Nei giorni scorsi le fiamme che hanno raggiunto alcuni quartieri di Palermo hanno colpito anche la discarica di Bellolampo. Una discarica da decenni oggetto di polemiche sulla gestione dei rifiuti solidi urbani RSU non solo nel capoluogo della Sicilia ma in tutto il circondario (dalla raccolta differenziata ancora a livelli preistorici ai livelli di riuso e di riciclaggio – possibile che nessuno conosca la regola delle 4R, valida in tutti i paesi europei?).
Mai come in questi casi, però, emerge un problema immediato. Una “emergenza”. Anzi due. La prima è il rischio diossina. “Le” diossine (in realtà ne esistono oltre duecento tipi diversi) vengono prodotte quando materiale organico viene bruciato in presenza di cloro, sia esso ione cloruro o presente in composti organici clorurati (ad esempio, il PVC). Per questo è frequente trovarle nei fumi derivanti dalla combustione di rifiuti urbani e rifiuti clinici. Si tratta di sostanze estremamente tossiche per l’uomo, gli animali e l’ambiente. Tra le diossine, una delle più pericolose è la Tcdd: causa un’ampia gamma di effetti (tumori, tossicità a carico del sistema immunitario, del fegato e della pelle). Le diossine hanno anche la spiacevole caratteristica di bioaccumularsi. Se la diossina Tcdd si dilava nel terreno, si lega al materiale organico presente e si degrada molto lentamente. Quindi, si tratta di contaminanti ambientali “persistenti”. A volte sono necessari anni perché non siano più presenti gli effetti negativi.
Un pericolo, quello delle diossine che si generano con la combustione dei RSU che dovrebbe essere noto a tutti quelli del settore. Dieci anni fa, nel 2012, divampò un incendio sempre nella discarica di Bellolampo. In quella occasione Prefettura e Comuni attivarono diverse misure di protezione per ridurre i rischi sulla salute della popolazione. Con diverse comunicazioni venne limitato l’utilizzo di prodotti animali e vegetali prodotti in zona proprio per evitare o almeno limitare i danni alla salute elle persone causati dalle diossine che si erano generate durante la combustione.
Nella prima comunicazione della Prefettura dopo l’incendio dei giorni scorsi di tutto questo non c’è traccia (si veda allegato). Si invitano solo i sindaci dei Comuni limitrofi alla discarica di invitare la popolazione a “usare la massima cautela, mantenendo le finestre delle proprie abitazioni chiuse durante la notte [perché? durante il giorno si può respirare tranquillamente?, n.d.r.] e limitando al minimo l’esposizione all’aperto”. Per il resto, nella nota si rimanda ad un ulteriore approfondimento.
Ci sarebbe da chiedersi anche quante persone hanno ricevuto questi annunci. A quanti degli abitanti dei comuni interessati è stato effettivamente detto che esporsi alle sostanze prodotte durante la combustione potrebbe causare danni gravi alla salute (e non per un giorno, ma per anni). Anche l’invito alla prudenza del Sindaco Lagalla appare blando, visti i rischi: “In attesa dei dati di Arpa sulla condizione dell’area, si invita la cittadinanza a mantenere la più opportuna prudenza”.
É giusto non diffondere falsi allarmi e non gridare “al lupo al lupo”, ma l’esperienza insegna che con gli incendi nelle discariche non c’è da scherzare.
C’è, però, anche un altro aspetto da considerare. Per cercare di spegnere le fiamme, gli operatori della Rap, l’azienda dei rifiuti di Palermo, hanno cercato di ridurre il livello di ossigeno che alimentava le fiamme coprendo con della terra i tratti coinvolti dall’incendio. La giustificazione è che le temperature dell’incendio non avrebbero permesso all’acqua di spegnerlo. Meglio, quindi, eliminare l’ossigeno coprendo i focolai. Ma questo richiede un’altra riflessione. Le discariche come quella di Bellolampo producono già notevoli quantità di metano derivante dalla trasformazione dei rifiuti sottoterra tramite batteri anaerobici, quelli che non hanno accesso all’ossigeno. Non è un caso, infatti, se, proprio per tenere sotto controllo i livelli di metano, le vasche per i rifiuti, normalmente, vengono dotate di sistemi per tenere sotto controllo la quantità di metano prodotto. Ma il metano è un gas estremamente pericoloso. Non solo perché altamente combustibile, ma soprattutto perché gli effetti della sua combustione sull’ambiente sono molto peggiori (e di molto) anche di quelli della CO2 di cui si parla tanto. Per questo motivo si spera che la decisione di sotterrare Rsu che bruciano sia stata presa con grande cautela.
In entrambi i casi si tratta di argomenti dei quali sarebbe stato importante informare la popolazione. A cominciare dalle migliaia di persone che vivono nei dintorni di una discarica che da decenni si promette di chiudere (ammesso che venisse chiusa oggi, sarebbe necessario monitorare per molti decenni l’ultima vasca). Un problema, quello dei RSU di Palermo, che nessuno è mai riuscito a risolvere e che periodicamente si manifesta con effetti devastanti.
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