, ma la curiosità dell’attore era tale da portarlo ad apprezzare il lato positivo di un interprete storico del teatro. Forse il solo insuccesso della sua vita è stato il Fantastico televisivo, trasmissione troppo ingessata per le sue capacità istrioniche, pure lui non la sopportava e la critica finì per massacrarlo. Il film analizza le altre commedie importanti come I sette re di Roma, la storia di un attore interprete di Shakespeare, ma anche le barzellette raccontate come piccoli sceneggiati e le fantastiche cene liberatorie dopo gli spettacoli. Come dimenticare il personaggio di Toto? Un soggetto quasi da teatro dell’assurdo, beckettiano, surreale: Lascia perde, ma chi te lo fa fa … Ancora successo popolare con il televisivo commissario Rocca accanto a Stefania Sandrelli, quindi A me gli occhi 2000 con Renato Zero e Renzo Arbore ospiti sul palco, niente meno che allo stadio Olimpico. Non era mai accaduto che un attore tenesse banco in uno stadio con interpretazioni indimenticabili come quella dello chansonnier francese che canta l’onomatopeico Nonmeromperca. Proietti resuscita il teatro Brancaccio dove mette in scena la versione teatrale de Il dramma della gelosia di Scola, dirige il Don Giovanni di Mozart davanti a ottantamila persone, infine si prende la prima serata di Rai Uno con l’eccellente Cavalli di battaglia, cinque serate che tengono il pubblico incollato al video per rivedere i suoi capolavori. Edoardo Leo segue l’attore negli ultimi due anni di vita, lo intervista e lo restituisce proprio com’era, nel tentativo di carpire il suo segreto, citando anche gli ultimi ruoli: Mangiafoco nel modesto Pinocchio di Garrone e il divertente Babbo Natale con Giallini. Bellissimo il finale con Edoardo Leo, voce fuori campo onnipresente, non certo stonata, che racconta il film e che – come affermò la madre di Proietti quando vide recitare il figlio – avrebbe voluto che Gigi dicesse del suo lavoro che gli era piaciuto abbastanza. A noi è piaciuto moltissimo. Imperdibile per conoscere vita e opere di un animale da palcoscenico.
Regia: Edoardo Leo. Produzione: Fulvio Lucisano, Federica Lucisano, Edoardo Leo. Sceneggiatura: Edoardo Leo, Marco Bonini. Fotografia: Giulia Bertini. Musica: Jonis Bascir. Interpreti: Luigi Proietti, Renzo Arbore, Paola Cortellesi, Loretta Goggi, Alessandro Gassman, Marco Giallini, Nicola Piovani. Genere: Documentario: Durata: 100’. Paese di Produzione: Italia 2021. Uscita: Marzo 2022.