Il 18 giugno 1943, mentre la Seconda guerra mondiale purtroppo mieteva moltissime vittime anche tra i civili, nasceva a Bologna Raffaella Maria Roberta Pelloni, destinata ad entrare nell’immaginario collettivo come difenditrice della libertà e come simbolo di femminismo, di modernità e di arte dello spettacolo. Il suo nome di battesimo non ci permette di risalire immediatamente al volto, eppure Raffaella è conosciuta da tutti in tutto il mondo ed è stata acclamata per 50 anni da immense folle: da Buenos Aires a Berlino, da Mosca ad Atene, da Madrid a New York, da Londra a Parigi, da Città del Messico a Santiago del Cile. Il suo modo di essere così libera le ha permesso di attraversare molte generazioni, decenni dopo decenni, incidendo sugli aspetti della società mondiale e modificandone talvolta le caratteristiche, più tardi studiate dagli esperti del settore: “Es un terremoto de mujer… Todo un espectáculo… En Italia la llaman la reina…. Raffaella Pelloni se ha convertido en un fenómeno social con su nombre propio: Raffaella Carrà”, dice la voce narrante di un video mandato in onda nel 1996 durante la trasmissione “Cita con la vida” in Spagna, mentre la sua “Fiesta” si ballava già da anni in ogni angolo del globo e ancora oggi non c’è una discoteca, una sala da ballo, una festa in cui non si sentono le note di “Rumore” o di “Tanti auguri” per citarne solo due. Con il suo nome d’arte – nato dall’idea di accostare quelli di due pittori, uno antico e un moderno, Raffaello Sanzio e Carlo Carrà – Raffaella Carrà ha portato una ventata di freschezza e di arte ovunque andasse. Riconoscibilissima per mezzo della sua particolare risata e del suo caschetto biondo, più di essere stata una soubrette, ballerina, cantante che ha venduto milioni di dischi, attrice, conduttrice, showgirl, autrice televisiva, radiofonica, più di tutto questo Raffaella è stata una vera e propria lancetta del tempo che segnava la modernità, una nuova epoca sociale che si può chiamare senza nessuna difficoltà periodo post-Carrà contraddistinto, in un mondo fino ad allora caratterizzato dal maschilismo, da una libertà a 360° soprattutto per le donne, scandendo la libertà sessuale, la libertà professionale, la libertà nel vestire, d’altra parte la Carrà ha contribuito alla difesa dei diritti LGBTQI: “Il cammino verso l’uguaglianza non è ancora finito… Se tu ami una persona, un uomo o una donna, qual è la differenza? Io penso che nella vita bisogna amare sempre. È incredibile stare ancora a parlare di uguaglianza, però c’è evidentemente questo problema e bisogna lottare fino alla fine per raggiungerla” (Trad. dallo spagnolo, Raffaella Carrà, Madrid 2017, Gay World Pride). Non va mai dimenticato che il quotidiano britannico nato nel 1821, The Guardian, l’ha reputata come sex symbol europeo e l’ha definita “l’icona culturale che ha insegnato all’Europa le gioie del sesso”. A quasi un anno dalla sua scomparsa, la Carrà fa ancora molto parlare di sé, tanto che pare stia da qualche parte a preparare un nuovo programma, un nuovo balletto, un nuovo scintillante vestito fatto di pietre luccicanti, scollature e trasparenze mozzafiato. Qui e là si organizzano trasmissioni in suo onore; si avanzano idee per ribattezzare i teatri e gli studi televisivi con il suo nome; nascono strade e piazze a lei dedicate; perfino un lungomare – a Bellaria Igea-Marina, in Emilia Romagna – la ricorda: “La legge ci impone di aspettare dieci anni, abbiamo parlato con il prefetto: chiederemo una deroga. La comunità… mai l’ha dimenticata e sempre ha visto nel suo successo quello di una nostra concittadina”, ha detto il sindaco. La stella di Raffaella Carrà, destinata a non spegnersi mai più, si accese intorno agli anni ’60, si potrebbe dire che più precisamente Raffaella inizia a fare la Carrà nella stagione televisiva 1969-1970 con il programma “Io, Agata e tu” dove debutta come cantante moderna e liberamente balla come lei pensava si dovesse fare in quell’epoca. Da qui i primi successi: “Canzonissima”; le canzoni che sono entrate nella storia della musica leggera – “Ma che musica maestro!”, “Chissà se va”, “Maga Maghella” – fino ad arrivare al 1971 con il celeberrimo balletto “Tuca Tuca” in cui, fatto sconvolgente per l’epoca, è la donna che prende l’iniziativa in questo rapporto a due con l’uomo che ha davanti e che scherzosamente tocca, mentre gli dice “E, quando ti guardo, lo sai cosa voglio da te”, guadagnandosi la censura promossa dalla Chiesa di Roma. Nella seconda metà degli anni ’70 la Carrà squarcerà il velo della modernità in Spagna, con “La hora de Raffaella”, portando aria fresca dopo i terribili decenni del franchismo; gli spagnoli la adorarono sin da subito tanto che, se per gli italiani era “la Carrà”, per loro era semplicemente Raffaella, un’amica come un’altra, e divenne simbolo della neonata democrazia. Una ragazza poco più che trentenne, libera, allegra, sensuale, mai volgare, rispettosa, educata, simpatica che, col suo “itagnolo”, fece innamorare tutte le generazioni, dai più grandi ai più piccoli: “Ci saremmo sposati tutti con lei: gli spagnoli si sarebbero sposati con lei, e le spagnole pure. Volevamo stare con lei, rendeva la vita migliore… Raffaella era nostra… perché la capivamo e lei capiva noi, perché rideva come noi e amava come noi”, dice lo scrittore e poeta spagnolo Manuel Vilas Vidal. Più tardi, poi, arrivarono i riconoscimenti dalla Corona: il “Lazo” e la medaglia “al Orden del Mérito Civil”. Negli anni ’80 la Carrà, con “Pronto, Raffaella?”, porterà in Italia una televisione totalmente nuova e non per il famosissimo gioco dei fagioli, ma perché con quella trasmissione Raffaella alzava con grinta la bandiera del femminismo: “Sono molto contenta di quello che mi sta accadendo perché significa che l’immagine femminile ha credibilità e questo per tutte le donne è importante” e, intanto, diventa “Il referente più richiesto da buona parte dell’Italia”. Negli anni ’90 la televisione italiana, grazie al programma “Carràmba! Che sorpresa”, darà modo a tantissima gente di potersi riabbracciare dopo decenni e decenni di lontananza a causa del fenomeno migratorio; gli italiani poterono toccare con mano la sofferenza legata all’emigrazione e una matura Carrà gestì magistralmente il tutto. Negli ultimi anni, sempre a passo con i tempi, Raffaella ha presentato vari reality fino a chiudere la sua celeberrima carriera con delle meravigliose interviste seduta su un divano: da quello di “Pronto, Raffaella?” a quello di “A raccontare comincia tu”. Nel 2016 Raffaella Carrà venne invitata come testimonial presso la LUISS Writing School for Television e, raccontando la sua esperienza professionale, svelando i trucchi per lavorare con successo nel mondo televisivo, lasciò un monito per le nuove generazioni. Chi ha orecchie per intendere, intenda: “Io ho la convinzione precisa che una persona si deve preparare molto perché, al primo successo, è molto difficile che qualcuno possa tornare ad… imparare ulteriormente… non studi più e ti areni… La fortuna, che è una cosa importante che capita nella vita, ti deve trovare preparato e, quindi, non devi mai sedere sugli allori anche se hai successo, ma andare sempre alla ricerca”.
Il nome di Raffaella Carrà sarà tra quelli che le future società se ne ricorderanno sempre. La Carrà è immensa, è emblema della libertà, è il rispetto delle diversità, è il femminismo di questa era. La Carrà è una fonte inesauribile di arte dello spettacolo internazionale; è evidentemente un manuale per quelli che vogliono calpestare il palcoscenico della vita. Ha contribuito ad arricchire perfino il dizionario italiano. Raffaella Carrà è eterna!
Auguri Raffaella per i tuoi 79 anni!