Il 15 ottobre la liturgia della Chiesa cattolica celebra la memoria di santa Teresa di Gesù, al secolo Teresa Sánchez de Cepeda Dávila y Ahumada, la prima donna della Storia a cui è stato riconosciuto il titolo di Dottore della Chiesa.
Teresa muore il 4 ottobre del 1582 nel piccolo comune spagnolo di Alba de Tormes, oggi nella provincia di Salamanca. Il 4 ottobre 1582 è una data epocale per il nostro Paese, come pure per il Portogallo. In questa data entra in vigore il calendario gregoriano, in omaggio al pontefice Gregorio XIII. Il nuovo sistema di calcolo corregge l’errore del precedente calendario giuliano, in onore di Giulio Cesare promulgato nel 46 a.C., basato su una durata media dell’anno di 365 giorni e sei ore, 12 minuti in più della durata dell’anno solare medio. Così, nel 1582, dal 4 ottobre si passa direttamente al 15 ottobre.
Nella sua opera a carattere autobiografico, il Libro della sua vita o Libro delle misericordie di Dio (Libro de su vida o Libro de las misericordias de Dios) ella stessa menziona alcuni particolari della sua infanzia. Nel 1522 a soli sette anni, fugge da casa col fratello: lettori di libri agiografici, di trattati devoti e di libri di cavalleria «volevano andare in terra di Mori a cercare il martirio la santità». A soli 19 anni entra nell’Ordine delle carmelitane. Dopo la prima visione (1542) la sua attività mistica e ascetica diventa sempre più intensa. Nel 1562 fonda il primo di trentadue conventi di carmelitane scalze in cui ricostruisce e restaura la primitiva regola di stretta clausura e povertà. Il suo lavoro organizzativo a favore di un’idea apostolica ed evangelica, di preghiera e di povertà fu contrastato dagli ambienti ecclesiastici tanto che Teresa d’Avila fu più volte denunciata all’Inquisizione.
Il capolavoro di santa Teresa è Il libro delle dimore o Castello interiore (1576-77), una delle opere più alte della mistica spagnola. Lo scrittore ed erudito spagnolo Marcelino Menéndez y Pelayo osserva che ella è una delle «scrittrici più piacevoli e candide che si siano mai viste al mondo».
Il misticismo – dal greco μυστικός «relativo ai misteri (pagani)», che deriva da μύστης «iniziato ai misteri» – è un’esperienza tutta interiore attestata in tutte le forme di civiltà e nelle varie religioni storiche (taoismo, induismo, buddismo, ebraismo, cristianesimo, islam). Il misticismo è un carattere determinante della cultura religiosa medievale. Nello spirito religioso della Controriforma – osserva il professore e critico Giulio Ferroni – il misticismo ha nuovo vigore e impulso ma in forme che si richiamano all’assetto istituzionale della Chiesa post-tridentina. Costretta a esprimersi in mezzo a controlli, costrizioni, in un mondo cupo e tetro, la mistica cattolica del Cinquecento afferma in modo originale e intenso la ricerca del dialogo diretto con Dio. Molto più che nel passato – scruta Ferroni – nella ricerca dell’estasi la mistica esalta la dimensione fisica, facendo appello ai sensi, al corpo. La mistica della Controriforma è spesso dominata da una sensualità segreta e accesa, inquietante che si avvicina all’esperienza erotica. Se si esclude il caso tutto particolare del teologo e filosofo Tommaso Campanella (1568-1639) in Italia manca una poesia mistica religiosa «rinascimentale» di alto livello eccetto alcune mistiche di grande intensità come santa Maria Maddalena de’ Pazzi (1566-1607) e santa Caterina de’ Ricci (1522-1589).
Il sapiente magistero spirituale e dottrinale universalmente riconosciuto in santa Teresa ha indotto papa Paolo VI a riconoscerle, il 27 settembre 1970, il titolo – per la prima volta nella storia – della prima donna Dottore della Chiesa (pochi giorni dopo, identico riconoscimento va alla nostra santa Caterina da Siena [1347-1380]).
L’evoluzione spirituale – scrive Teresa d’Avila – è simile a quella biologica: «Non ci si eleva se Dio non ci eleva».
Il «fenomeno mistico in Teresa non significò mai sensazione di privilegio o ricerca di distinzione. Sempre incoraggiò sé stessa e le consorelle a trovare l’incontro con Dio anche tra le pentole e gli strofinacci di cucina. A sé stessa, e alle consorelle che affermavano di vivere fenomeni mistici, consigliava spesso di dedicarsi ai lavori più umili, per ridimensionare gli avvenimenti nella normalità del cammino. Ebbe sempre chiaro come Dio stesse scavando nella sua anima, per restare, e presentarsi nella sua essenza. Dio le stava chiedendo di più. Questo di più era il qualcosa che lei non cercava, ma che Lui voleva» («Saggio introduttivo» in Teresa d’Avila, Tutte le opere, a cura di M. Bettetini, Bompiani, p. XV).
L’irruzione di Dio nell’anima, l’«incendio d’amore», l’illuminazione di santa Teresa d’Avila, in particolare, nel Novecento ha folgorato, in particolare, due grandissime donne: Edith Stein (1891-1942) -l’allieva e assistente di Edmund Husserl, per poco tempo ed una delle prime docenti di Filosofia all’Università di Münster – e la cantante siciliana Giuni Russo (1951-2004) lanciata dal grandissimo Franco Battiato con un successo che ha segnato, Un’estate al mare, gli anni Ottanta, ma non solo. Una donna, un’artista «folgorata» dalla mistica e dalle estasi poetiche di santa Teresa che ha reso in musica con la sua inconfondibile voce nella canzone che si fa lirica: Muero porque no muero.
Ho chiesto all’amica e collega Merelinda Staita di ripercorrere insieme l’itinerario conoscitivo ascetico e mistico dell’esperienza teresiana.
D.: La ricerca, l’abbandono in Dio, la mistica e il misticismo teresiano si innesta nella continua ricerca della verità. Santa Teresa insegna che è «Dio a donarsi per primo alle sue creature». In quest’ottica conoscere diviene amare, amare diviene conoscere. Amare e conoscere si donano incondizionatamente e reciprocamente. Teresa è una maestra di sensazioni di sensi, di sentimenti. Qual è il tuo rapporto con questa «maestra dello spirito»? I sentimenti di cui abbonda la Letteratura universale oggi risultano abbandonati? Perché nonostante poeti e mistici siamo ancora e forse sempre di più «analfabeti sentimentali»?
R.: «Carissimo Pietro, ti ringrazio per questa opportunità. Parlare di Santa Teresa d’Avila mi onora e mi rende felice. Una suora, una mistica, un’eccellente scrittrice, la riformatrice dell’Ordine carmelitano, una Santa, la prima donna Dottore della Chiesa nella storia. Attualmente, i dottori della Chiesa sono poco più di trenta in duemila anni di teologia cristiana. Fin da piccola ho iniziato a frequentare la parrocchia S. Agata V. M. a Vizzini, in provincia di Catania, e mi sono iscritta al coro parrocchiale. Nel mio cuore sentivo che avrei potuto offrire me stessa al Signore e alla comunità attraverso la mia voce. Prima sono stata una corista e poi, dopo aver studiato da privatista la chitarra, ho iniziato a suonare durante le celebrazioni. Oggi, sono trascorsi 32 anni da quando ho iniziato questo percorso e sono la Responsabile del coro. Mi occupo della liturgia, scelgo i canti, guido l’assemblea nella preghiera e cerco di aggiornarmi costantemente. Questo servizio è stato per me fondamentale, perché mi ha supportata nei momenti più difficili della mia vita, soprattutto quando è venuto a mancare mio padre. Il canto è preghiera ed è testimonianza di Fede. I testi di Santa Teresa d’Avila mi hanno dato conforto e sostegno. Ho avuto la fortuna, durante un concerto mariano, di poter cantare una poesia di Santa Teresa “Nada te turbe” musicata da Marco Frisina e l’intensità delle parole ha suscitato in me una commozione immensa. Nella mia parrocchia è presente la Confraternita Carmelitana che vive con fervore la devozione nei confronti di Santa Teresa. Infatti, grazie alla Confraternita, ho avuto modo di conoscere meglio la personalità di questa Maestra della Fede. Il mio rapporto con Santa Teresa può definirsi intenso, poiché condivido la sua esortazione a prendersi cura della propria interiorità con costanza e di considerare la preghiera come la realizzazione piena della propria esistenza. Una risposta d’amore all’amore di Dio.
Purtroppo, è vero i sentimenti di cui abbonda la Letteratura universale sono stati abbandonati. Una società che sembra essere sempre più egoista e che non riesce a comprendere l’importanza dell’altro. È vero siamo “analfabeti sentimentali”, perché non esiste più la comunicazione verbale e non verbale. Manca l’empatia e la capacità di stabilire legami affettivi. Umberto Galimberti scrive che “i giovani hanno effettivamente una sorta di analfabetismo emotivo” (cfr. U. Galimberti, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, pp. 43-53). Ecco, bisogna combattere questo analfabetismo emotivo e la società deve dare delle risposte alle nuove generazioni. Intanto, sarebbe opportuno ridare spazio alla Letteratura “luogo” che educa all’amore, ai sentimenti e alla diversità».
D.: L’abbandono e l’estasi di santa Teresa d’Avila si fa carne vibrante nella scultura di Gian Lorenzo Bernini e nella voce della cantante siciliana Giuni Russo, che a detta di Franco Battiato «prendeva note che non esistono nella tastiera di un pianoforte». La musica, la poesia, l’arte sono capaci di raggiungere le sfere celesti mentre la nostra quotidianità spesso corre fluida (Baumann) sulle vertigini delle banalità. Da donna sensibile, da poetessa e docente cosa manca all’Uomo di oggi? Cosa in questi anni rivoluzionari, veloci, abbiamo forse abbondonato? Come una figura come santa Teresa d’Avila ci può aiutare a vivere meglio in questo difficile e confuso tempo presente?
R.: «Nel corso dei secoli l’arte e la musica hanno dato voce a Santa Teresa d’Avila. Le opere del Bernini e le canzoni della cantante Giuni Russo rendono viva e reale, ancora oggi, la presenza di Santa Teresa. Giuni Russo, scomparsa nel 2004, ha intonato con la sua meravigliosa voce alcune delle poesie più belle di Santa Teresa. Basti pensare a “Muero porque no muero” o a “Nada Te Turbe”. Pezzi in lingua spagnola che accarezzano dolcemente l’anima e il cuore. Impossibile non emozionarsi e non commuoversi davanti alla bellezza del testo e all’armonia di quelle dolcissime note. Un’artista che è stata in grado di compiere un’enorme crescita musicale e spirituale. Oggigiorno, la sua assenza si percepisce ed io sono certa che sarebbe stata in grado di donarci ancora tantissimo, perché lei rappresentava il connubio perfetto tra musica, emozioni, sentimenti e parole. Negli ultimi anni della sua vita rimase “folgorata” dalla grandezza di Santa Teresa e proprio per questo iniziò un percorso di Fede che, durante la malattia, le diede molta forza come lei stessa raccontò in esclusiva ad Avvenire. La nostra vita corre veloce e il grande sociologo Zygmunt Bauman ha descritto in maniera perfetta questo tempo. Una società fluida e liquida, dove è difficile instaurare rapporti di qualsiasi tipo e ci sentiamo sempre più soli e “forestieri della vita”. Spesso, il prof. Francesco Pira, sociologo di fama nazionale e internazionale, ha parlato di “comunità guardaroba” dove le persone diventano come gli oggetti: li usiamo e poi li gettiamo per comprarne altri nuovi. Non si moderano i gesti e non si ponderano i comportamenti. Tutto diventa lecito anche quello che può ferire chi ci sta accanto. Non è certamente questa la strada da percorrere. Santa Teresa dovrebbe essere un punto di riferimento per tutti, poiché è stata una donna determinata, coerente, contemplativa e realista. Nel 1500 la Chiesa fece fatica a comprenderla, ma lei è stata in grado di andare oltre ogni barriera con lucidità e intelligenza. Ha dimostrato di saper coniugare l’antico e il moderno portando avanti l’idea che Dio non solo è amico dell’uomo, ma è sempre presente nella sua vita e non lo abbandona mai. Un concetto rivoluzionario per l’epoca che poi è diventato uno dei principi della teologia moderna. In questi anni, abbiamo perso valori fondamentali come il rispetto, la gentilezza, la bontà e soprattutto l’umiltà ed è proprio dall’umiltà che bisognerebbe ripartire. Ricordiamoci che Dio ci invita a non scoraggiarci anche quando tutto sembra perduto o impossibile. Il cammino da intraprendere è quello della preghiera ed avere la certezza che non siamo isole. Io continuerò a pregare, affinché il mondo possa tornare ad amare e a sorridere».