In Italia, nel periodo invernale quando le pertubazioni e le piogge si fanno frequenti, non passa giorno, nel quale non si parli di allagamenti, frane e dissesti idrogeologici, con conseguenze gravi sulle vite umane e sui beni materiali.
È una situazione che si ripete da qualche anno a questa parte ed in questo primo scorcio d’autunno 2022, sono state numerose le emergenze documentate dai mass media. A macchia di leopardo sono state colpite numerose zone della penisola. Si parla di nubifragi e più recentemente di bombe d’acqua per descrivere fenomeni ancora più dirompenti e catastrofici. Tecnicamente una bomba d’acqua è una precipitazione improvvisa ed intensa, che avviene in un breve lasso di tempo ed è concentrata in un’area limitata a un paio di chilometri.
Piogge, acquazzoni, nubifragi, bombe d’acqua, in un crescendo di pericolosità e paura. Ma è davvero un problema tutto da addebitare alla natura? Ai cambiamenti climatici? Oppure si tende a sottovalutare le responsabilità dell’uomo, delle politiche di gestione del territorio, dei cosiddetti piani regolatori molte volte mal concepiti e spesso mai applicati?
È vero che abbiamo assistito ad eventi talvolta eccezionali, ma è altrettanto vero che gli effetti nefasti sono amplificati dalla errata gestione del territorio che necessita sì di essere antropoformizzato e plasmato per dare spazio alle esigenze dell’uomo, ma non deve essere violentato e degradato ad un puro contenitore di case, strade, fabbriche, discariche e tutto ciò che comporta una colata di cemento. Senza un minimo di logica e di rispetto per l’ambiente e per la natura.
L’acqua è un fluido incomprimibile, senza forma, quando cade da qualche parte deve dirigersi e per la legge di gravità tende ad andare verso il basso. Una considerazione semplice, banale e conosciuta da tutti, ma che è alla base dei disastri dovuti a grossi accumuli d’acqua che assumono le caratteristiche di tumultuosi fiumi in piena. Se osservate un temporale in una zona dove insistono alberi, terreni, piante, anche se scoscesa, vedrete l’acqua defluire in maniera copiosa solo dopo che tutto il terreno l’avrà assorbita. Quindi difficilmente potrà causare danni, perché dovrebbe diluviare per molti giorni di seguito.
Lo stesso quantitativo di acqua che cade in una città o in un paese invece causa danni ingenti, in quanto i vari piani edilizi, salvo rari casi, non hanno previsto questa banale necessità dell’acqua di essere assorbita dal terreno e di defluire pacatamente verso valle. Per non parlare poi dell’abusivismo edilizio e delle deforestazioni causa queste ultime anche di smottamenti e frane..
Quindi cominciamo a responsabilizzare le figure professionali, istituzioni e politici compresi, che hanno il compito di dare un senso al nostro territorio ed alle nostre città. Un esempio eclatante è Genova che sorge ai piedi di una catena montuosa che nei decenni passati riusciva ad assorbire e ad inglobare la massa d’acqua che cadeva dal cielo e adesso spesso non più: troppe strade, troppe case, troppe costruzioni in genere anche a monte. A valle poi nemmeno a parlarne. I torrenti ed i fiumi, come il Bisagno, sono stati ristretti per far posto alle necessità della città e quindi quando si ingrossano fanno danni. Ma questo è soltanto un esempio. Ne volete altri? Il recente nubifragio nelle Marche, quello che ha semidistrutto le strade e le abitazioni dell’isola di Stromboli e poi Catania, Palermo, Trapani e tornando indietro nel tempo Polesine, Firenze, Sarno in questi ultimi eventi con numerose vittime.
Parliamo dei sottopassi che sono diventati un caso nazionale. Costruiti per migliorare la viabilità sono diventati oggi un problema tutte le volte che piove un poco più forte e a lungo. Spesso chi li ha progettati non ha pensato di creare un efficace sistema di smaltimento delle acque, per esempio utilizzando delle idrovore o attivando delle pompe negli scoli dell’acqua per farla risalire verso l’alto! Troppo difficile da realizzare?
Troppe persone sono decedute e altre hanno rischiato di morire a causa di improvvisi allagamenti dei sottopassi. Gli stessi che, quando vengono diramate le allerte meteo, vengono presidiati dalle forze dell’ordine per avvertire gli automobilisti del pericolo e successivamente per chiuderli quando vengono invasi dall’acqua. Almeno si tenta di prevenire e questo va bene.
Altra soluzione di chiaro stampo italico è rappresentato dall’installazione di semafori che bloccano gli automobilisti in caso di pericolosi allagamenti, avvisati anche del potenziale pericolo da grandi cartelli. Un evidente tentativo di eludere eventuali esose richieste di risarcimento economico come già successo nel passato.
I tombini sono stati messi lì nel titolo così quasi per gioco. Immaginando di vederli volare, leggeri ed inutili ogni volta che la pressione delle acque va fuori controllo. Quanti morti e quanti danni dovremo ancora contare prima che si intervenga in maniera strutturale? Oppure come sempre dobbiamo affidarci allo “stellone italico” per superare questa ennesima crisi?
FOTO: oggiscienza.it