Ho sempre pensato che nei più bei film di Bond una componente essenziale sia quella elegiaca, il tono triste e malinconico, a volte funereo, che evoca la morte, un senso per la dipartita che talvolta si mescola all’ambiguità, e che si trova soprattutto nei film di Terence Young con Sean Connery nel ruolo di 007.
Il senso della morte è essenziale in Thunderball, con la sequenza del funerale e delle false identità, e anche in dalla Russia con amore si respira un senso di tristezza e di mestizia che va ben oltre le atmosfere del noir. Anche negli altri film di Bond spesso affiora il senso della morte, soprattutto in Una cascata di diamanti, che è tutto un film al nero, estremamente cupo.
Altre volte ancora ci sono distacchi, ci sono funerali (vedi Vivi e lascia morire), ci sono cimiteri (Solo per i tuoi occhi), e c’è anche una scena indimenticabile in cui muore Bond, una cosa inaccettabile, inaudita, impossibile. Eppure è così: in Si vive solo due volte Bond viene ucciso a Hong Kong in una notte romantica finita male. La salma del maggiore, vestito in alta uniforme, viene resa al mare, suscitando la commozione dei suoi fedelissimi seguaci, che al cinema tirarono un sospiro di sollievo quando lo videro riemergere, in uno dei classici colpi di scena cui ci hanno abituato i film di Bond.
Ieri, 31 ottobre, invece il colpo di scena non c’è stato. Sean Connery è morto davvero. Una cosa inaccettabile per molti, per tutta una generazione, che è rimasta orfana di un mito. Questa volta il copione è stato scritto dalla storia, che non concede repliche, che non prevede ulteriori colpi di scena. E’ morto Sean Connery e se n’è andato un pezzo di un mondo, di un universo non solo cinematografico, ma di qualcosa di molto più grande.
Sean Connery era Bond. Il primo. Per molti l’originale. Per qualcuno l’unico. L’agente segreto era la sua maschera, un’identità immaginaria che difficilmente si può scindere dal volto dell’attore. Pensi a Bond e ti viene in mente Connery, guardi Connery e ti viene in mente la scena del casinò in Licenza di uccidere, che fa tanto Misteri di Shanghai di von Sternberg. Certo, Connery è tanto altro, è Caccia a ottobre rosso, è Robin e Marian, è Il vento e il leone, è The Rock, Entrapment, è Zardoz, Il nome della rosa, La casa Russia, e chi più ne ha più ne metta. Ma prima di tutto Connery è 007. C’è poco da fare.
A lui era toccato il destino di incarnare un personaggio cosmico-storico della portata dell’agente segreto più famoso del mondo. Per Connery, volente o nolente, Bond era come un fratello, un gemello ingombrante che viveva in un mondo tutto suo, di grande lifestyle, di Dom Perignon, di belle donne, di auto sportive, di orologi costosi, di covi segreti ipertecnologici con contaminazioni classiche. Per il pubblico, attore o personaggio non faceva differenza: a un certo punto parevano intercambiabili, l’icona e l’uomo erano tutt’uno agli occhi dei fan. E forse anche per questo Connery sembrava dovesse essere immortale, come Highlander. E invece ci ha lasciati tutti orfani, soli con i suoi film. Impreparati a una perdita simile. Come dire, Connery non deve morire. Non doveva morire.
Sean Connery tra le altre cose rappresentava il legame con un’epoca lontanissima dalla nostra, era l’ambasciatore di un cinema d’altri tempi, con i suoi valori. Aveva la stessa freschezza di Errol Flynn, di James Stewart o di Douglas Fairbanks: era un grande campione del cinema d’avventura, del cinema che diverte, appassiona e educa ai valori della vita.
Era il volto di James Bond, del primo James Bond, ma era anche l’interprete dei film d’avventura positivi nel senso più ampio del termine, era un riferimento, un signore elegante, affascinante in ogni momento della sua vita, bello da giovane e autorevolmente bello da vecchio, adorato dalle donne e guardato con ammirazione dagli uomini, un mito vivente cui guardare.
Un esempio. In altre sedi si possono passare in rassegna le filmografie, studiare il suo apporto ai generi, scandagliare i personaggi cui ha dato vita, continuare ad appassionarsi al suo modo di essere e di recitare. Qui diciamo solo che con la dipartita di Sean Connery si è creato un vuoto, una voragine, davanti a cui tutta una generazione rimane silenziosa e attonita, consapevole di aver perso un grande attore, ma anche un parente immaginario e di essere molto più sola da ieri, da quando Bond non è più tra noi.