Siamo entrati nell’era del Metaverso e dell’intelligenza artificiale che ha annullato le definizioni che valevano fino a poco tempo fa, la separazione tra reale e virtuale, categorie che non esistono più con la sempre più massiccia digitalizzazione dei processi.
Sono stato relatore lo scorso 13 luglio di un convegno organizzato dalla Fidapa BPW Merì-Valle del Mela, sezione presieduta dalla prof.ssa KatiaTrifirò. L’evento ha avuto luogo presso l’Aula Consiliare del Palazzo municipale di San Filippo del Mela ed è stato realizzato in collaborazione con l’Amministrazione comunale, guidata dal sindaco Giovanni Pino. Insieme alla Dott.ssa Daniela Altuni, psicologa, psicoterapeuta, esperta in sessuologia e consulente di psicologia giuridica, abbiamo relazionato sul tema: “Amicizia e Amore nell’era del Metaverso”. Mi piacere ripercorrere qui in questa riflessione alcuni punti della mia relazione.
In questi ultimi due anni ho analizzato, dal punto di vista sociologico, come si sono evoluti i rapporti durante la pandemia e soprattutto nell’era delle “relazioni liquide”, così come le definisce il sociologo Zygmunt Bauman.
La pandemia ci ha impedito di avere contatti sociali ed è venuta meno la possibilità di baciarci e abbracciarci. Le conseguenze dell’isolamento sociale sono state valutate anche da tanti studi che hanno dimostrato come il distanziamento abbia provocato sofferenza e dolore a tantissime persone.
In quei mesi difficilissimi l’Olanda ha pensato agli “amici di letto”, cercando di venire incontro alle necessità dei single. “Un amico di letto” poteva essere considerato un congiunto a patto che fosse sempre lo stesso. Il Regno Unito ha introdotto la figura del “support bubble”, la bolla di sostegno, e permetteva a una persona che viveva da sola di incontrarne un’altra non convivente. In Italia abbiamo parlato tanto dei “congiunti” per indicare quei famigliari che non vivevano sotto il nostro stesso tetto. In Belgio il “knuffelcontact” ossia “compagno di coccole”. Tutte soluzioni che avrebbero dovuto dare un po’ di sollievo alla solitudine e alla tristezza, dovute al lockdown forzato.
Le coccole, i baci, le carezze e gli abbracci sono una vera e propria panacea per il nostro stato d’animo e la nostra emotività. Ogni relazione ha sofferto per l’assenza di contatto, perché siamo abituati ad abbracciare anche gli amici e baciarli.
La pandemia, inutile negarlo, ci ha colti di sorpresa e ha contribuito ad aumentare nei nostri giovani lo stress e lo stress facilita la comparsa di una serie di disturbi, principalmente disturbi d’ansia, disturbi del sonno e depressione. Inoltre, sono aumentati i casi di autolesionismo e di suicidio con un dato che si attesta al 30 per cento.
Gli adolescenti hanno iniziato a vivere le loro vite rinchiusi nelle loro camerette e la mia ultima ricerca dimostra come abbiano trascorso 5/6 ore online. Questo cambiamento di stile di vita ha acuito dinamiche che hanno reso evidenti disagi già latenti nei nostri giovani. I rapporti d’amicizia sono cambiati ed è venuta meno l’interazione in presenza con gli amici e con i compagni di banco. Niente abbracci e niente baci, nessuna condivisione tra pari. Purtroppo, quando i genitori non riescono a fermare con i dovuti modi i figli, da un uso forsennato delle tecnologie, tutto degenera e finisce nel peggiore dei modi.
In questi ultimi giorni abbiamo letto una storia che deve farci riflettere tantissimo. Si tratta della storia di una mamma che ha vissuto e sta vivendo momenti difficili. L’episodio risale a qualche tempo fa e solo da qualche giorno è diventato un vero e proprio caso. A quanto pare la donna stanca di vedere la figlia perennemente attaccata al tablet e allo smartphone decide di toglierglieli.
Subito dopo è avvenuta una colluttazione e la figlia finisce al pronto soccorso. Non perde tempo e denuncia la madre. Il padre viene a conoscenza dell’episodio e fa un’altra denuncia per “abuso di metodi correttivi e lesioni”. La donna finisce viene processata e risarcisce la figlia del danno su consiglio dei suoi avvocati. Nonostante questo viene condannata a svolgere 180 ore di lavori socialmente utili in un Comune della Brianza lecchese. Una madre, quindi, ha perso il suo rapporto con la figlia a causa delle nuove tecnologie.
Una delle caratteristiche principali che emergono dalla mia ultima ricerca, relativa alle dinamiche comunicative social, è l’individualismo, la concentrazione su di sé. Il voler offrire una certa immagine di sé agli altri attraverso i social network, giungendo a limiti estremi. Sempre connessi col mondo, ma sempre più isolati e chiusi in noi stessi. Un processo che spinge a riflettere ancora una volta sui rischi della “vetrinizzazione”, dove gli individui si espongono pur di ottenere qualche “like” su Facebook o qualche “cuoricino” su Instagram. Inoltre, non può essere sottovalutato il nostro continuo desiderio di postare le nostre foto. Ricordiamoci che le nostre immagini diventano accessibili a tutti e che possono essere
Ormai, sui social tendiamo ad assumere modelli di identità predeterminati pur ritenendo di esprimere la nostra individualità, attuando una sorta di mimetizzazione, con la quale cerchiamo di assomigliare a questi ambienti online e, così facendo, rinunciamo a noi stessi. Ecco che diamo vita ad un io performativo con il preciso scopo di ottenere il gradimento del proprio pubblico. L’utilizzo dei diversi social media avviene in funzione degli obiettivi di comunicazione e del pubblico a cui si rivolgono. Più profili. Più pubblici.
La pandemia ha messo in evidenza problematiche già presenti e la convivenza forzata non ha aiutato alcune coppie che già avevano dei problemi. Molti i divorzi e i fidanzamenti in crisi.
Storie difficili e travagliate, specchio di una società che sta diventando sempre meno preparata incapace di gestire la conoscenza di base, facilmente manipolabile dall’industria della disinformazione. Quindi, con strumenti culturali e valoriali minimi, o inesistenti, ma sicuramente insufficienti per affrontare con senso di responsabilità le relazioni affettive.
In tutto questo gioca un ruolo importante anche la Tv generalista che spostandosi sul digitale e sul web, con canali a pagamento generalisti, ha fatto del trash un mega format. Il gossip e l’estremo sono elementi fondamentali per alimentare un grande business. I Vip sono addirittura superati da questi nuovi “influencer” che alimentano i flussi di condivisione e connessione sui social.
Come ha sostenuto il grande sociologo Zygmunt Bauman si vive in comunità guardaroba dove le persone diventano come gli oggetti: li usiamo e poi li gettiamo per comprarne uno nuovo.
Questo “soggettivismo” rende tutto liquido e privo di freni inibitori. Difatti, se non ritroviamo e ricostruiamo regole vere e condivise, per una civile convivenza che metta al centro il rispetto dell’altro, l’iper-individualismo e l’esercizio arbitrario di libertà, secondo cui posso dire a fare tutto ciò che voglio, continueranno a degenerare in forme di violenza che non sono solo verbali, ma sono espressione di un modo di essere e di muoversi nella comunità, che fa della prevaricazione e del non rispetto dell’altro la cifra fondamentale.
Come se non bastasse è arrivata anche l’era del Metaverso. Non si parla d’altro da quando Mark Zuckeberg ha deciso di dare una nuova veste alla holding che controlla le piattaforme più famose e utilizzate al mondo Facebook, Messenger, Instagram e Whatsapp.
Un mondo virtuale in cui diventa sempre più difficile distinguere la realtà dall’irrealtà. Sempre più spesso le aziende investono in Nft, isole virtuali o quadrati digitali. Non si tratta solo di un nuovo modo di comunicare, ma quello che si sta sviluppando è soprattutto un nuovo modo di fare marketing. Bisogna investire in tutto quello che può far aumentare i guadagni economici.
Una prospettiva del tutto nuova che ci permetterà di salutare gli avatar dei nostri colleghi muovendo il nostro alter ego digitale in un ufficio virtuale usando un joypad, mentre nella realtà siamo sul divano di casa nostra.
Grazie al Metaverso riusciamo ad andare in bicicletta, pensando di trovarci tra le montagne dell’Oregon e invece siamo nella nostra stanza da letto. Tutte le società informatiche si stanno muovendo per creare degli spazi virtuali che ci facciano sentire a nostro agio più di quelli reali.
In queste ultime ore l’ANSA ha diffuso la notizia della prima laurea nel Metaverso. Edoardo Di Pietro, di Colle Val d’Elsa (Siena), è il primo laureato in Italia del Metaverso. Proprio sulla piattaforma Spatial.io, che ha creato a forma di arena, ha discusso la sua tesi “Tra presente e futuro: l’impatto del Metaverso sulla società. Analisi e applicazioni del caso studio Tembo su Minecraft”. La giovane fidanzata di Edoardo, Caterina ha assistito alla discussione attraverso la stanza virtuale, poiché vive in Giappone per studiare.
Attualmente, sta prendendo vita il Consorzio del Metaverso. È nato infatti il Metaverse Standard Forum, un’organizzazione volta a definire protocolli comuni di sviluppo e comunicazione per collegare i vari mondi virtuali.
Noi dobbiamo fare tutto quello che serve per vendere e far aumentare il bottino di queste società informatiche. Queste piattaforme cattureranno sempre di più le nostre emozioni e sempre di più i nostri dati e noi ci sentiremo gratificati e a quel punto avremo la possibilità di sentirci vivi all’interno delle nostre stanze.
Tantissime persone vivono realtà parallele e virtuali, sfruttando anche profili falsi sui social, e dipendono quotidianamente dagli strumenti tecnologici.
Con gli stessi profili falsi seguiamo anche quegli amici con i quali non abbiamo più un rapporto per curiosare nelle loro esistenze.
La vita reale è ben altra cosa ed è questo il messaggio che deve essere trasmesso ai nostri giovani che vanno guidati alla scoperta dei nuovi mezzi e strumenti di cui dispongono. Inoltre, la domanda che dovremmo porci è questa: “come faremo a scambiarci quei baci e quegli abbracci che tanto abbiamo desiderato durante la pandemia e durante l’isolamento forzato?”…
Ma non è tutto. A completare la società “tecno liquida”, come l’ha definita il sociologo Bauman, ci pensa l’intelligenza artificiale.
Basti pensare che la Cina sostiene di aver messo a punto un sistema di intelligenza artificiale in grado di valutare la lealtà degli iscritti al Partito Comunista cinese (Pcc).
Il sistema è stato sviluppato da ricercatori in un centro di ricerca nell’Hefei e utilizza l’intelligenza artificiale per leggere le espressioni facciali e le onde cerebrali in modo da stabilire quanto siano recettivi “all’educazione ideologica e politica”.
Siamo entrati nell’era del Metaverso e dell’intelligenza artificiale che ha annullato le definizioni che valevano fino a poco tempo fa, la separazione tra reale e virtuale, categorie che non esistono più con la sempre più massiccia digitalizzazione dei processi. Non si tratta più solo di una fusione tra parola, testo e immagine. Siamo andati oltre: dalla spontaneità e immediatezza della comunicazione vis-à-vis, che metteva in gioco l’intero individuo con il suo corredo di elementi di comunicazione non verbale e linguaggio del corpo, siamo passati al corpo che diventa oggetto e strumento per la rappresentazione di un discorso che, nell’intento di chi lo produce, vuole essere un messaggio di cui si ha un controllo totale.
Dobbiamo riflettere molto su tutto quello che sta accadendo e, bisognerebbe ragionare sul nostro comportamento e solidificare la nostra identità. Si tratta entrare in contatto con il nostro “io” più profondo per capire davvero ciò che vogliamo e quali sono le nostre necessità. Solo quando ci conosciamo possiamo diventare autentici e connetterci con gli altri a partire dalla nostra essenza. Questo ci aiuterà a costruire delle relazioni più solide. Non dobbiamo preoccuparci di quello che riceveremo, ma di quello che diamo e che siamo in grado di offrire al nostro partner.
Noi adulti dobbiamo essere una guida per i nostri figli e non dobbiamo lasciarli soli. Hanno bisogno di essere incoraggiati e devono capire quanto sia importante il rispetto per se stessi, per gli altri e per la dignità umana. Coltivare l’intelletto e metterci all’ascolto del prossimo e offrire ai giovani la possibilità di vivere in un mondo migliore.