“Senza vedere la Sicilia non si può capire l’Italia. La Sicilia è la chiave di tutto” così lo scrittore e poeta, Johann Wolfgang von Goethe, definì la Sicilia. Nella sua opera “Viaggio in Italia” ha descritto il resoconto di un Grand Tour che l’autore compì in Italia e la sua visita in Sicilia lo colpì profondamente. Interessato ai monumenti antichi, e con forte spirito classicista, rimase estasiato dal Tempio di Segesta e dalla Valle dei Templi di Agrigento.
In questi giorni, è arrivata una notizia che ci rende orgogliosi: Agrigento è stata proclamata Capitale della Cultura 2025, dopo Pesaro.
La proclamazione per il 2025 è stata fatta a Roma dal ministro Gennaro Sangiuliano davanti alle rappresentanze degli altri luoghi candidati per il riconoscimento.
Agrigento la città di Luigi Pirandello, la provincia dove sono nati Leonardo Sciascia e Andrea Camilleri ed è anche la provincia a cui appartiene Lampedusa. Una terra che ha dato i natali a personalità importanti e possiede quaranta siti archeologici.
In molti ritengono sia stata una scelta politica e tante sono state le previsioni. Pochi giorni prima della scelta, il sottosegretario alla cultura, l’On. Vittorio Sgarbi, ha rilasciato alcune dichiarazioni che hanno generato un vespaio di polemiche. “Spero che non vinca per la ventesima volta una città di centrosinistra: perciò mi auguro che arrivi prima una di centrodestra”. Intervistato dal Fatto Quotidiano, il sottosegretario ha ribadito quanto dichiarato, sostenendo che avrebbe vinto l’Umbria e quindi Orvieto. Il critico d’arte ha sottolineato che esiste una logica di “spoil system” e dopo molte vittorie andate a città di centrosinistra doveva toccare ad una città di centrodestra.
Non sono mancate le polemiche nemmeno in Sicilia tra i favorevoli e i contrari, perché a volte noi siciliani tendiamo farci del male da soli. Non abbiamo consapevolezza di quello che ci è stato donato: bellezze, sapori e colori indescrivibili.
Quanto passo davanti ai Templi e osservo il loro fascino, nonostante sia una città che frequento da tantissimi anni e in cui ha tante relazioni, rimango ancora stupito e sorpreso.
Oggi, abbiamo la conferma che lasceremo un patrimonio immenso alle generazioni future. Agrigento e tutta la provincia possiedono grandi potenzialità che devono crescere ancora e produrre nuovi risultati.
È importante una buona comunicazione territoriale e per una comunicazione efficace e seria la prima fase è quella dell’ascolto e della comprensione. Agrigento ha risorse incredibili archeologiche, architettoniche, paesaggistiche. Ha una storia e una geografia che tutti ci invidiano.
Ogni angolo nasconde un tesoro che può essere comunicato e ad emergere sono le tradizioni e l’identità. Un’identità che forse ancora noi agrigentini non abbiamo scoperto fino in fondo.
Nella società globalizzata la nuova sfida è rappresentata dalla voglia di rimettere al centro dei processi comunicativi una nuova visione dell’individuo e del territorio.
È necessario che prevalga il principio della responsabilità dell’individuo nei confronti della comunità cui appartiene e il principio della solidarietà nei confronti degli altri che deve prevalere sull’interesse privato.
Costruire un’immagine positiva del territorio attraverso la messa in rilievo delle specifiche dotazioni naturali, archeologiche, culturali, artistiche, turistiche, economiche e culturali è diventato sempre di più asset strategico della comunicazione e la globalizzazione ha accentuato questa evoluzione.
La prova da superare è quella di ripensare le città della provincia, gli spazi pubblici, di non consumare più territorio, di valorizzare il bello e soprattutto progettare con lo sguardo aperto sul mondo e con il cuore al Mediterraneo.
Roland Barthes, saggista, critico letterario, linguista e semiologo francese, ha scritto che: “Innumerevoli sono i racconti del mondo. Sotto forme quasi infinite il racconto è presente in tutti i tempi, in tutti i luoghi, in tutte le società: il racconto comincia con la storia stessa dell’umanità; non esiste, non è mai esistito in alcun luogo un popolo senza racconti”.
Abbracciando il pensiero di Barthes sono convinto che tutti i soggetti coinvolti, che desiderano puntare alla crescita di Agrigento, devono costruire uno spirito del luogo e avere a cuore il suo splendore. Nell’era delle piattaforme, la conoscenza, l’ emozione, il comportamento e l’azione, le tre dimensioni della comunicazione territoriale si adattano in modo perfetto all’universo Social che può essere sfruttato per promuovere città e paesi della provincia.
Una scelta politica o tecnica non risolve i problemi strutturali della città e della provincia. Aver inserito Lampedusa nel dossier non fermerà gli sbarchi dei migranti o aver permesso ai Templi di avere, ancora una volta, una visibilità mondiale non li farà diventare più belli o più brutti.
Adesso, bisogna impegnarsi e la parola d’ordine è rinunciare a quello che io chiamo il balletto degli ismi : egoismi, opportunismi, qualunquismi. Amo molto Miguel de Cervantes, e la descrizione nei suoi libri, di Don Chisciotte che combatteva contro i mulini a vento ed io mi sono sempre sentito un po’ Don Chisciotte nel parlare della forza di Agrigento. L’ho fatto in un’intervista al quotidiano La Sicilia e l’ho fatto durante un convegno dell’ANDE, presieduto da Carola Depaoli, dove ho spiegato come Agrigento poteva riuscire a vincere questa sfida.
Non ci resta che dimostrare che Agrigento merita di essere la Capitale della Cultura e noi dobbiamo essere in grado di amarla come merita. Cosi riprendendo la definizione di Goethe è vero che la Sicilia è la chiave di tutto, cioè luogo di incanto, fascino e armonia ma allo stesso tempo presenta le sue contraddizioni con cui è necessario confrontarsi per avere una visione completa dell’Italia. Allora, rivendichiamo l’identità di una città straordinaria e con gioia diciamo: “forza Agrigento Capitale della Cultura 2025”.