Ruggero I d’Altavilla: dalla conquista normanna alla prima idea di nazione

Articolo di Armando Giardinetto

Nel museo archeologico di Napoli c’è un sarcofago vuoto del III secolo d.C. che si presenta in buone condizioni, questo è il sarcofago che fu riciclato per un vichingo, vale a dire per il conte Ruggero I d’Altavilla, un normanno legato sicuramente alla storia di Napoli. Un sarcofago che viene dalla Calabria, da Mileto precisamente, dove il Conte volle farsi seppellire, come nella tradizione normanna di quel tempo. Ruggero, raccontano le dichiarazioni di alcuni storici dell’epoca, era un guerriero molto alto e bello, saggio, elegante nell’abbigliamento, ma anche a tratti spiritoso e rude, carismatico, ricco, potente, buon pensatore e stratega, aveva un fisico forte e muscoloso ed era molto coraggioso, ma era anche nomade, come nella tradizione vichinga, tanto che si spostava spesso con tutta la sua corte e i suoi tesori da una parte all’altra e purtroppo questo non dava senso di stabilità agli occhi di chi lo seguiva. Egli nacque in Normandia nel 1031 e fu destinato a diventare il primo conte di Sicilia; suo figlio sarà, invece, il fondatore del Regno di Sicilia, Ruggero II il Normanno, di cui la rappresentazione la troviamo nella prima statua dei re, partendo da sinistra verso destra, che si vede in una delle nicchie esterne di Palazzo reale di Napoli, a piazza Plebiscito.

Ruggero I, a 26 anni, percorse l’antica, tuttora esistente, Via Francigena, per scendere in Italia e conquistare i territori della Puglia e della Calabria. Insieme al fratello Roberto il Guiscardo, che intanto aveva già occupato alcune zone meridionali bizantine e aveva sottoscritto i famosi “Accordi di Melfi” con la Chiesa, Ruggero riuscì a conquistare i suddetti territori e si spinse verso la Sicilia in mano ai musulmani. I cristiani ivi stanziati, dal canto loro, appoggiavano le incursioni dei normanni, guidati – si dice – dallo spirito di San Michele Arcangelo (qualcun altro dice che si trattava di quello di San Giorgio), perché volevano liberarsi degli arabi, fatto sta che Ruggero, non con poca fatica e certamente non in pochi anni, registrò una serie di vittorie, sempre insieme al fratello Roberto, il quale lo nominò Gran Conte di Sicilia. Nel 1085 morì il Guiscardo, mentre Ruggero continuò la sua campagna militare fino al 1091 quando l’ultima roccaforte araba venne espugnata e la Sicilia divenne ormai tutta normanna. Una volta conquistata l’isola, l’ardire di Ruggero non si arrestò. Volle, infatti, procedere verso la presa di Malta, anch’essa in mano ai Saraceni. In questo periodo il Conte stringerà una bella amicizia con il monaco certosino Bruno di Colonia. L’amicizia fu tale che Ruggero conferì a Bruno un terreno per la costruzione di un monastero e, per ringraziarlo, Bruno gli apparve in sogno mettendolo al corrente di una congiura contro di lui che stava avendo luogo tra i suoi sudditi, fu solo così che Ruggero ne venne a conoscenza e poté evitare il peggio. Nel 1061 Ruggero sposa in prime nozze, a Mileto, la normanna Giuditta d’Evreux, che gli diede solo figlie femmine. In seconde nozze, sposò la longobarda Eremburga, che gli diede quattro femmine e un maschio, quest’ultimo non sopravvisse al padre. In terze nozze sposò Adelasia del Vasto, della famiglia degli Alemarici, marchesi del Monferrato, che spesso si trovava nella posizione di reggente quando il marito non c’era perché errante nel Regno. Da lei nascerà Ruggero II. Ruggero I, comunque, era diventato potente e la sua fama arrivò oltre confine tanto che, un giorno, arrivò a corte un delegato dei Franchi che gli chiese un’alleanza militare per la conquista d’Africa, ma Ruggero comprese che a lui non giovava in nessun modo l’offerta. Pertanto, davanti a tutti i presenti, alzò la gamba e lanciò fuori una rumorosa e puzzolente scoreggia e poi disse: “Questa vale più di codesto vostro discorso”. Bruno, il pio monaco, lo assisterà anche nella sua ultima ora, che avvenne a Mileto, in Calabria, il 22 giugno del 1101, quando Ruggero aveva 70 anni. Dopo gli onori di Stato, il Re venne seppellito nell’Abbazia della Santissima Trinità di Mileto, oggi non più esistente (si possono vedere solo alcune pietre, qualche rudere, nient’altro) costruita trent’anni prima, proprio per voler suo con l’obiettivo della latinizzazione delle chiese bizantine. Tutti i territori della Puglia, Calabria e Sicilia saranno poi unificati dal già citato Ruggero II il Normanno, che divenne re di Sicilia, figlio di suo padre Ruggero I, primo in assoluto di una grandissima dinastia. Sul suo scudo Ruggero I fece incidere una frase tratta dal Salmo 118: “Dextera Domini fecit virtutem, Dextera Domini exaltavit me”, vale a dire “La destra del Signore ha fatto meraviglie, la destra del Signore mi ha esaltato”; la scelse perché era certo che le vittorie registrate contro i Saraceni erano avvenute per volere divino. Con i normanni nascerà nell’Italia meridionale la prima idea di nazione europea, essendo stato un regno in cui sin dal principio – e fino all’inizio del XIX secolo – la sovranità venne mantenuta dal Parlamento con sede palermitana. Quando Federico II di Svevia venne incoronato Re di Sicilia, quasi cento anni dopo la morte di Ruggero I, egli si troverà ad ereditare un regno veramente molto ricco. Un regno che anzitempo seppe adottare i concetti della società feudale carolingia; un regno diventato cristiano, ma già tollerante verso la diversità religiosa (musulmani ed ebrei); una corte già assetata di cultura e di conoscenza, sin da Ruggero II che, nel 1138, commissionò “La delizia di chi desidera attraversare la terra”, un libro che racconta il mondo di allora sotto l’ottica geografica al quale è allegato la “Tabula Rogeriana” rappresentante un mappamondo in 70 pagine. Insomma lo Stupor Mundi ereditò un regno già pieno di ducati e contee, di castelli, chiese, abazie, monasteri e cattedrali; di stupefacenti dimore signorili e di mosaici favolosi come la cappella palatina nel Palazzo dei Normanni di Palermo. Un regno che tutti i successori di Ruggero I d’Altavilla seppero arricchire di meraviglie che ancora oggi deliziano gli occhi e il cuore dei visitatori di tutto il mondo.

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