Maria Antonietta Schiavina presenta a Campiglia Marittima il suo Alberto racconta Sordi (Mondadori, euro 19 – pag.200), in una serata fresca e piovigginosa che comunque consente lo svolgersi della manifestazione. Una chiacchierata piacevole davanti a un folto pubblico, partecipe e interessato, per sentire dalla viva voce di una confidente speciale del grande comico tutta una serie di notizie e curiosità non facilmente reperibili. La serata scorre via leggera, tra la narrazione ironica della perpetua di Don Abbondio (la domestica che si occupa di casa Sordi) e il potere matriarcale passato alle sorelle, fino all’idiosincrasia per il matrimonio nonostante l’amore per le donne. Schiavina sfata una teoria minoritaria sull’omosessualità di Sordi, che ha vissuto amori intensi, ma sul più bello non ha mai deciso di legarsi a nessuna donna per la vita. Non sarei mai stato fedele, confessa nelle pagine del libro, che la giornalista del Tirreno fa rivivere con passione. Alberto racconta Sordi è una sorta di autobiografia per temi, narrata a un’amica, scelta dall’autore perché ritenuta sincera e affidabile, semplice e diretta, una storia di vita composta in un anno e mezzo di frequentazioni, ogni mercoledì, come se fosse un rito.
Il ricordo che Schiavina conserva di Sordi è quello di una persona buona, dotata di grande umanità, pur con tutti i suoi difetti – che andavano dal maschilismo a un pizzico di razzismo – perché ha sempre cercato di aiutare le persone in difficoltà. Basti citare Laura Antonelli, che nel periodo della sua disgrazia era stata dimenticata da tutti, ma non da Sordi, che avrebbe voluto darle una mano economica e morale. Fu l’attrice a rifiutare. Schiavina non si occupa di pettegolezzi. Quando in TV la invitano a parlare di eredità contesa e di altre problematiche poco chiare si astiene da giudizi, scrive e racconta solo quello che l’attore avrebbe voluto che si sapesse.
Sordi era dei gemelli, doppio in tutto, la sua casa sembrava un monastero, una sorta di museo, dove viveva in solitudine, ma non per questo era un uomo cupo e triste, anzi lo ricordo allegro e felice, uno che stava bene con se stesso, dice la giornalista. Le parole scorrono come un fiume in piena, poco a poco si compone il ritratto di un uomo che ha saputo raccontare l’Italia e i suoi difetti, che ha impersonato l’italiano medio grazie a personaggi unici, che ha raccontato la donna dal punto di vista maschile, vista come padrona di casa, che comanda con decisione e ha sempre l’ultima parola. La mamma era la sola donna idealizzata, quasi come fosse una santa, la sola intoccabile, da venerare, mentre le altre – belle e persino stimate – erano quasi sempre perfide e cattive. La famiglia di origine è stato l’unico grande amore di Sordi, anche se ha vissuto una passione segreta per Silvana Mangano, ma con le donne che lavoravano con lui era un punto d’onore mantenere le distanze, al massimo poteva essere amico (come con Monica Vitti), mai amante.
Schiavina racconta un gustoso aneddoto, la storia di un quasi matrimonio: “Una volta venne in Italia una bella austriaca di nome Uta, per conoscere madre e sorelle, poi arrivarono i familiari per completare la conoscenza, ma Alberto si fece tormentare dai dubbi per un’intera notte e decise – dopo aver illuso la bella pretendente – che non ne avrebbe fatto di niente”. Io mi sposo e alla fine trovo una donna che mi comanda. No davvero, pensava Sordi. In realtà erano già tre donne a comandarlo, ma forse a lui stava bene così. L’attore si definiva femminista nel senso che amava le donne, che non poteva sceglierne una, a lui piacevano tutte, usando la parola femminismo fuori dal suo vero senso logico.
L’attenzione al cinema di Sordi non può mancare in una simile serata, vengono fuori i piccoli capolavori basati su personaggi che raccontano o anticipano la realtà, film come Il medico della mutua, che nessuno voleva produrre, ma anche Il moralista, Il boom (la vendita degli organi), Il vedovo (storia di un uomo convinto di aver ammazzato la moglie), il racconto di un immigrato che cerca una donna illibata e si ritrova una prostituta.
Sordi e il cibo è un altro tema interessante. Viene fuori che mangiava sempre le solite cose, amava i cibi semplici, ricercava i gusti della sua infanzia, cose come i fagioli conditi con olio e aceto (bestemmia gastronomica!), la fetta di pane con l’olio, il caffè e la Nutella. Non ostentava, né comprando cibi costosi che non apprezzava, né auto di marca, anche se una volta a Londra andò vicino ad acquistare una Rolls, ma decise di non farne di niente perché non era cosa per lui. Soltanto nei mobili e nei quadri spendeva molto, perché erano oggetti che amava, se avesse avuto una seconda possibilità – e non fosse andata bene con il cinema – avrebbe fatto l’antiquario. Sordi e la politica, altro tema. L’attore non era interessato alla politica, così come non era un uomo di destra, ma un cattolico schierato contro il fascismo, che aveva conosciuto, ma non aveva un’idea da difendere.
Il film interpretato da Sordi che Maria Antonietta Schiavina preferisce è Un borghese piccolo piccolo di Monicelli, tratto dal libro di Vincenzo Cerami, dove viene fuori un personaggio straordinario, un padre innamorato di un figlio che viene ucciso il giorno del diploma, un padre vendicativo e spietato che si fa giustizia da solo. Per Sordi, invece, il film più caro è Nestore l’ultima corsa, prodotto da Berlusconi, poco considerato dalla critica. Sordi ha sempre amato parlare con i vecchi, come lezione di vita, non sopporta che anziani e animali, quando non servono più, vengano messi da parte. Il film racconta la storia di un vetturino che deve portare il suo animale al mattatoio perché venga soppresso, accanto c’è il rapporto tra l’uomo anziano e il nipote, con un tono di fondo soffuso di rimpianto e di nostalgia, in fondo con l’immedesimazione totale nel suo personaggio. Un film che Sordi portava nelle scuole per far capire ai ragazzi l’importanza degli anziani, dell’esperienza di vita vissuta. E i ragazzi lo ascoltavano.
Schiavina fa capire al pubblico che Sordi è stato un esempio di costanza, perché è andato avanti nonostante tutto, contro chi lo bocciava e lo riteneva indegno di fare l’attore, creando un personaggio osservando la gente. Molti aneddoti: la professoressa Marini che non voleva sentirlo parlare romanesco, il regista Bonnard che non riusciva a sopportare la sua pronuncia della parola piselli. Sordi ha insistito, ha inventato il romano moderno, ha permesso a molti attori di recitare in dialetto. Sordi non capiva perché un romano doveva cambiare il suo modo di parlare, lui voleva recitare le persone come le vedeva, aggiunge la giornalista. Un sogno rimasto nel cassetto è stato quello di interpretare Mussolini al cinema, ma non il duce del fascismo, l’uomo nella sua dimensione privata, quello che se la doveva vedere tra le quattro mura con Donna Rachele. Non lo fece mai perché dopo averlo detto in un’intervista uscita sul Corriere della Sera ricevette una serie di minacce.
Si conclude una bella serata nel borgo di Campiglia con il ricordo di un film andato male come Incontri proibiti e di un’attrice imposta che Sordi non avrebbe voluto: Valeria Marini, accettata solo perché De Laurentiis promise andare avanti con il progetto Storia di un italiano. Maria Antonietta Schiavina ha realizzato moltissime interviste nel corso della sua carriera, ma il rapporto con Alberto Sordi ha prodotto un libro fondamentale che andrebbe letto e studiato per conoscere molte cose inedite sulla vita di un uomo importante per la cultura popolare contemporanea. Tanta acqua è passata dalla prima intervista con Giancarlo Giannini e dalla seconda con Charles Aznavour, ricostruita a memoria, perché – data l’emozione di incontrare un idolo – la giovane giornalista si era dimenticata il microfono spento. Sono gli aneddoti divertenti e gli incidenti del passato che costruiscono la vita, in fondo.