Marilyn Monroe: un mito che non conosce l’oblio

Articolo di Armando Giardinetto

Vaporosa chioma dorata; bocca carnosa e rossa spaventosamente sensuale che, con quel grain de beauté, ha fatto talmente impazzire uomini di ogni estrazione sociale che le loro donne provarono ad imitarla senza mai riuscirci; grandi occhi chiari nei quali chiunque si poteva immergere per esplorare la sua anima spesso tormentata; orecchie perfette dalle quali pendevano stupefacenti orecchini; sorriso ipnotizzante; una voce da sirena in un corpo completamente armonioso al profumo di Chanel N° 5; nata per fare l’attrice Marilyn Monroe è ancora una donna eccezionale che continua ad affascinare, incuriosire, appassionare, a far innamorare e a ispirare uomini e donne di oggi. Indimenticabile è la scena nel film di successo internazionale, “Quando la moglie è in vacanza” (1955), in cui si vede Marilyn che, uscita da una sala cinematografica e ferma su una griglia di aerazione, prova a tenere giù la gonna bianca che il vento, provocato dal passaggio della metropolitana sottostante, fa alzare mostrando l’intimo. Il risultato della scena fu così sorprendente che è entrata nella storia del cinema; tutti quelli che erano sul set impazzirono di entusiasmo, tranne Joe DiMaggio – suo compagno dell’epoca – che si ingelosì moltissimo.

La Monroe non è stata solo emblema di bellezza, era dotata anche di fine intelligenza femminile, determinazione, voglia di studiare, di imparare sempre cose nuove, di dare continuamente il meglio di sé stessa: “Se sono una star, è grazie al pubblico… Voglio essere splendida… Voglio dare il massimo in ogni momento, da quando si accende la telecamera fino alla fine. In quel momento voglio essere perfetta” (Da “I segreti di Marilyn Monroe: i nastri inediti”), disse in una delle sue interviste. Sembra il racconto felice di una donna soddisfatta, in pace con sé stessa, eppure così non è perché dietro lo splendore dell’attrice – diventata una stella intramontabile – dietro quel canto sensuale che faceva “I wanna be loved by you, alone! Boop-boop-a-doop!” – cantato magistralmente nel film “A qualcuno piace caldo” (1959) – e dietro la bravura quasi inconsapevole di Marilyn Monroe, si celava Norma Jeane Mortenson – suo nome di battesimo – una creatura tutt’altro che felice che ebbe, sin dalla nascita, una esistenza triste, buia, che sprofondava nella solitudine – a volte desiderata, altre volte odiata – nella depressione, nel sentirsi continuamente abbandonata, non capita, non amata, usata. Nata nel 1926 in circostanze particolarmente tristi – non si seppe mai chi fu realmente il padre; si ipotizzò che fosse figlia di uno stupro; probabilmente la madre rimase incinta di un uomo che poi l’abbandonò – Marilyn visse la sua infanzia passando da un affidamento all’altro, poi fu mandata in orfanotrofio dove venne abusata sessualmente e questo segnò moltissimo la sua personalità. A 16 anni contrasse il suo primo matrimonio e a 19 iniziò a posare per un famoso fotografo che le consigliò di fare la modella. I diversi servizi fotografici di quel periodo fecero sì che Marilyn fosse conosciuta da varie case cinematografiche; a 20 anni firmò il suo primo contratto con la Fox, ma non fu rinnovato quindi secondo alcuni biografi, Marilyn iniziò a prostituirsi per mantenersi. Il periodo seguente fu scandito da contratti cinematografici senza rinnovo; iniziò la scuola di recitazione e di canto; sempre in difficoltà economiche decise di posare nuda per 50 $. Nel 1950, per alcune vicende legate all’amicizia con il talent scout Johnny Hyde, tentò il suicidio, ma venne salvata in tempo. Nello stesso anno cominciò ad avere varie parti come personaggio secondario e solo nel 1953 avvenne la consacrazione come stella del cinema: “Niagara”; “Gli uomini preferiscono le bionde”; “Come sposare un milionario”. Più tardi arrivarono i successi internazionali, ma la sua esistenza era continuamente bersagliata da angosciose situazioni: amori violenti e incompresi; amanti di potere da tenere nascosti; matrimoni infelici; critiche professionali e personali assai pesanti; gravi problemi di salute (secondo alcune biografie la Monroe subì molti aborti spontanei e qualcuno volontario); depressione; assunzione di sonniferi, psicofarmaci e di alcool. Così, dai proiettori del set alle sue crisi di salute; dai bei vestiti scintillati a periodi di profondo malessere, arriviamo alla sera del 19 maggio 1962 quando, durante i festeggiamenti per il 45° compleanno del presidente degli Stati Uniti d’America, John Fitzegerald Kennedy, Marilyn si presentò sul palco del Madison Square Garden di New York con il famoso abito di chiffon color carne impreziosito da strass e diamantini che lasciava la schiena e le braccia scoperte per cantare “Happy Birthday to You, Mr President” a poche settimane della sua morte, avvenuta in circostanze misteriose nella notte del 5 agosto successivo. Overdose di psicofarmaci e champagne? Suicidio? Avvelenamento tramite supposta ad opera dalla mafia per gettare ombre sul fratello del presidente degli S. U.? Uccisa con una siringa intracardiaca fatta da un medico “non identificato” accorso a casa della donna ancora in coma? Assassinata per ordine dello stesso Bob Kennedy, procuratore generale, impaurito dal fatto che Marilyn potesse dare alla stampa informazioni sulla loro relazione?

Sono passati 60 lunghi anni e forse non sapremo mai quello che realmente successe a casa Monroe nella notte fra il 4 e il 5 agosto 1962 – questo già la dice lunga – fatto sta che ancora oggi alcuni elementi destano moltissimi sospetti sul suicidio di Marilyn: le contusioni sul suo corpo; in alcune foto, ma non in tutte, c’è un bicchiere d’acqua vicino a 8 boccette di pillole tutte vuote appoggiate sul tavolino accanto a letto; i frammenti di vetro della finestra rotta dallo psichiatra dell’attrice furono trovati all’esterno della camera da letto e non all’interno come, invece, per logica avrebbe dovuto essere; spesso le dichiarazioni della governante dell’attrice sono vaghe; il corpo di Marilyn sarebbe stato spostato dopo la sua morte e sarebbe stato messo nudo e a faccia in giù nel letto per far confluire tutto il sangue su una sola parte affinché si potesse mascherare il punto dell’iniezione; le autorità sanitarie sarebbero state avvisate molte ore dopo il ritrovamento del cadavere; durante l’autopsia nello stomaco di Marilyn non furono ritrovate tracce di pillole; non sarebbe vero che Bob Kennedy non rispose alle telefonate di Marilyn, anzi l’avrebbe raggiunta a casa e i due avrebbero litigato di brutto; esisterebbe un diario rosso di Marilyn che da quella notte non è mai stato ritrovato; misteriose intercettazioni telefoniche sulla Monroe tra il presidente e suo fratello sono diventate, ormai, un segreto di Stato, anzi sarebbero scomparse nel nulla; i primi soccorsi – e questa è la cosa più triste – avrebbero fatto in modo che Marilyn si stesse piano piano riprendendo poi, però, le venne fatta la famosa siringa intracardiaca. Forse quello di Marilyn è stato un sacrificio “per salvare l’America”, ma il mondo quella notte perse una donna sensibile, di cui oggi i suoi umili resti riposano nel cimitero di Westwood, a Los Angeles, in California, mentre molti dei suoi oggetti sono continuamente nel mirino di collezionisti di tutto il mondo. Alla fine di tutto è opinione comune che Marilyn Monroe abbia raggiunto il suo più grande desiderio: “Il mio obiettivo è diventare una brava attrice… una vera attrice, un’artista, rispettabile”.

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